ANGI: “Buone pratiche tra smart working e coronavirus all’insegna del lavoro agile”

Dopo anni a rincorrere lo smart working, nel giro di pochi giorni l’emergenza coronavirus ha spinto decine di aziende italiane a prendere provvedimenti immediati per permettere ai lavoratori di svolgere la propria professione tra le mura di casa, al riparo dal rischio di contagio da Covid-19. E ora lo smart working diventa realtà.

Secondo uno studio condotto dall’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, gli smart worker in Italia sono già circa 570.000, in crescita del 20% rispetto al 2018. Un incremento destinato a crescere in modo esponenziale a partire da questo marzo 2020.

Alla seconda settimana di emergenza Covid-19 sono cambiate le abitudini di tutti. Il consiglio quasi obbligato a restringere le relazioni sociali, la distanza di sicurezza di quasi 2 metri, la chiusura delle scuole e i figli a casa… Per incentivare il “lavoro agile” anche nella pubblica amministrazione, dal 4 marzo 2020 lo smart working diventa obbligatorio per la Pubblica amministrazione, smettendo di essere una sperimentazione.

Se volessimo definire lo Smart Working, o Lavoro Agile, esso è una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Un nuovo approccio al modo di lavorare e collaborare all’interno di un’azienda che si basa su quattro pilastri fondamentali: revisione della cultura organizzativa, flessibilità rispetto a orari e luoghi di lavoro, dotazione tecnologica e spazi fisici.

Con le misure di contenimento sanitario del Covid-19, il virus che sta mettendo in ginocchio l’Italia e l’economia mondiale, molte aziende hanno dovuto prendere decisioni drastiche, chiudere per quanto possibile gli uffici e chiedere ai propri dipendenti di lavorare da casa.

Il presidente dell’ANGI (Associazione Nazionale Giovani Innovatori, Gabriele Ferrieri, ha così commentato: “La situazione di straordinarietà che si è venuta a creare per via dell’emergenza sanitaria, sta spingendo tutti ad adottare forme più agili per il lavoro.

Prima del coronavirus si registravano circa 580mila lavoratori in smart working, oggi potenzialmente potremmo superare gli 8 milioni di impiegati.

Le direttive del Governo, Regioni e Comuni sono chiare e mirate a cercare di contenere la diffusione.

Il cambio repentino delle modalità di lavoro potrebbe avere effetti sulla produttività, ma sono diversi i benefici di questa tipologia di approccio al lavoro e almeno finché l’emergenza non sarò terminata, è una soluzione che dovremmo quasi tutti seguire”.