ANGI: Intervista alla Direttrice del Museo Archeologico di Taranto MArTA, Eva Degl’Innocenti 

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    Nei giorni scorsi ha avuto luogo un importante incontro digitale all’insegna del Sud promosso dall’ANGI – Associazione Nazionale Giovani Innovatori, con la Dott.ssa Eva Degl’Innocenti, Direttrice del Museo Nazionale Archeologico di Taranto – MArTA e il Dott. Gabriele Ferrieri, Presidente ANGI, il D.G. ANGI Francesco Paolo Russo e la Community Manager ANGI Loredana Ricci. Incontro nato per confrontarsi con la realtà di un territorio largamente penalizzato dalla crisi dell’acciaieria ILVA, in merito a prospettive nel campo della conservazione, della tutela dei beni culturali e delle importanti collezioni ospitate dal Museo viste come polo di aggregazione culturale e nesso tra il territorio e le giovani generazioni.

    Personaggio di grandissimo spessore, la Direttrice del Museo Archeologico di Taranto offre un importante punto di vista su una realtà come quella tarantina che negli ultimi anni ha conosciuto una serie di problemi dovuti alla crisi dell’industria siderurgica dell’ILVA di Taranto e suggerisce una strada diversa per valorizzare un territorio ricco di storia, di cultura, di opere d’arte, forse fino ad ora non abbastanza valorizzato.

    Lei ha affrontato un’esperienza all’estero molto lunga, cosa si è riportata in Italia dalla Francia anche in termini lavorativi? “Essendo la Francia un paese che attribuisce molta importanza al suo patrimonio culturale, ai suoi musei ed è all’avanguardia in tutto ciò che è gestione museale, mi sono perfezionata in quello che è il modello gestionale. Anzitutto ho compreso meglio che un museo è in primis un importante strumento di governance territoriale. In seguito, dal momento che in Francia viene attribuita una significativa importanza alla mediazione culturale, viene da sé che oltre alla funzione di un museo come luogo di esposizione di importanti collezioni, questo deve rappresentare anche un luogo di creazione, di ricerca e di innovazione. Quindi un concetto di museo che deve dare le chiavi di lettura interpretative del proprio patrimonio territoriale e che deve essere una piattaforma di creazione e condivisione del sapere. Un approccio al patrimonio culturale meno elitario e più inclusivo”.

    La città di Taranto spesso è agli onori della cronaca per le delicate questioni legate all’ILVA, un museo importante come il MArTA può rappresentare un riscatto per il territorio soprattutto come polo di aggregazione culturale e legame tra il territorio e le giovani generazioni? “Ciò su cui abbiamo lavorato è un elemento di novità per i musei italiani, abbiamo elaborato un piano e creato delle strategie a corto ma anche a medio -lungo termine, per far sì che Taranto non sia oggi identificata solamente sotto un’immagine negativa ma che possa invece rinascere grazie alla cultura. Questo museo contribuisce ad essere un volano di crescita in primis socioculturale ma anche economica per questo territorio, dà senso di appartenenza, crea una percezione di comunità ed un legame identitario. Il mio professore, Riccardo Franchi, grande maestro e archeologo italiano di fama internazionale, diceva sempre che l’archeologia non ci insegna soltanto a comprendere il passato, ma a comprendere il presente e soprattutto a costruire il nostro futuro, ed è proprio per questo che abbiamo scelto ”past for future” come payoff del nostro museo”.

    Il MArTA Lab è un’iniziativa che avete promosso recentemente, di cosa si tratta? “Il MArTA Lab fa parte del progetto Marta 3.0 che abbiamo finanziato grazie ad un PON, ossia i fondi cultura sviluppo 2014-2020 vinti per un museo digitale e non solo. Tra le varie attività, tra cui il progetto di digitalizzazione di 40.000 reperti del museo in open-source data, abbiamo allestito un Fab Lab stabile e strutturato all’interno del museo, che si occupa di riproduzioni con stampanti 3D e laser scanner dei reperti archeologici delle nostre collezioni. Sono 5 le diverse finalità del progetto: la prima per la ricerca, perché poter riprodurre con stampante 3D favorisce anche la comprensione di alcuni elementi dell’archeologia e della tecnologia di produzione degli oggetti. La seconda ha fini educativi, infatti oggi con il Fab Lab portiamo avanti molte attività di e-learning, centinaia e centinaia di classi da tutta Italia e ragazzi individuali a cui insegniamo a distanza come fare una riproduzione 3D di un oggetto, quali sono i migliori software da utilizzare e i principi basilari della robotica. Terzo concetto è quello dell’accessibilità e con esso si intende un museo per tutti e di tutti, indistintamente. Il quarto elemento è chiaramente quello dell’innovazione con un processo osmotico nei confronti del territorio, infatti il Fab Lab non crea innovazione soltanto all’interno del museo, ma si fa promotore di best practices, di una metodologia di lavoro e di un modello gestionale all’interno dell’industria creativa dell’innovazione, promuovendo un attività formativa nei confronti del territorio affinché questo processo in modo osmotico possa essere trasmesso ad altre iniziative e si possa creare una filiera o addirittura un distretto di innovazione all’interno del territorio tarantino grazie ad un apporto di know-how e di condivisione con il resto del territorio, con le strutture universitarie, i laboratori e gli enti di ricerca. Tra l’altro siamo stati presenti alla Fiera del Levante a Bari al primo salone dell’innovazione e con orgoglio comunico che il nostro Fab Lab era accanto al Politecnico di Bari. Destava molto stupore che un museo archeologico fosse al salone dell’innovazione con tecniche così innovative. L’ultimo punto è il merchandising, stiamo infatti creando anche una linea di oggetti riprodotti in 3D griffati MArTA disponibili nella boutique del museo”.

    Il tema dell’innovazione sociale in riferimento al MArTA Lab all’interno del museo è di fondamentale importanza. Allo stesso tempo quali sono gli altri progetti innovativi che state portando avanti? “Molto importante è il progetto di digitalizzazione che ci permetterà di creare un database di 40.000 reperti open data, anche reperti mai visti, quindi con una grande quantità di inedito. Questo rappresenta un incredibile potenziale per la ricerca, che con questo utilizzo possiamo sicuramente incentivare.  Inoltre, il database ha anche applicazioni in chiave contemporanea, a fini creativi, dal design alla moda, dall’industria creativa all’artigianato. Un altro progetto molto interessante è quello che vede impegnata l’azienda To Be del Dott. Francesco Paolo Russo e Infratel Italia con la tecnologia Li-Fi. Siamo il primo museo nazionale italiano che ha sperimentato questa nuova tecnologia che utilizza la modulazione della luce emessa dai led posizionati in corrispondenza delle opere più importanti e allo stesso tempo trasmette informazioni non sono solo testuali ma anche multimediali, quindi che uniscono video e audio, consentendo al museo di avere una nuova e rivoluzionata fruizione delle collezioni con un’accessibilità totale. Inoltre, abbiamo stretto un’intesa con ASL Taranto sul rapporto fra arte e salute, ed in questo ambito stiamo creando delle attività laboratoriali per approfondire le analisi di dati elaborandoli con gli psichiatri e neurologi con cui lavoriamo al fine di analizzare le diverse reazioni cognitive di ogni visitatore di fronte ad un’opera d’arte”.

    Visto il dibattito contemporaneo sull’umanesimo digitale, consiglierebbe ad uno studente appena diplomato di scegliere le discipline umanistiche? Quali concrete possibilità di sviluppo e di lavoro ci possono essere nel settore dei beni culturali? “Umberto Eco ricordava sempre che fu tra i primi che Olivetti assunse, ed era laureato proprio in filosofia. Questo perché in effetti aveva una cultura generale molto ampia, una forma mentis in realtà molto duttile e questo convinse Olivetti ad assumerlo ed a confermare che i suoi risultati erano anche migliori di molte delle figure professionali più tecniche. Penso che oggi un laureato in una facoltà umanistica possa avere molte possibilità, ma dovrebbe unire al percorso anche uno studio pluridisciplinare. Credo fermamente che le università oggi dovrebbero garantire un approccio diverso, più operativo, promuovendo studi teorici accompagnati anche da sperimentazioni ed applicazioni degli insegnamenti. Tutti i team che lavorano ed hanno lavorato con noi hanno più figure, porto un esempio concreto con il nostro videogioco che fra le tecnologie avanzate ha utilizzato quella del gaming, siamo stati il secondo museo italiano dopo il Museo nazionale archeologico di Napoli a creare un videogioco che si chiama “past for future” vincitore del premio di miglior progetto digitale 2018 e confermo che in quel team c’erano molte persone con formazioni umanistiche. Questo è per noi motivo di orgoglio, di vanto e di speranza per molti giovani innovatori che hanno deciso di intraprendere quella strada”.

    Gabriele Ferrieri, Presidente ANGI commenta così l’intervista: “Un importante passo per acquisire informazioni da un territorio difficile ma bellissimo, ricco di storia e di cultura, dove penso che la chiave di volta sia quella di far sì che il mondo della ricerca, dell’innovazione e dell’imprenditoria siano in un insieme strutturato e che possano veramente essere un fondamento importante per la rinascita non solo di Taranto ma in questo momento della rinascita del paese e dell’Europa intera. Ringrazio la Dott.ssa Eva Degl’Innocenti per aver accettato di raccontarci l’enorme storia di successo che il MArTA sta portando avanti e il D.G. Francesco Paolo Russo per la preziosa intermediazione. MArTA, museo che funge anche come Hub di incontro e di contaminazione positiva per tutti i giovani innovatori del Sud Italia in rappresentanza della cultura e dell’innovazione digitale. Progetto che siamo infintamente lieti di trasmettere a tutti i giovani innovatori, con l’augurio e l’auspicio di incontrarci quanto prima di persona all’interno del museo stesso”.

     

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