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Giordano: uscire dalla crisi, come fanno i pescecani

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    MARIO GIORDANO

    MARIO GIORDANO

    Arricchirsi è facile, non ho mai capito perché io non ci sono riuscito, perché non ci riescono tutti. Qualche volta, per la verità, ci ho provato pure io ma, non riuscendo a immaginare altri modi, ho comprato il biglietto della lotteria di Capodanno, ho giocato al gratta e vinci, al superenalotto. Voi non ci crederete, la verità è che non ho vinto mai niente. Una volta ho sognato mia madre che mi dava tre numeri al lotto: sono usciti, ma non ho vinto lo stesso, perché quel giorno avevo altro da fare e non li ho giocati.

    E invece è facile, facilissimo diventare ricchi, basta fare come i protagonisti dell’ultimo libro di Mario Giordano (I pescecani – Quelli che si riempiono le tasche alle spalle del paese che affonda – Mondadori, 2015 – 240 pagine – 18 euri): rubando, sfruttando le disgrazie altrui, impiegando il proprio tempo per occupare la “terra di mezzo” tra politica e burocrazia.

    C’è un terremoto, le case crollano, lo Stato e i cittadini di buon cuore cacciano i soldi per la ricostruzione e finisce così: le case non vengono ricostruite (andate all’Aquila per vedere che cosa succede) ma i fondi stanziati dopo un po’ finiscono. Finiscono nelle tasche dei pescecani.

    L’Italia è invasa da migranti clandestini, lo Stato stanzia fondi per nutrirli, ma la maggior parte dei soldi finisce nelle tasche delle improvvisate associazioni di volontariato, quelle che hanno una sola volontà: arraffare i soldi e lasciare le briciole ai migranti, attirati nel nostro povero paese (l’Italia non è un paese povero, è un povero paese, diceva De Gaulle) dai loro soci, soci dei soci degli scafisti.

    Figuriamoci come godono i pescecani in tempo di crisi, una crisi come quella che ci accompagna dal 2008, che solo a loro offre enormi vantaggi. In tempo di guerra, lo sappiamo tutti, chi fa la borsa nera si arricchisce. Ma ci si può arricchire anche quando la guerra non c’è, o almeno sta a poche centinaia di chilometri di distanza, dall’altra parte del Mediterraneo. Come si fa, non chiedetelo a me, chiedetelo a Mario Giordano che ha raccolto tutte le ricette, con tanto di esempi realizzati da pescecani esperti, nel suo gustoso libro, che alle persone oneste fa venire l’indigestione, quella strana indigestione conseguente al digiuno prolungato.

    Per darvene un assaggio, copio qualche titolo dall’indice, senza riferirne il contenuto per non togliervi il piacere di arrabbiarvi: Il nababbo di Treviso che aveva in garage 493 auto e 70 yacht – Il Buffalo Bill che si è comprato due ranch con i soldi dei comuni – Il professore della Bocconi che vendeva la Fontana di Trevi – La signora dei salotti che ha nascosto 1243 case al fisco – L’invalido con assegno Inps, Bentley e reggia di Versailles – Pescivendoli in Ferrari, facchini in yacht e segreti negli armadi.

    Non vi bastano, volete altri titoletti? Eccoli, poi basta, andatevi a comprare il libro e leggeteli lì: La Cupola di Roma. E gli immigrati che rendono più della droga… – Il frate gaudente che si comprava pure i pozzi di petrolio – L’eredità delle orfanelle? Fa ricca la fondazione del vescovo – Ruba 7 milioni ai bimbi di Haiti. Per farsi la rivista di gossip – Il ladro di elemosine che ha truffato i frati del santuario.

    Giordano, inguaribile ingenuo ottimista, è convinto che l’Italia possa uscire dalla crisi ricorrendo all’onestà dei cittadini, che secondo lui sono ancora la maggioranza. Dice che l’Italia si può salvare solo così. Magari, aggiungo io, quando i cittadini onesti si decideranno a cacciare a calci sul lato B tutti i ladroni, i pescecani che hanno il potere effettivo, il potere di rubare il contenuto delle nostre tasche pretendendo pure di essere ringraziati come salvatori della patria. Ma, come direbbe De Gaulle, è ahimé un “vaste programme”. Troppi calci bisognerebbe dare, e quelli hanno il posteriore protetto da un consistente ammortizzatore di gomma.

    Arrigo d’Armiento

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