La mostra “Il Colosseo si racconta” foto

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    Venerdì, 21 Dicembre 2018 si è inaugurata a Roma al Colosseo la mostra permanente “il Colosseo si racconta”.

    Il progetto scientifico è stato coordinato da Rossella Rea ed è stato prodotto da Electa con allestimento curato da Francesco Cellini e da Maria Margarita Segarra Lagunes. La mostra è stata realizzata in collaborazione con l’Istituto Archeologico Germanico di Roma e l’Università degli Studi di Roma Tre.

    La mostra “il Colosseo si racconta” deve considerarsi come il seguito della precedente mostra “il Colosseo. Un’icona” che ha avuto un grande successo.

    Attraverso un percorso che si snoda lungo le 12 arcate del II livello, il visitatore può ripercorrere la storia e le vicissitudini del più grande Anfiteatro dell’Impero Romano. In questa mostra i visitatori potranno seguire un percorso guidato da pannelli in tre lingue: inglese, italiano e cinese. Il racconto parte dalla costruzione fino agli inizi del Novecento, per terminare con una carrellata di immagini sul Colosseo divenuto icona universale.

    La direttrice del Parco archeologico del Colosseo, Alfonsina Russo spiega: “‘Il Colosseo si racconta’ è una prima, importante tappa del ripensamento della visita del monumento. Stiamo studiando percorsi tematici che, attraverso un’efficace segnaletica, valorizzino itinerari significativi”.

    Nella mostra  si possono ammirare oltre 400 opere che attraversano duemila anni, dalla prima epigrafe di fondazione (iniziato da Vespasiano nel 72 d.C., fu inaugurato da Tito nell’80) a quella fatta apporre da Mussolini nel 1926 alla base della Croce sull’arena, attraversando i busti dei personaggi famosi della Roma antica, mosaici, monili perduti dal pubblico, ossa di animali e anche resti di cibo degli antichi romani, reperti che ci permettono di capire che gli spettatori spendevano l’intera giornata, per assistere agli spettacoli.

    Il Colosseo, grazie a questa mostra, ci mette in luce molti aspetti, che normalmente non vedremmo, di grande importanza: infatti sono numerosi graffiti che rappresentano la vita quotidiana dei romani dell’epoca. Si vedono rappresentati nei graffiti scene di caccia e gladiatori vincitori, come se fossero delle istantanee dal passato;che ci permettono di capire cosa accadesse all’interno di un anfiteatro.

    Per l’inaugurazione dell’edificio, l’imperatore Tito diede dei giochi che durarono tre mesi, durante i quali morirono circa 2.000 gladiatori e 9.000 animali. Mentre per celebrare il trionfo dell’Imperatore Traiano sui Daci vi combatterono 10.000 gladiatori.

    Dopo il sacco di Roma del 410, fattodai Visigoti di Adalrico,gli ultimi combattimenti tra gladiatori sono testimoniati nel 437, quando l’imperatore Onorio proibì i giochi dei gladiatori e quindi da allora in poi si poterono tenere solamente venationes, giochi di caccia. Le vanationes proseguirono fino a sotto Teodorico,nel 523, dopo di chè iniziò un periodo di abbandono e riutilizzo dell’anfiteatro.

    Gli scavi dei collettori fognari del Colosseo hanno restituito resti di scheletri di numerosi animali domestici e selvatici, tra cui orsi, leoni, cavalli, struzzi, oltre a monete e oggetti utilizzati dagli antichi romani per puntare nelle scommesse d’azzardo.

    Dopo l’oblio, infatti, il Colosseo fu adibito nel VI secolo ad area di sepoltura e poco dopo utilizzato come castello. Tra il VI e il VII secolo fu fondata all’interno del Colosseo una cappella oggi nota come chiesa di Santa Maria della Pietà al Colosseo. Il Colosseo venne danneggiato da un terremoto nell’847. Poi sopraggiunse il terribile terremoto del 1349 checomportò il collasso dell’anello di facciata esterno nel lato sud, poiché venne costruito su un terreno alluvionale e quindi instabile.  A causa dei crolli il Colosseo venne usato come una cava di travertino e di materiali ma nel XIII secolo fu occupato da uno dei palazzi-fortezza dei Frangipane, successivamente demolito, ma il Colosseo continuò ad essere occupato da altre abitazioni. I blocchi di travertino furono sistematicamente asportati nel XV e XVI secolo per nuove costruzioni, e blocchi caduti a terra furono ancora utilizzati nel 1634 per la costruzione di Palazzo Barberini e nel 1703, dopo un altro terremoto, per il porto di Ripetta. Con il perdersi delle notizie sull’Anfiteatro Flavio, sorsero numerose leggende come torre di Bbele, luogo del Colosso di Rodi, ed altre, tutte esposte dalle copie dei dipinti del ‘500 che vedono il Colosseo con forme fantasiose che risentono l’influenza della fantasia popolare.

    La più inquietante credenza popolare è quella del Tempio di Belzebù che sarebbe stato costruito dentro al Colosseo; Belzebù era un demone potente e nella cerimonia di iniziazione i suoi adepti ponevano ai neofiti la domanda in latino “Coliseum?” cioè “Adori Lui?” riferito al demone e questa, secondo alcuni, sarebbe, sempre secondo la superstizione popolare, all’origine etimologica della parola Coliseum. Mentre, ovviamente, l’origine etimologica dell’appellativo Colosseo dato all’Anfiteatro Flavio nel Medioevo è da ascriversi alla vicinanza con la statua colossale di bronzo che fece realizzare Nerone.

    Solo nell’1800, con Papa Pio VII Chiarmonti, il Colosseo venne restaurato e iniziò a divenire l’luogo d’interesse turistico e non più luogo screditato dai cristiani e bollato come malefico.

    La mostra, Il Colosseo si racconta, espone, come anche la precedente, il Colosseo. Un’icona, l’influenza del Colosseo nella cultura dell’Italia del ‘900 e nel periodo fascista ed al giorno d’oggi.

    Continuando il percorso si accede ad un’altra interessante mostra dal titolo “Roma Universalis. La dinastia venuta dall’Africa”. Questa ulteriore mostra tratta della dinastia dei Severi che resse l’Impero Romano dal 193 al 235.

    Con l’inizio del nuovo anno verrà pubblicata una nuova guida, a cura di Rossella Rea, nella quale saranno presentati i risultati degli scavi più recenti.

    Emiliano Salvatore

     

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