Pastore e la Roma, una storia ancora non scritta

Inutile negarlo. E’ arrivato a Roma per dare quel quid in più. Ma a questo punto, come nei migliori film, è opportuno un piccolo flashback. O, per chi è nostalgicamente ancora legato a termini italiani, un piccolo passo indietro. Allora riavvolgiamo il nastro e torniamo alla fine della scorsa stagione.

Terzo posto in campionato. Semifinale Champions, con tanto di storica rimonta ai danni del Barcellona. Per non parlare della finalissima sfiorata, probabilmente solo per l’incredibile e anacronistica assenza del Var nella massima competizione europea. Insomma, una stagione davvero molto positiva. Soprattutto se si considera che sulla panchina giallorossa c’era un giovane e promettente allenatore al suo primo anno in una big.

E la storica impresa di essere arrivati nelle prime quattro squadre europee, era una straordinario trampolino di lancio. Da lì si sarebbe potuto e dovuto tentare la grande scalata. Per far questo era necessario migliorare la rosa. Impresa davvero ardua, visto i risultati appena raggiunti. Ma provarci era un obbligo morale e sportivo.

Finito il piccolo flashback torniamo ai nostri giorni, o quasi. Siamo in estate. Per cercare di migliorare la squadra si  individuano i punti critici, ponendosi come obiettivo il loro superamento. La Roma della passata stagione era molto brava nella fase difensiva (seconda difesa del campionato), decisamente meno in quella offensiva (quinto attacco dietro anche all’Inter e con 28 gol in meno della Lazio).

Analizzando più a fondo i numeri, emerge che i centrocampisti giallorossi hanno segnato davvero poco, molto poco.  Undici gol totali in un reparto che conta cinque elementi. I numeri evidenziano ciò che è una realtà tecnica. Il centrocampo titolare (Strootman, De Rossi, Nainggolan) è molto fisico, e quindi ottimo nel fare filtro difensivo, ma nel complesso non ha molta qualità tecnica. E questo si traduce non solo negli scarsi risultativi realizzativi del reparto ma anche in una non eccellente predisposizione dello stesso nel dare un contributo di alta qualità nella costruzione del gioco e quindi nella capacità realizzativa degli attaccanti.

Si decide quindi di aumentare la qualità del centrocampo. Come? Azzardando una mossa sia di mercato che tattica. Si decide di inserire nei tre centrocampisti un calciatore dall’enorme valore tecnico. Che tra l’altro non è una novità: lo si era già fatto, con successo, con Miralem Pjanic. Individuato il profilo, si sceglie il calciatore: Javier Pastore.

Giocatore tecnicamente straordinario, con grande voglia di tornare ai suoi livelli dopo un periodo di non troppa luce al PSG. Il ragazzo negli ultimi anni ha avuto qualche problema fisico. Il rischio c’è. Ma d’altronde se non ci fosse una percentuale di rischio non si sarebbe mai e poi mai potuto prendere un calciatore di quel livello per 25 milioni.

Inutile negarlo -è stato scritto all’inizio di questo articolo-, è arrivato per dare quel quid in più. E il successo della stagione romanista non può che passare da lui. L’inizio della sua avventura giallorossa è purtroppo stata costellata da infortuni. E il fatto che tra mille problemi sia comunque riuscito a segnare già due dei più bei gol della storia romanista dovrebbe far riflettere sul suo valore.

Ma da riflettere c’è ben poco. Se Javier Pastore riuscisse a superare i suoi problemi fisici la Roma avrebbe nel suo organico un calciatore capace di fare la differenza. Quella con la d maiuscola. Con buona pace di chi a Roma l’ha già etichettato come ‘bidone’.

Buona fortuna Javier…

Andrea Felici