Corte europea: Bruno Contrada innocente

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    Non doveva essere condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, reato non chiaro –

    Dopo 23 anni passati tra carcere e domiciliari, a Bruno Contrada, ex poliziotto, ex capo della mobile di Palermo, ex numero 3 del Sisde, la Corte europea ha riconosciuto la sua innocenza: non doveva essere condannato per concorso esterno in associazione mafiosa perché, all’epoca dei fatti (1979-1988), il reato non «era sufficientemente chiaro». In realtà, non lo è ancora adesso. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani. Lo Stato italiano deve versare all’ex numero tre del Sisde (l’ex servizio segreto civile, oggi Aisi) 10 mila euro per danni morali. A caldo, l’ex 007 dice: «Sentenza sconvolgente, dopo una vita devastata».

    In particolare, per la Corte, l’Italia ha violato l’articolo 7 della Convenzione europea per i diritti umani che stabilisce che non ci può essere condanna senza che il reato sia chiaramente identificato dai codici di giustizia. Nel caso della fattispecie di reato contestata a Contrada, il concorso esterno in associazione mafiosa, la Corte nota che essa «non era sufficientemente chiara e prevedibile per Contrada ai tempi in cui si sono svolti gli eventi in questione», e quindi ha riconosciuto la violazione, in quanto le pene non possono essere applicate in modo retroattivo.

    Contrada, oggi in libertà dopo aver scontato la dura pena, era stato condannato in via definitiva a 10 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, dopo le accuse di diversi collaboratori di giustizia di aver passato informazioni a Cosa nostra e di avere consentito la fuga di pericolosi latitanti, come il boss Totò Riina, ricevendo la copertura di non identificati vertici istituzionali. Le accuse dei pentiti, detti anche “pentiti a orologeria”, non furono mai confortate da riscontri obiettivi.

    Dopo la sentenza della corte di Strasburgo, Bruno Contrada ha rilasciato alla stampa la seguente dichiarazione: “Mi interessa la giustizia italiana, non quella europea. Certo è importante la sentenza di Strasburgo, secondo cui non dovevo essere condannato, ma mi interessa quella italiana. Deve essere un tribunale italiano a dire che sono stato condannato e messo in prigione da innocente”.

    “Avevo già avuto una sentenza favorevole dalla Corte europea, per la detenzione ingiusta – aggiunge Contrada – mentre avevo diritto agli domiciliari, ma anche per la mia età e per il mio precario stato di salute. Il governo italiano venne condannato, ma 23 anni di sofferenza non si cancellano neppure con dieci miliardi, altro che diecimila euro. Nessuna cifra può ripagare la distruzione di un uomo dal punto di vista morale e fisico, civile e sociale, professionale e familiare. Non è questione di prezzo, non mi interessa. Voglio essere giudicato innocente da un tribunale italiano. In nome del popolo italiano va emessa la sentenza, non europeo”.

     

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