Virginia Raggi ha detto no ed è riuscita anche a farsi del male (politicamente)

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    combo raggi malago 2Virginia l’ha fatta grossa stavolta. Prima si produce in un tira e molla durato settimane, assicurando di voler ascoltare Malagò e il Comitato Olimpico per esprimere solo in seguito la propria decisione, poi si svolge lo psicodramma grillino con il palco di Nettuno senza la Sindaca, infine la conferenza stampa di ieri con il passaggio galeotto nella trattoria di Via dei Mille e Malagò che se ne va stizzito per l’anticamera impostagli dalla sindaca che non arriva.
    Insomma, “le Olimpiadi per un minestrone” potrebbe essere il sottotitolo di questa ennesima giornata strampalata della consiliatura a cinque stelle che Virginia degli onesti non manca di innaffiare con una buona dose di slogan, populismo e retorica grillina durante l’incontro con la stampa. E, francamente, buttarla sulle Olimpiadi del mattone e delle lobby sa un po’ di ridicolo.
    Io per primo non credo che le Olimpiadi siano una buona scelta per Roma: l’ho scritto, numeri alla mano, in un precedente articolo e continuo a sostenerlo. Tuttavia “est modus in rebus”, dicevano i Latini, e la Raggi di maniere proprio non ne ha. Intanto si riceve con puntualità un rappresentante istituzionale anche e soprattutto per comunicargli una scelta negativa e sgradita: serve il rispetto per i ruoli e le persone. Tacciamo, per carità di patria, della boutade del referendum consultivo che solo i radicali hanno convintamente sostenuto e che la Raggi ha paventato in varie dichiarazioni stampa, salvo poi uscirsene ieri con una battuta di stampo plebiscitario e anche un po’ da capetta (ho ottocentomila voti quindi i romani hanno già detto no).
    In secondo luogo, se si decide di motivare un no coi numeri (e giustamente: un Comune tecnicamente fallito come può sostenere un’impresa tanto complessa come organizzare un’Olimpiade?) ci si astenga dagli slogan e si rimanga, appunto, sui numeri che sono noti, studiati e documentano chiaramente che le Olimpiadi sono di norma un pessimo affare per la città ospitante e che l’aumento di posti di lavoro è temporaneo e non strutturale. Anche di questo ho parlato nel mio precedente articolo.
    Infine, sarebbe utile che tutti, compresi i miei tre lettori, ricordassimo che si sta parlando di presentare o meno una candidatura: Roma non è la sede delle Olimpiadi 2024, ma soltanto una probabile candidata, insieme ad altre città forse in condizioni più adatte ad ospitare l’evento.
    Se Virginia fosse scaltra, cosa che non è, avrebbe detto di si, ben sapendo che il problema sarebbe ricaduto sul prossimo sindaco per motivi di tempo e che l’impegno per la sua giunta sarebbe stato relativamente limitato. Virginia avrebbe potuto almeno essere chiara e decisa, pur dicendo di no, ma obiettiva. E invece ha scelto il populismo, la scortesia istituzionale e ha deciso con un ritardo incredibile (peraltro manca ancora un atto formale che sovverta la delibera adottata nella precedente consiliatura, quindi siamo alle chiacchiere ancora).
    Molto male, Raggi. E molto male per i cittadini romani che ti hanno votata.

     

    Cosimo Benini

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