Lazio settima nel campionato più noioso della storia

Le sole note positive sono state fatte registrare dagli exploit del Bologna di Thiago Motta e dell’Atalanta di Gasperini -

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    La Lazio ha chiuso con un noioso pareggio, 1-1 col Sassuolo, la partecipazione al più noioso campionato di calcio della storia. L’Inter aveva conquistato lo scudetto prima di cominciare, il Milan è riuscito a rimanere al secondo posto nonostante tutti gli infortuni e le avversità, la Juventus s’è preso il terzo posto per i miracoli di Allegri in una situazione disastrosa, il Napoli senza Spalletti è scomparso dalle scene, Roma e Lazio non pervenute.

    Le sole note positive sono state fatte registrare dagli exploit del Bologna di Thiago Motta e dell’Atalanta di Gasperini che è riuscita a portarsi a casa la Coppa Uefa.

    E veniamo alla partita della Lazio. Primo tempo alla camomilla, con i bomber delle due squadre che quasi avevano paura di tirare verso la porta avversaria. Un primo tempo giocato a tamburello, o se preferite una tranquilla quadriglia, con gli emiliani rassegnati a non sperare in un miracolo per rimanere in A, e con i romani troppo stanchi per avere ancora voglia di lavorare.

    Nel secondo tempo, potenza dello spogliatoio!, sono tornati in campo ventidue calciatori con la voglia di combattere, se non per i punti, almeno per l’onore. E così si sono viste azioni di calcio, invece che passeggiate primaverili. E si sono visti i gol, uno per parte.

    Il gol della Lazio, al 60’, l’ha firmato Zaccagni, con un calcio di punizione il cui successo lo si è visto, prima che alle spalle di Cragno, negli occhi, nell’espressione di Zac al momento del tiro.

    Sei minuti dopo, ancora da calcio piazzato, sparato da Thorstvedt, il pallone sfugge a Romagnoli e Viti da due passi non perdona.

    Tutta qui la partita. Nei cambi, Luis Alberto ha subìto l’onta di non essere mandato in campo nemmeno per un minuto. Qualcuno lo ha preso per uno sgarbo verso un calciatore che, probabilmente, ha concluso la presenza tra le maglie della Lazio. Per aver dato in tanti anni l’anima, il cervello, alla squadra, un saluto con standing ovation gli andava tributato, come quello giustamente offerto a fine partita a Felipe Anderson, che se ne torna in Brasile.

    Bruno Cossàr

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