La sora Eufemia e la politica a cinque stelle

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    La metro capitolina è, per l’ascoltatore discreto, ma attento, un crogiuolo di ispirazione, di opinioni sui più vari problemi che affliggono il Belpaese e sul vasto mondo in generale. Uno scribacchino come me è, per definizione, un attento ascoltatore ed un osservatore indefesso che esercita costantemente la propria memoria, unico block notes sempre a disposizione, in barba a tablet e smartphone.

    Così anche stamattina, al tempo dei Grilli in Parlamento, ascoltavo sornione, ostentando una sonnolenza da pendolare stravolto dal lunedì lavorativo, ma con le orecchie ben “appizzate”, come si dice a Roma.

    Ed ecco, immancabile, giungermi la vox populi – quella che io chiamo “l’opinione de sora Eufemia” – la voce della pancia dei romani che utilizzano quei minuti tediosi sui luridi vagoni, quando non si isolano con libri e cuffie varie, per dire la loro sul mondo e sulla vita.

    A Londra hanno Hyde Park e lo Speakers’ Corner, a Roma abbiamo la metro B, ma tant’è.

    Lapidario il giudizio emesso dalla matrona di turno: “Aò speramo che co’ quello (Grillo) se danno na svejata, sinnò sti qqua facevano…come se dice…fifti fifti si…aò se metteveno sempre d’accordo e mò cco quello je se so sparijate le carte”.

    Sparigliare le carte, esattamente.

    Il Popolo è stufo, non v’è dubbio: dal crollo della mai rimpianta – ma siamo sicuri di questo?- Prima Repubblica, le “novità” politiche si sono susseguite stancamente (Lega, Forza Italia, Ulivo, Unione, PDL, PD ecc.), ma immancabilmente hanno prodotto cocenti delusioni. M5s è destinato alla stessa fine o sarà in grado almeno di introdurre alcuni cambiamenti nello stantio sistema politico istituzionale italiano?

    Prima o poi i grillini dovranno frinire da poltrone di peso: opteranno per una cinica aderenza al proprio “non statuto” e per la via dell’Aventino? Il problema può essere soltanto rimandato. L’alternativa è sporcarsi le mani col potere adesso. Prima o poi, quindi, esercizio del potere. Tertium non datur.

    Non sfugge a chi scrive che la mole di riforme necessaria a riconfigurare la macchina pubblica vada ben oltre la semplice importazione di facce pulite e pie intenzioni nelle Aule Parlamentari.

    Intanto occorrerebbe una scelta di fondo che nessun partito o movimento sembra voler fare: cosa si vuole che sia l’Italia? Uno stato di tipo liberale alla anglosassone? Una socialdemocrazia in salsa nordeuropea? Una forma originale e ammodernata di neocorporativismo? O che altro? Invece si cincischia.

    Seguono altre questioni de minimis (sto ironizzando): riforma degli organi costituzionali – camere più snelle e produttive, sfiducia costruttiva- poi nuovo modello di governance dello Stato centrale, nuovo sistema di misurazione e di rappresentazione delle pubbliche finanze, nuovo modello amministrativo che superi il bisunto sistema ministeriale tanto caro ai Bonaparte (e siamo nel 2013), nuovo sistema delle autonomie locali che premi i comuni, elimini le provincie e trasformi le Regioni in strutture leggere di coordinamento, togliendo loro la sanità, nuovo modello di relazioni industriali per il pubblico impiego, nuove politiche di investimenti mirate a far leva sui fondi comunitari per superare il baratro infrastrutturale fra Sud Italia resto dell’Europa, nuovo modello di sicurezza che riorganizzi le N forze di polizia.

    E sono i primissimi punti che vengono in mente.

    Un dato è certo: il Paese ha bisogno di una guida, di una guida che abbia soluzioni nuove per vecchi problemi, una guida che superi il dramma dei personalismi politici che hanno avvelenato l’ultimo ventennio di vita pubblica, una guida che sappia guardare avanti di dieci, quindici anni e non con una prospettiva trimestrale.

    Altro dato certo: questa guida non può, oggi, venire da nessuno dei protagonisti della politica attualmente presenti nelle convocande Camere, il che significa che gli Italiani, nel profondo della loro coscienza, non hanno ancora deciso di comportarsi da cittadini e di smettere di essere tifosi.

    Nel frattempo il declino avanza.

     

     

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