IL REGISTRO SIAN PIEGA LE ECCELLENZE DELL’EXTRAVERGINE ITALIANO

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    “Ben vengano i controlli, sono sacrosanti. Ma così si decreta la fine delle piccole e medie aziende olivicole”.
    A parlare con franchezza tutta toscana è Giorgio Franci, uno dei più noti produttori di olio extravergine italiano. Lo fa non solo a titolo personale ma in rappresentanza di una schiera di colleghi che si distinguono per una produzione di alta qualità e per l’attenzione certosina che mettono nel proprio lavoro.
    Al centro delle loro critiche il cosiddetto Registro Sian (Sistema Informativo Agricolo Nazionale), entrato in vigore con il DM 8077/2009. In pratica si tratta di un registro telematico di carico e scarico dell’olio che, nella volontà degli estensori del decreto, doveva avere lo scopo di salvaguardare il principio di italianità dell’olio.
    “Obiettivo nobilissimo – sottolinea Antonella Pinna, produttrice sarda – ma che in Italia, a differenza che in altri Paesi, come ad esempio la Spagna nostro massimo competitor, ha avuto un’applicazione a dir poco eccessiva. Il Registro Sian, con la sua burocrazia cavillosa, costringe a un’attività quotidiana e a un dispendio di forze semplicemente impensabile per le piccole e medie aziende. Senza contare che va bene una trasparenza che garantisca legalità e rispetto delle regole, ma è assurdo chiederla in modo quasi feroce proprio a quelle aziende che si sono da tempo allineate al concetto di italianità dell’olio che sta alla base del decreto. Aziende che, a mio giudizio, dovrebbero decidersi a fare squadra, in modo da proporsi alle istituzioni come interlocutore credibile e indispensabile su tutte le questioni che riguardano il nostro comparto”.
    La richiesta di uno scarico di dati continuo, infatti, costringe a un lavoro capillare che, per aziende che spesso contano su un numero limitato di lavoratori, risulta insostenibile.
    “Senza contare l’obbligo di fornire l’elenco completo di clienti e fornitori – aggiunge Marco Viola, noto produttore umbro – che, viste le falle che purtroppo caratterizzano il mondo on line, va necessariamente a determinare un mancato rispetto della privacy che aggiunge danno al danno. Va inoltre fatto notare che questo sistema rappresenta un unico abominevole, in quanto richiesto solo a noi produttori di olio. Se avessero provato a fare una cosa del genere con i produttori di vino, si sarebbe scatenata una guerra santa. E invece sono andati a colpire un comparto già sofferente, infliggendo quello che per molti potrebbe risultare il colpo di grazia”.
    Urge quindi trovare una soluzione che, seppure nel rispetto delle regole comunitarie, non risulti penalizzante nei confronti dei piccoli e medi olivicoltori.
    “Pensiamo a un tavolo di lavoro – propongono i vari produttori riuniti per questa battaglia – intorno al quale sedere le varie parti in causa, al fine di trovare delle soluzioni condivise. Ripetiamo che noi siamo per la trasparenza, che andrebbe a premiare chi fa qualità. Ben vengano quindi degli enti di controllo, li accoglieremo a braccia aperte. Va bene anche riportare i dati richiesti ma non con la frequenza attualmente imposta. Seguiamo l’esempio di altri Paesi, onde evitare di perdere la leadership nella produzione di extravergine di qualità, settore che da sempre vede l’Italia al primo posto e che, con questa legge, rischia di veder scomparire centinaia di aziende di altissimo livello”.

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