Claretta, unita a Benito fino alla morte

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    Clara Petacci (Roma 28 febbraio 1912 – Giulino di Mezzegra, Como, 28 aprile 1945) –

    “Cara, comincio col dirti: per la giovinezza che m’hai dato, per la fedeltà che mi hai portato, per le torture che hai coraggiosamente sopportato, durante il periodo più nero della storia italiana, io ti amo, come nel 1936-39, come nel 1940, come sempre. Benito Mussolini”. Con questa dichiarazione d’amore, del 10 ottobre 1943, inizia la prima delle 318 lettere che Benito Mussolini invierà quasi ogni giorno a Clara Petacci fino al 18 aprile 1945, data dell’ultima missiva. A settant’anni dalla fine della guerra, va ricordato anche l’anniversario della fine di una donna innamorata, forse troppo, del duce.

    Clara Petacci, meglio nota come Claretta, fu l’amante del duce dal 1932 al 1945, anno della loro fucilazione. Figlia di Giuseppina Persichetti e del medico Francesco Saverio Petacci, s’innamorò di Benito Mussolini da giovanissima. Il loro primo incontro risale all’aprile del 1932 ad Ostia, quando la giovanissima Clara riconosce Mussolini alla guida della sua Alfa e fa di tutto per attirare la sua attenzione.

    Il duce, già sposato con Rachele Guidi (Donna Rachele) dal 1925, era noto per essere un profondo estimatore della bellezza femminile, ed aveva all’attivo già numerose amanti e diversi figli illegittimi. Colpito dall’avvenenza della sua ammiratrice, scambiò con piacere qualche parola con lei e, di lì a poco , prese a frequentarla regolarmente nel suo studio di capo del governo a Palazzo Venezia.

    Anche Clara era sposata, col sottotenente dell’Aeronautica Militare Riccardo Federici, dal quale si separò solo nel 1936.

    Nessuno vide bene dall’inizio la relazione tra i due, non solo per la differenza di età (Clara aveva trent’anni meno del duce), ma anche a causa degli eccessivi pettegolezzi che questa avrebbe suscitato. Sebbene Donna Rachele fosse, infatti, a conoscenza della relazione e l’avesse, tacitamente, accettata, gli stessi gerarchi del fascismo la consideravano un unione inappropriata e molto pericolosa.

    Amante gelosa e devota, Claretta era al contempo donna molto risoluta che, attraverso la fitta corrispondenza epistolare, non esitava a pungolare il suo amato “Ben”, ad incoraggiarlo ed addirittura a dargli dei consigli su cosa dire quando si troverà di fronte il gerarca nazista: «Tu devi sostenere il tuo diritto assoluto di decidere senza sindacare delle questioni interne italiane, nonché degli uomini che tu ritieni più adatti alla tua grandiosa e faticosa opera di ricostruzione». Tentativo, purtroppo, del tutto inutile.

    All’epoca, però, furono molti i sospetti che l’allontanavano dall’iconografia dominante che la vedeva ciecamente innamorata e succube del suo amato. Gli stessi fascisti videro in lei una donna interessata agli affari di Stato e pedina, più o meno consapevole di alcuni gerarchi e dei tedeschi ma anche del fratello Marcello e, negli ultimi tempi, dei servizi segreti alleati. Sembra, infatti, che lo stesso Mussolini ordinò la perquisizione della sua casa sul Lago di Garda, l’8 ottobre 1944, alla ricerca di copie di sue lettere che la donna passava regolarmente ai tedeschi.

    Tra mille luci e ombre, Claretta rimase, tuttavia, accanto al Duce fino alla tragica morte. Fu arrestata il 25 luglio 1943, alla caduta del regime, per poi essere liberata l’8 settembre quando venne annunciata la firma dell’armistizio di Cassibile. Tanto fu l’ardore di seguire il suo diletto, che il 27 aprile del 1945, durante l’estremo tentativo di Mussolini di sottrarsi alla cattura, anch’ella fu bloccata a Dongo da una formazione della 51° Brigata partigiana, che intercettò la colonna di automezzi tedeschi con i quali il duce viaggiava. Il giorno dopo, 28 aprile, dopo il trasferimento a Giulino di Mezzegra, sul lago di Como, Mussolini e Claretta furono entrambi fucilati.

    Il giorno successivo, il 29 aprile, a piazzale Loreto (Milano), i corpi di Benito Mussolini e Claretta Petacci furono esposti (assieme a quelli delle persone fucilate a Dongo il giorno prima), appesi per i piedi alla pensilina di un distributore di carburanti, dopo essere stati oltraggiati dalla folla.  Uniti nella vita così come nella morte.

    Tiziana Gentili

     

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