Palmira, l’Isis distrugge due antichi mausolei

Più informazioni su

    Palmira

    Palmira

    L’Isis ha fatto saltare in aria due antichi mausolei, tra cui quello dello sheikh Mohammad Ben Ali, vicino al sito archeologico romano di Palmira, in Siria, affermando di aver distrutto “un simbolo del politeismo”. Lo si legge sul sito di Newsweek e di altri media che citano l’Osservatorio siriano per i diritti umani.

    L’Isis, attraverso il suo “braccio mediatico” Wilayat Homs, ha pubblicato due foto del mausoleo islamico di Mohammad Ben Ali, discendente del cugino del Profeta Maometto – una costruzione in pietra e fango consumata dall’erosione, in fango sulla cima di una collinetta a circa 4 km dal sito romano – prima e nel momento dell’esplosione, in cui si vedono le pietre proiettate in tutte le direzione e pennacchi di polvere.

    Il servizio è intitolato “L’eliminazione dei simboli politeisti”. Si vedono inoltre foto di militanti che trasportano l’esplosivo al sito storico. L’Ondus, citata dai media, ha confermato l’avvenuta distruzione, e quella di un altro sacrario islamico antico, quello di Abu Behaeddin, una figura storica diPalmira. I jihadisti dell’Isis “considerano questi mausolei islamici contrari alla fede”, cioè una forma di ‘idolatria’, e perciò “hanno proibito qualsiasi visita ad essi”, ha detto, citato da Newsweek, Maamoun Abulkarim, direttore delle antichità del governo siriano. Finora non risultano invece essere state distrutte le rovine romane di Palmira del I e II secoli, sito Patrimonio dell’Umanita’ dell’Unesco, che pure ha fatto sapere alcuni giorni fa di aver “minato”.

    Il sito archeologico di Palmira, l’antica città semita situata nel centro della Siria (240 km a nord-est di Damasco), è sotto attacco dell’Isis, con i jihadisti del sedicente Stato Islamico che hanno fatto saltare in aria due antichi mausolei, tra cui quello dello sheikh Mohammad Ben Ali, vicino al sito archeologico romano, affermando di aver distrutto “un simbolo del politeismo”.

    Appena due giorni fa, in piena avanzata jihadista, era trapelato che l’Isis aveva piazzato mine e ordigni nella città vecchia. Per timore di distruzioni centinaia di statue e reperti del sito siriano erano stati trasferiti in altre località il mese scorso quando i jihadisti erano penetrati nella parte moderna della città. Dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità, la città fiorì nell’antichità come punto di sosta per le carovane di viaggiatori e mercanti che attraversavano il deserto siriano ed ebbe un notevole sviluppo fra il I ed il III secolo d.C. Per questo motivo fu soprannominata la ‘Sposa del deserto’.

    Il nome greco della citta’, ‘Palmyra’, è la traduzione fedele dall’originale aramaico, Tadmor, che significa ‘palma’. La città è citata nella Bibbia e negli annali dei re assiri, ma in particolare la sua storia è legata alla regina Zenobia che si oppose, secondo la tradizione, ai romani e ai persiani. Poi venne incorporata nell’impero romano e Diocleziano, tra il 293 e 303, la fortificò per cercare di difenderla dalle mire dei Sasanidi facendo costruire, entro le mura difensive, ad occidente della città, un grande accampamento con un pretorio ed un santuario per le insegne per la Legio I Illirica.

    A partire dal IV secolo le notizie su Palmira si diradano. Durante la dominazione bizantina furono costruite alcune chiese, anche se la città aveva perso importanza. L’imperatore Giustiniano, nel VI secolo, per l’importanza strategica della zona, fece rinforzare le mura e vi installò una guarnigione. Poi sotto il dominio degli arabi la città andò in rovina. Il sito archeologico comprende la via colonnata, il santuario di Bel, quello di Nabu, le Terme di Diocleziano, il teatro e l’Agora. Vere e proprie perle architettoniche.

    Più informazioni su