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Favola della domenica – La ninfa e il filosofo

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    Ai margini del bosco, in un prato d’erba ingiallito dagli umori dell’autunno, dormiva distesa una splendida ninfa.

    Ella curava le piante e gli arbusti con la sua sola presenza poiché essi, guardando il suo benefico sonno, divenivano più alti e rigogliosi.

    La ninfa aveva una passione. Quando si svegliava dai suoi lunghi riposi, si recava in un parco pubblico, situato al centro della vicina cittadina e osservava curiosa alcuni busti di uomini illustri che erano stati posti in fila regolare lungo un viale.

    La ninfa non capiva chi fossero quei personaggi. Conosceva gli uomini, ai quali era invisibile, le piante, i boschi, i laghi, i corsi d’acqua, ma non conosceva esseri di pietra con sembianze umane.

    Chiese informazioni a un amico folletto: “Sai dirmi chi sono quegli uomini di marmo in fila nel parco della città?”

    “Ho sentito dire che sono effigi di persone illustri vissute tanto tempo fa”.

    “Ho capito; è perché non ne svanisca il ricordo”.

    “Proprio così. Gli uomini contemporanei vogliono trarre ancora ispirazione e insegnamento dalla loro sapienza”.

    “Vorrei interrogarli per condividere il loro sapere”.

    Vi erano raffigurati Cicerone, Cesare, Esculapio, Voltaire e tanti altri. Si avviarono lungo il viale e il folletto  descriveva alla fanciulla le varie discipline in cui quei grandi si erano distinti.

    La ninfa però, oltre a quei racconti, era interessata all’espressione del volto che le statue mostravano. Una, in particolare, le piaceva molto; quella di Voltaire, il filosofo.

    Una sera in cui non riusciva a prendere sonno tra l’erba alta del suo prato, si recò al giardino pubblico fiocamente illuminato da qualche lampione.

    Si fermò davanti alla sua statua preferita e cominciò a parlarle: “Essere di pietra, vorrei sapere di te, chi sei e che cosa pensi”.

    Con sua grande meraviglia, la statua sembrò scuotersi dalla sua immobilità e, aperti gli occhi, rispose: “Sono un filosofo. Mi chiamo Voltaire. Tu chi sei, mia flessuosa fanciulla?”

    “Sono la ninfa dei boschi”.

    “Che cosa fai nel bosco?”

    “Dormo, poiché il mio sonno giova alla salute di tutte le piante circostanti”.

    “Interessante spunto per un pensatore come me”.

    “Tu pensi soltanto? Non ti piacerebbe passeggiare un poco con me, nel bosco?”

    “Ma certo! Con molto piacere”.

    Con prontezza, Voltaire si liberò del busto di marmo e uscì da esso con l’intera figura”.

    “Sei un uomo straordinario!”

    “E tu una leggiadra fanciulla. Di che cosa sei fatta?”

    “Della natura di cui sono fatti i sogni”.

    “Portami nei tuoi giardini. Ho curiosità di visitarli”.

    Così la strana coppia si diresse verso la fitta boscaglia ai margini della quale la ninfa era solita dormire.

    “Qui c’è una fonte sotterranea che nutre i miei alberi e a cui mi disseto ogni notte” spiegò la fanciulla al grande pensatore.

    “Vorrei vederla”.

    La ninfa portò l’uomo sotto le acque del fiume che si svolgeva tra gli alberi fino a raggiungere un mulinello talmente forte che li avrebbe travolti se essi non fossero stati fatti di sogno e di pensiero.

    L’uomo sommo si abbeverò alla sorgente e provò un conforto talmente intenso da non essere più sicuro che l’attività cui si era dedicato in vita, la filosofia, fosse la più importante per il progresso del pensiero umano.

    “C’è un’altra qualità che può giovare all’uomo” disse “tu che sei fatta della natura dei sogni, me lo puoi confidare?”

    “E’ la bellezza che risiede in tutte le cose”.

    “Avrei voluto conoscerti prima. Io sono stato un ribelle e un inquieto” disse il filosofo.

    “Non preoccuparti. Ciò che sei stato, che sei, ciò che sono io, contribuiscono ammirevolmente all’armonia del creato”.

    “Ti ringrazio della fiducia. Ora, se permetti, vorrei condividere la tua vita”. L’uomo prese una mano della fanciulla.

    “E io voglio apprendere un po’ della tua sapienza” concluse la ninfa della fonte accostandosi a lui.

    Nella magia della sera, i due personaggi si incamminarono dolcemente per i sentieri incantati.

    Maria Rosaria Fortini

     

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