Analisi genetiche rivelano che Roma era una città di immigrati

Più informazioni su

    Analisi genetiche rivelano che Roma era una città di immigrati –

    Tutte le strada portano a Roma. Un detto che, soprattutto nell’antichità, ha voluto significare popolazioni di migranti in viaggio dall’Europa, dall’Anatolia, dall’Iran, dall’Africa verso Roma.

    Una città che è stata dinamico crocevia di civiltà e che ha intrecciato la sua storia, anche genetica, a quella di genti che venivano da ogni angolo del mondo allora conosciuto e che avrebbero lasciato le proprie tracce nel Dna delle popolazioni future.

    Lo ha scoperto un gruppo internazionale di ricercatori, coordinato da Alfredo Coppa, antropologo fisico all’università La Sapienza di Roma, Ron Pinhasi, antropologo dell’Università di Vienna e Jonathan Pritchard, genetista e biologo alla Stanford University, Usa, insieme ad altre numerose università italiane e soprintendenze archeologiche.

    Sulle tracce degli antenati, Margaret Antonio (Stanford University) e colleghi hanno analizzato campioni di Dna antico di 127 individui trovati in 29 siti archeologici a Roma e nelle sue vicinanze, coprendo un periodo di 12 mila anni della preistoria e della storia romana.

    L’analisi, forse la più ampia mai realizzata su campioni di varianti genetiche registrate in una regione, rivela una storia dinamica della popolazione a partire dal Mesolitico fino all’era moderna.

    I dati ottenuti hanno sorpreso i ricercatori, indicando una diversità genetica a partire dalla fondazione di Roma, passando per l’impero romano, nascita e caduta, fino all’era moderna.

    In quell’area, popolata da tempi remotissimi, 7.000 anni fa si insediarono agricoltori provenienti dall’oriente e dal nord Europa, che presero il posto dei cacciatori-raccoglitori.

    Successivamente, nell’Età del Bronzo in coincidenza con l’intensificarsi del commercio e dei contatti con altri popoli del Mediterraneo, raggiunsero quell’area altre popolazioni che arricchirono ulteriormente il patrimonio genetico locale, nel quale le analisi hanno trovato anche varianti genetiche appartenenti a popolazioni ucraine, che tra i 5.000 e i 3.000 anni fa raggiunsero quella zona.

    Roma era importante anche per le sue dimensioni: “fu la prima – racconta lo studio – a raggiungere, nell’antichità, un milione di abitanti. Rimarrà senza rivali fino al declino della rivoluzione industriale 1.500 anni più tardi”.

    Al massimo della sua potenza l’impero romano comprendeva tre continenti e le vite di decine di milioni di persone sparse in tutta Europa, nel Vicino Oriente fino al Nord Africa ed era un importante crocevia culturale.

    “L’analisi del dna – ha spiegato Pritchard – ha rivelato che mentre Roma si espandeva nel Mediterraneo, le popolazioni che arrivavano nella città eterna, contribuirono a cambiare il volto della città anche dal punto di vista genetico”.

    Leggere nel Dna di questi 127 individui è stato come leggere la storia di eventi e di popoli che si sono succeduti e che hanno lasciato la loro impronta indelebile.

    Grazie a questo ampio studio sui dati biologici raccolti in un’area che comprende la capitale e le aree limitrofe, è stato possibile ricostruire le direttrici migratorie che hanno portato a Roma popolazioni con culture e varianti genetiche diverse.

    Rita Lena

    Più informazioni su