Coronavirus, l’ordine delle cose

Nell’intervista alla figlia di Trevisan, 78 anni, morto, si dice, di Covid 19 a Vò Euganeo, c’è tutta la rappresentazione del rapporto perverso di questo paese con gli anziani ed emerge una grande dignità venata di profondo senso pratico di una persona che è stata colpita da un grave lutto e profondamente offesa dalla macelleria mediatica che noi giornalisti stiamo producendo a getto continuo in questi giorni.

Io dico: ora basta.

Calmiamoci, smettiamo di ciarlare a vanvera, starnazzando come oche impazzite. Il paese non ne ha bisogno, noi non ne abbiamo bisogno e ammettiamo che questa storia è cominciata male e finirà peggio. Siamo un paese di pupazzi, di chiacchieroni, di ignoranti supponenti, questo è il fatto.

Torniamo per un attimo a Trevisan: dal racconto della figlia emergono tutte le classiche situazioni che vive chi ha un parente anziano. Il medico di base che fa il “ricettaro” a distanza e cura per telefono (quando va bene), i giornalisti che pestano sterco e lo gettano su tutti coloro che sono stati coinvolti (ed hanno subito un lutto), la politica che si riempie la bocca d’aria e sputa parole il cui effetto, al più, è deleterio per i nervi della popolazione. Il medico non cura, i giornalisti non fanno il loro lavoro, la politica non incide. Questo paese non fa, è una negazione ontologica dell’azione.

E’ questa la lezione del giorno con buona pace di Burioni che ha scoperto che andare in televisione a pontificare sul se e sul come – ma dal punto di vista dell’infettivologo che, bontà sua, non è né il ministro della salute, né il governo della Repubblica – paga in termini di immagine, fregandosene dell’impatto che quelle parole veicolate sui media hanno sul mood nazionale. Che sta tendendo al paranoico.

La corsa ai supermercati è qualcosa di vergognoso e ridicolo e dimostra come questo paese di fronte ad un’emergenza nazionale vera si sbriciolerebbe in una settimana.

Questo ci deve veramente preoccupare.

Quanto al virus, mi pregio di rispondere a chi ha invocato da subito, senza neanche sapere di cosa stesse parlando, blocchi e chiusure, quarantene e lazzaretti: un virus che si propaga per via aerea non può essere fermato, può solo essere rallentato per dare tempo al sistema sanitario di gestire i casi.

Il calendario si incarica di smentire facilmente i sovranisti salviniani i cui neuroni sono ottenebrati dalla evidentissima cifra delle proprie idee politiche (che sono fasciste, senza meno): l’epidemia si è diffusa in Hubei (Cina) intorno al 15 di dicembre, mentre in Italia arrivano, via aerea, dalla Cina, circa 1000 persone al giorno. La Cina ha formalizzato la crisi intorno al 15 di gennaio e l’Italia ha bloccato i voli diretti il 21 di gennaio. Fra il 15 dicembre ed il 20 gennaio, fate voi il conto di quante persone sono entrate in Italia dalla Cina.

Secondo problema: il virus, otto volte sui dieci, ha i sintomi di un raffreddore o addirittura presenta un quadro asintomatico con contagiosità. Impossibile decidere chi far passare alle frontiere anche dopo il 21 gennaio. Sarebbero comunque entrati pazienti infettanti, ma asintomatici. Non era possibile – e non lo è ancora oggi – eseguire tamponi orofaringei a decine di migliaia di persone al giorno ed avere i risultati in tempi brevi.

Terzo problema: siamo ancora nella stagione influenzale, nella quale circolano decine di virus, fra cui altri tipi di corona virus umano, che provocano tutti gli stessi sintomi del Covid 19 in forma lieve (il raffreddore). Sono le famose “sindromi parainfluenzali”.

Quindi cosa si sarebbe dovuto fare (e non si sta ancora facendo), dove è mancata la collaborazione fra gli organi nazionali che hanno il compito di dare direttive e coordinare ed organi regionali che hanno tutti i compiti tecnici di tipo sanitario (inclusa la sorveglianza sanitaria e la prevenzione)? Un piano attento per gestire, sotto ogni aspetto, un elevato numero di pazienti anziani con complicanze respiratorie.

Perché è quello che succederà in Italia per due ordini di motivi molto semplici: il primo è anagrafico, l’Italia è piena di over 65 con qualche acciacco e di molti ultraottantenni con parecchi problemini di salute. Il secondo è logistico/organizzativo: i posti in terapia intensiva sono limitati nel numero nazionale e distribuiti in modo ineguale sul territorio (un altro regalo del federalismo dei maledetti leghisti e di coloro che sono andati dietro alle mattane di un ex bullo da osteria come Bossi e la sua cricca di analfabeti).

I numeri parlano chiaro: con un tasso di infettività di tipo influenzale (4/5 milioni di contagiati nell’arco di alcuni mesi ed un tasso di letalità del 3% – come valore complessivo per tutte le fasce di età – che si concentra sugli anziani), avremmo un bilancio di morti per complicanze da sovrainfezione da Covid19 quantificabile in 100/150 mila morti.

Su questo si devono concentrare lor signori: contenere al massimo i contagi, proteggere gli anziani, allestire strutture temporanee con posti di terapia intensiva in più, non darsi al circo delle anatre starnazzanti, passando il tempo a declamare in televisione.

CB