OBAMA A CUBA | Vecchioni: Fa il gioco di Raùl Castro

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    Il viaggio a Cuba del presidente della nazione più potente del globo ha creato grande suggestione ed aspettative in tutto il mondo. Colpiti anche noi da questa fascinazione, abbiamo voluto vederci più chiaro su questo importante avvenimento, approfondendolo per valutare e conoscere meglio i suoi risvolti e le sue possibili conseguenze. A tal fine, abbiamo ritenuto importante confrontarci con Domenico Vecchioni, importante storico, saggista, autore di numerose biografie di personaggio celebri, soprattutto diplomatico ed ex ambasciatore all’Avana per molti anni, estensore della sua ultima fatica libraria di grande successo “Garbo, la spia che rese possibile lo sbarco in Normandia”, edito da Greco e Greco Editori.

    Ambasciatore Vecchioni, in un suo recente saggio, in merito alla visita di Obama a Cuba, ha scritto che il viaggio del Presidente Usa all’Avana è una resa degli Stati Uniti al regime di Castro. Conferma questa sua opinione e ci motiva il perché?

    Certo che lo confermo! Basta guardare i costi-benefici dei rinnovati rapporti cubano-americani. Raúl Castro ha ottenuto: una legittimazione internazionale che lo stesso Fidel non osava nemmeno sognare; la “benedizione” del Papa (argentino), oramai di casa all’Avana; la libertà di reprimere (chi oserà più criticare colui che ha fatto incontrare i cattolici e gli ortodossi russi?); la fine de facto dell’embargo (anche se de iure spetterà al Congresso americano deciderlo); la liberazione delle spie cubane detenute negli USA (i famosi “Cinque Eroi”); promesse di ingenti investimenti; il fiume di dollari che porteranno i turisti americani di nuovo pronti a gustare i piaceri dell’Avana. Si è pure accaparrato l’impegno del suo amico Obama a fare tutto il possibile perché la base di Guantanamo possa essere rapidamente restituita. Bene per i cubani!

    Obama, dal canto suo,  che cosa ha ottenuto? A me sembra niente di niente! Ha solo una cambiale a babbo morto nelle sue mani. Spera cioè che i limitati cambiamenti introdotti da Raúl e la benefica scossa  sull’economia del paese che daranno i dollari potranno in qualche modo avviare il cambio verso un sistema democratico. Ma è ingenuo pensarlo finché al potere ci sarà la famiglia Castro. Mi citi una sola riforma avvenuta in campo politico, istituzionale o costituzionale o nell’apparato repressivo che possa far pensare ad un ammorbidimento del regime! Non ce ne sono state. E’ sotto gli occhi tutti  (ma non di quelli di Obama): Cuba era ed è una dittatura, quello dei Castro era ed è un regime oppressivo e violatore dei diritti dell’uomo. Secondo lei, chi ci ha guadagnato nel deal, chi è il vincitore?

    La presenza di Obama a Cuba ratifica la fine della guerra fredda nei Caraibi? Chi è per lei in tal caso il vero vincitore di questo conflitto tra Usa e Cuba?

    Ma in definitiva non so se è veramente finita la guerra fredda nei Caraibi. O meglio è finita, ma in maniera anomala e parziale. In Europa la guerra fredda finì perché fu abbattuto a furor di popolo il muro di Berlino e implose l’impero sovietico. Nei Caraibi è certo crollato il muro tropicale, ma la Cuba comunista è sempre lì e la dittatura pure. La vera fine della guerra fredda ci sarà solo con il ritorno a Cuba, dopo 56 anni, della democrazia e della libertà. Solo allora si potrà parlare di riforme davvero “storiche” e di incontri “storici”. Ora assistiamo solo ad una strategia sbagliata degli USA, di cui Raúl Castro, statista molto più abile e raffinato del fratello maggiore, ha saputo sapientemente approfittare. Per la sopravvivenza del regime e a beneficio della nuova borghesia militare-industriale che controlla rigidamente tutta l’economia del paese (ancora collettivista e statale).

    Considerando l’attuale grave situazione dei dissidenti a Cuba, con la repressione e l’arresto, da parte del regime dell’Isola, di oltre 1.400 persone nel solo mese di gennaio di quest’anno, non ritiene che Obama con la sua presenza abbia perso la faccia e la faccia perdere agli Usa omaggiando i fratelli Castro all’Avana?

    Certo. Ha perso la faccia ed è stato anche umiliato all’arrivo all’aeroporto dell’Avana, dove il Presidente Castro non ha ritenuto necessario recarsi per accogliere personalmente il suo ospite, che non è un ospite qualunque, è semplicemente il rappresentante del paese più potente al mondo! Ma quello che è peggio è che tutto il popolo americano è stato in tal modo umiliato.

    Gli analisti politici, probabilmente in buona fede, considerano trionfale il viaggio a Cuba di Obama e lo reputano un valido strumento per indebolire il regime cubano ed aiutare i dissidenti. Cosa pensa al riguardo?

    Ma come le ho già detto, credo che sia vero l’esatto contrario. Con la sua politica di concessioni unilaterali, Obama irrobustisce il regime (che sembrava agli sgoccioli e ora non lo è più) e delegittima, indebolisce la dissidenza, i cui rappresentanti (quelli veri, non quelli che vengono esibiti dal regime come marionette da utilizzare per tutte le occasioni) vengono continuamente minacciati, arrestati, malmenati e spesso incarcerati.

    L’aver anticipato Obama la sua visita nell’Isola caraibica prima del VII Congresso del Partito Comunista Cubano, previsto dal 16 al 19 aprile prossimo, può dare il senso di una speranza di cambiamento e di un relativo annuncio conseguente  in quella circostanza da parte del governo cubano?

    Difficile dirlo. Personalmente penso che la generosa apertura americana farà il gioco di Raúl Castro (e del suo clan) nel mantenere sotto controllo il Congresso che ratificherà la linea fin qui perseguita. Riforme sì, ma solo economiche e a condizione che non intacchino minimamente il potere del Partito Unico. Rimanendo insomma sempre nell’ottica delle “concessioni” e non dei “diritti”. Mi spiego. Si concede – ad esempio – l’autorizzazione ad un lavoro autonomo (il famoso cuentapropista), autorizzazione però che può essere revocata in qualunque momento a insindacabile giudizio delle autorità. Non  nasce cioè un diritto al lavoro autonomo. Si abolisce – altro esempio – il permesso di espatrio, bene! Ma  le autorità si riservano la facoltà di decidere a chi dare o non  dare il passaporto a loro insindacabile giudizio, sempre quindi concessione, non diritto di espatriare liberamente. Credo che si continuerà su questa scia… Ma sarei felice se sbagliassi!

    Pier Francesco Corso

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