L’uomo d’acciaio e la filosofia dietro il mantello rosso

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    supermanIl personaggio di Superman, nato dalla penna di Jerry Siegel e dall’artista Joe Shuster nel lontano 1938, ha vissuto negli ultimi tempi un’antitetica doppia esistenza: acclamato dalla critica nella trasposizione televisiva SmallVille, durata ben dieci stagioni sul piccolo schermo e continuata poi in un inedito fumetto della DC comics, non ha vissuto della stessa luce negli sporadici tentativi cinematografici, che da superman III del 1983 hanno raccolto una mediocre approvazione tra gli appassionati.

    L’uomo d’acciaio è un reboot, un nuovo inizio della serie che però si distacca dalla narrativa classica presentando un personaggio già pienamente consapevole della propria natura. Saranno infatti i continui flashback a presentarci il disagio di un supereroe in erba, alle prese con la voglia di mostrare al mondo i suoi poteri, mitigata da un inevitabile senso di responsabilità.

    C’è da dire che per buona parte del primo tempo il film sembra funzionare egregiamente: la storia di Jor-El, figlio di Kal-el viene presentata al grande pubblico e il suo adattamento all’ambiente terrestre digerito in una manciata di ricordi eterogenei (inspiegabile la necessità di riscrivere la morte del padre in un illogico sacrificio morale). La somiglianza con il Tom Welling della serie Smallville comincia a farsi ingombrante.

    La sceneggiatura, consapevolmente avara nel descriverci la crescita del super-uomo e le difficoltà connesse all’uso dei superpoteri, subisce una repentina accelerazione. L’uomo d’acciaio diventa un bignami della storia di Clark Kent: alieno mandato sul pianeta terra come ultimo sopravvissuto del pianeta Krypton, giornalista nel tempo libero e messianico difensore del genere umano di notte. L’amore per Lois e una solida famiglia di adozione alle spalle saranno al contempo forza e debolezza nella sua battaglia contro il generale Zod, kryptoniano giunto sulla terra per colonizzare il pianeta a sua immagine e somigliate necessità.

    supermanIl finale è una scazzottata di ampio respiro, in cui gli audaci (obbligatori) effetti speciali non giustificano la scelta del regista Zack Snyder di girare il tutto in 2D e poi convertirlo in post-produzione. Nessun brivido tridimensionale colpirà i vostri occhialetti, mentre il mondo viene raso al suolo e ricostruito sotto nuova dominazione aliena. Così come nessuna particolare emozione attraverserà il vostro incoscio di bambini sognanti con un mantello rosso sulle spalle e un desiderio di speranza tatuato sulla maglietta.

    L’uomo d’acciaio, in uscita il 20 giugno, è un bel film di fantascienza colorato di filosofia morale, forse incapace di sorprendere i più assidui seguaci di Clark Kent e bissare il grande successo di Superman II (1980) ma sicuramente abile nel raccontare l’uomo che si nasconde dietro il super-uomo. (Gianluigi Cacciotti)

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