La rivoluzione delle cheche, sdoganata dalle nuove generazioni

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    In cotone o in seta pregiata, in tessuto, lino, pashmina e cashmere, in maglia lavorata, traforata, ricamata. Si chiamano cheche o kefiah, particolari foulard a tre punte, che si annodano al collo, ma possono anche servire per coprire il capo. È l’ultima moda delle fashion victim. Un trend importato dall’Oriente. Rivisitato, corretto. In tempi non sospetti, nel lontano 2006 dalla maison Balenciaga che, sulle passerelle parigine, faceva sfilare su abiti haute couture sofisticati kefiah. Sedotto, ammaliato anche Yves Saint Laurent, il grande stilista francese originario della città di Orano, in Tunisia, che ha sempre citato nelle sue collezioni culture e tradizioni di una terra mia dimenticata. E alle signore Tuareg Giorgio Armani ha dedicato la sua collezione autunno-inverno. Esplosione di blu e di turbanti, liberamente ispirati alla moda del deserto, a Ingres, a Poiret. E se la kefiah è oggi un capo unisex, indossato forse più da giovani fanciulle che da ragazzi palestrati, all’origine era nato per proteggere i popoli erranti dei deserti mediorientali dai raggi del sole, dal vento e dalla sabbia. Nel 1936 si trasformò in un simbolo di protesta, da parte del popolo palestinese, contro la colonizzazione inglese. In Europa la kefiah giunge intorno agli anni ’80. Saranno i punk a sdoganarlo prima di diventare l’alfiere di una moda giovanilistica e libertaria. Amato da stilisti e storiche griffe oggi la kefiah è ritornata di prepotenza sulle passerelle del pret-à-porter, ma anche su quelle più aristocratiche dell’haute couture. Addio ai colori tradizionali, il bianco e nero, il rosso e il bianco, sempre a scacchi o con disegni geometrici, che secondo la tradizione risalirebbero ai tempi dell’antica Mesopotamia, oggi quel tradizionale accessorio si è trasformato in una capo insostituibile. Ha perso in parte tutto la vogua anarchica, per trasformarsi in un simbolo democratico ed egualitario. La griffe francese ‘Le Comptoir’ si rifà agli antichi foulard della nonna, lavorati all’uncinetto, a triangolo e coloratissimi, anche Burberry’s li rilancia sul mercato, come Patrizia Pepe, in cotone fantasia bordati di perle. E per gli amanti delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia c’è anche la keffiah tricolare da acquistare su internet a prezzi accessibili a tutti. E se per molte ragazze la kefiah è diventata un vezzo, un divertimento, un accessorio da esibire e ostentare, come le perle delle nonne un tempo, non tutti sanno, forse, che la rinascita della kefiah si deve al cinema intorno agli anni ’60. Immortalata da Peter ÒToole nel film diretto da David Lean e vincitore di 7 Oscar, ‘Lawrence d’Arabia’, da Rodolfo Valentino ne ‘Lo sceicco’ e ne ‘Il figlio dello sceicco’. Nel 2009 da Benedetto XVI durante un’udienza a Piazza San Pietro. Un dono da parte di un’ammiratrice.

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