Web Marketing Festival, intervista a Pierluigi Vitale

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    Si svolgerà a Rimini, l’8 e 9 luglio al Palacongressi, la 4^ edizione  del Web Marketing Festival. Innovazione e Digitale in primo piano: dopo i 2.600 partecipanti del 2015, coinvolti quest’anno 120 relatori in 22 sale per un evento mai così completo

    Un evento italiano, di portata internazionale, nato per rappresentare il settore del Digital Marketing. Il Web

    Marketing Festival riparte da questa definizione per l’edizione 2016, che anche stavolta, in quello che sarà il suo 4° anno, tornerà a Rimini nella due giorni dell’8-9 luglio.

    Tracciare, ancora una volta, gli scenari presenti e futuri di un intero settore, quello del marketing digitale, in tutte le sue declinazioni e connessioni, è l’ambizioso obiettivo di un appuntamento capace, nel 2015, di gremire con oltre 2.600 partecipanti il Palacongressi di Rimini, anche quest’anno location prestigiosa e di sicuro impatto.

    Il Web Marketing Festival 2016 metterà al centro la formazione legata ai temi del digitale e dell’innovazione – dal Web Design al Social Media Marketing, dal Content Marketing al Marketing Turistico, dalla SEO al Mobile Marketing -, sviluppando e promuovendo momenti di confronto e networking costanti. I 38mila metri quadrati del Palacongressi saranno riempiti da un programma fatto di 22 sale e 120 relatori, per un programma formativo che mette al centro le tematiche principali del digital marketing, con interventi base e avanzati, tenuti dai maggiori esperti italiani e provenienti da fuori confine.

    Abbiamo incontrato Pierluigi Vitale, 28enne social media analyst ed esperto in marketing digitale. Fondatore di Social Listening e parte del team DataMediaHub, ha già alle spalle un’esperienza negli uffici marketing del Corriere del Mezzogiorno, dorso meridionale del Corriere della Sera, oltre che numerosi corsi di formazione in giro per l’italia e attività di ricerca universitaria nei campi del data mining e dell’information design.

    Relatore del Web Marketing Festival, l’8 luglio ci parlerà di Social Listening: quello che gli insights non dicono.

    Ciao Pierluigi, presentaci il tuo intervento.

    Potrebbe sembrare una citazione di Mannoia/Ruggeri, ma nasce in modo del tutto casuale, mi perdonerete.
    In questi anni di grande fermento per le piattaforme social e di grande passione per le analisi dei dati che queste producono, mi sono chiesto spesso se non ci stessimo perdendo qualcosa.
    Ad essere sincero, mi sono riposto che ci stiamo perdendo il meglio.
    Il Social Listening è una tecnica e disciplina che opera in questo contesto. I social, con particolare attenzione a Facebook, hanno zone grigie completamente ignorate dai sistemi di insights dove risiedono a mio avviso le informazioni di carattere strategico più importanti.

    Cosa ci stiamo perdendo?

    Ci stiamo perdendo esattamente la ragione per cui i social esistono. Relazioni e conversazioni.
    Brand, personaggi pubblici e ciascuno di noi mette in campo consapevolmente o inconsapevolmente delle strategie di comunicazione. Le strategie, specie se efficaci, producono delle conversazioni che non stiamo analizzando, se non tirando fuori numeri.
    Sia chiaro, le metriche sono aspetti fondamentali per l’analisi social, ma semplicemente non sono tutto.
    Diamo valore ai contenuti, stimolare il pubblico a conversare ha senso solo se poi sappiamo trarne elementi di senso.
    Nel mio intervento illustrerò una metodologia di analisi qualitativa che consente di far emergere topic e non statistiche.
    Il pubblico è l’unico a possedere le chiavi del nostro successo e sono tutte là, in quello che gli utenti scrivono.
    Ascoltiamoli e lasciamoci suggerire strategie orientate dai contenuti, oltre che dai dati.
    Il grande paradosso che si registra è un approccio all’analisi di carattere One-To-Many in luoghi che sono la quintessenza della comunicazione One-To-One.
    Certo, serve un metodo per andare a fondo a  questa grande mole di testi e relazioni, ed è esattamente ciò che si definisce social listening. Un approccio di analisi qualitativa, capillare, cosciente e non delegata agli algoritmi ma supportata da questi.
    I testi sono pieni di insidie per lasciar fare tutto alle macchine e ai tool.

    Stiamo parlando (anche) di sentiment analysis?

    Assolutamente no. Parlo di topic extraction. Il lavoro di ricerca di questi anni in collaborazione con risorse di  linguistica computazionale dell’Università di Salerno mi ha chiarito molti aspetti tecnici che mi portano verso diverse tipologie di analisi testuali.
    Per dirla in parole povere: preferisco sapere cosa si dice del brand che analizzo, più che come se ne parla. La comunicazione è anche un gioco di domanda e offerta e l’obiettivo è arrivare  ad analizzare ladomanda per offrire sempre il meglio al nostro pubblico.
    Per ottimizzare le strategie occorre sapere cosa dire, molto più di quanto non serva avere un indice di polarità positiva-negativa, sempre che non sia l’oggetto di analisi a richiederlo.
    Ma di questo ne parleremo meglio  al Web Marketing Festival..

    Quali altri interventi ci consiglieresti?

    Vi ringrazio della domanda perché ci sono interventi degni di nota.
    In primis lo speech di Valentina Falcinelli, di cui apprezzo la sensibilità e l’approccio analitico ai testi. Recentemente, con diverse chiavi di lettura, abbiamo analizzato il caso Amadori-Report e credo ne siano venute fuori elementi interessanti.
    L’analisi di Valentina Falcinelli
    L’analisi di Pierluigi Vitale.
    Sicuramente interessanti saranno anche gli interventi di Futura Pagano, in materia di digital strategy, e di Andrea Saletti che parlerà di generazione del desiderio.

    Che dire, ci vediamo a Rimini!

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