200 mila italiani colpiti da malattie infiammatorie croniche dell’intestino

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    Ne era affetto il presidente Eisenhower, hanno confessato di soffrirne anche la cantante Anastacia e il fratello di George W. Bush, Marvin. Ma le malattie infiammatorie croniche dell’intestino, quella di Crohn in particolare, colpiscono anche 200 mila italiani, persone normali che devono convivere con sintomi che provocano imbarazzo, stress e spesso lo stigma da parte della società. In più, «la malattia di Crohn affligge sempre più i giovani e i bambini: in parte questo è dovuto al fatto che, rispetto al passato, siamo in grado di rilevare un maggior numero di casi, ma assistiamo anche a un concreto calo dell’età media dei malati». A tracciare il quadro della situazione Paolo Gionchetti, ricercatore dell’università di Bologna, in occasione del congresso della European Crohn’s and Colitis Organisation (Ecco), al via questo pomeriggio a Barcellona. «Quella di Crohn non è una sola malattia – ha spiegato Gionchetti – ma tante malattie insieme. Può infatti colpire tutto l’apparato digerente, in qualsiasi tratto, compresa la bocca, con sintomi spesso aspecifici ed estremamente eterogenei. A oggi non se ne conoscono le cause, anche se nel 5-10% dei casi è presente una familiarità. La ricerca negli ultimi anni è andata avanti, sono stati individuati dei geni che potrebbero rivestire un ruolo chiave nell’insorgenza della malattia. Ma questo è uno dei pochi casi in cui la scienza ha fatto troppo: è stato identificato un numero enorme di geni con un possibile coinvolgimento nel Crohn, ora si dovrà» andare avanti ‘scremandò le informazioni raccolte. L’Associazione nazionale per le malattie infiammatorie croniche intestinali (Amici onlus) è stata la prima a raccogliere, attraverso interviste a mille pazienti con Crohn e colite ulcerosa, dati epidemiologici su queste patologie nel nostro Paese. Il progetto si chiama Diogene e rende conto di «circa 150 casi ogni 100 mila abitanti – ha sottolineato il presidente dell’associazione, Salvo Leone – con un’età media fra i 20 e i 40 anni per la colite ulcerosa e di 15-35 per la malattia di Crohn». Questi dati, però, non bastano: «Le istituzioni sanitarie italiane – ha spiegato Anna Kohn, direttore della Gastroenterologia dell’ospedale San Camillo di Roma – ad oggi non hanno abbastanza consapevolezza del reale impatto di queste malattie sulla vita dei malati e delle loro famiglie. Abbiamo bisogno di raccogliere più dati, soprattutto sui costi diretti e indiretti legati alla malattia di Crohn e alla colite ulcerosa». Sempre il progetto Diogene evidenzia che il 45% dei pazienti ha dovuto attendere da uno a 10 anni prima di arrivare alla diagnosi finale e il 22% ha impiegato addirittura oltre 10 anni. Ad oggi, il 68% dei malati è in cura con farmaci aminosalicilati, il trattamento ‘basè per questi disturbi; il 23% con immunosoppressori, il 17% con corticosteroidi e il 15% con medicinali biologici, «ancora poco usati in Italia», secondo Gionchetti. «Ma il nostro rimane sempre uno dei pochi Paesi in cui queste cure sono completamente gratuite», ha sottolineato Kohn. Quanto alle ripercussioni sulla vita sociale, l’11% dei pazienti italiani risulta disoccupato a causa della malattia, il 9% non è in grado di lavorare a tempo pieno, il 16% si sente ostacolato nel consolidare rapporti affettivi e il 12% pensa che la patologia abbia influiti sullo sviluppo delle amicizie.

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