Dalle miniere del Sulcis una risorsa per scoprire la materia oscura

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    Dalle miniere del Sulcis una risorsa per scoprire la materia oscura –

    E’ stato inaugurato oggi, in Sardegna, nella miniera di Monte Sinni, nel Sulcis-Iglesiente, dall’Istituto Nazionale di Fisica nucleare  (anche promotore scientifico  del progetto assieme alla Princeton University),  dalla Regione Autonoma della Sardegna e dalla Carbosulcis, il Progetto Aria,  che  ha l’obiettivo di “distillare” l’aria per ricavarne gas rari:  come l’ossigeno-18 e il carbonio-13, già utilizzati nello screening medico e nelle tecniche diagnostiche per la lotta al tumore, e  l’argon-40,  essenziale per la ricerca della natura particellare della materia oscura.

    Nell’ambito del progetto verrà realizzata una torre di distillazione criogenica (temperature bassissime) di 350 metri infilata all’interno di un vecchio pozzo minerario di 500 metri già usato in passato per l’estrazione del carbone.

    La torre, costituita da 28 moduli collaudati al CERN, catturerà l’aria per separarne i componenti più preziosi e produrre isotopi stabili di altissima purezza.

    In questa fase del progetto l’INFN ha già investito 6 milioni di euro, la Regione Sardegna ha partecipato con 2 milioni e 700 mila euro e Carbosulcis ha contribuito già per l’adeguamento dell’infrastruttura mineraria con una spesa di oltre 1 milione e 500 mila euro ed ha in corso un investimento di oltre 2 milioni di euro per l’installazione dell’impianto nel pozzo Seruci 1.

    “Il progetto ARIA è cruciale per la strategia di ricerca della materia oscura della Collaborazione DarkSide, e siamo entusiasti che il Sulcis-Iglesiente giochi un ruolo di primo piano in questo ambizioso progetto scientifico di assoluta rilevanza internazionale”, ha commentato Cristian Galbiati, ricercatore ai Laboratori INFN del Gran Sasso, professore alla Princeton University e al GSSI Gran Sasso Science Institute e coordinatore di DarkSide.

    L’argon-40, prodotto tramite distillazione dell’aria, servirà per catturare la particella candidata di materia oscura, la WIMP, Weakly  Interacting  Massive  Particle, (particelle massive debolmente interagenti), un’ipotetica particella difficile da “vedere” perché interagisce debolmente con la materia normale solo tramite la gravità e la forza nucleare debole.

    Catturarla è l’obiettivo degli scienziati di DarkSide, il rivelatore che si basa sull’utilizzo dell’argon come mezzo di interazione per rivelare gli urti delle particelle di materia oscura sui nuclei del materiale bersaglio del rivelatore.

    E per fare questo hanno bisogno di grandi quantità di argon-40 anche in prospettiva del futuro rivelatore DarkSide-20k che sarà operativo nel 2022 e che richiederà l’utilizzo di 50 tonnellate di argon processate dall’impianto ARIA.

    L’unicità del progetto ha permesso di riunire scienziati da tutto il mondo per formare un’unica collaborazione internazionale che raccoglie tutti i ricercatori che hanno fino ad ora sviluppato rivelatori ad argon per la materia oscura: la Global Argon Dark Matter Collaboration, il cui primo passo è il programma DarkSide.

    Secondo i ricercatori, con ARIA sarà possibile stabilire un nuovo ciclo produttivo che tenga viva la tradizione mineraria del Sulcis-Iglesiente.

    Il progetto fa parte di un insieme di interventi  che potrebbero garantire un futuro alla miniera: c’è l’attività di gestione della discarica per conto della centrale Enel; il progetto di “lisciviazione” del carbone per produrre fertilizzanti; il progetto sulla cattura dell’anidride carbonica; le possibili iniziative in campo energetico. Inoltre c’è in programma la bonifica e il recupero ambientale del sito che avrà bisogno di una decina di anni per realizzarsi.

    Da sottolineare che Aria è un impianto ad impatto ambientale zero, non è un caso, infatti, che la scelta sia caduta sulla Sardegna e in particolare, sui pozzi delle miniere sulcitane, già scavati in profondità nel suolo e per i quali occorrono solo lavori di riadattamento.

    “ARIA – ha sottolineato Fernando Ferroni, presidente dell’INFN – è un progetto che dimostra in maniera trasparente la capacità del sistema scientifico, politico, industriale, quando felicemente coordinato, di costruire delle infrastrutture che hanno una grande potenzialità a largo spettro e foriere di potenziali importanti ricadute sociali”.

    Rita Lena

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