L’anello di Ponzio Pilato è stato ritrovato vicino a Betlemme
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Un anello in bronzo di 2000 anni fa è stato portato alla luce nella campagna di scavi del 1968-1969, sotto la direzione dell’archeologo Gideon Foerster nella sezione a ridosso dell’Herodion, la monumentale tomba di Erode il Grande che si trova in Cisgiordania, vicino a Betlemme. La fortezza-tomba dell’Herodion fu costruita dal re Erode il Grande che le diede anche il nome. Dopo la sua morte nel primo secolo, divenne un enorme luogo di sepoltura. Ma la parte superiore del complesso continuò ad essere utilizzata da funzionari romani che governavano la Giudea in quel periodo. È probabile che Pilato abbia usato l’Herodion anche come quartier generale amministrativo del governo centrale.
Solo ora, grazie alle più sofisticate tecnologie, è stato possibile decifrare l’iscrizione. Così appare un grande vaso, un Krater, con intorno un nome Πιλᾶτο [Pilato] che significa “di Pilato”.
Ponzio Pilato era il governatore romano della Giudea tra il 26 ed il 36 dopo Cristo. Passò alla storia per il suo celebre gesto di lavarsi le mani( vangelo secondo Matteo), gesto plateale che spesso lo fa essere accusato d’ignavia. Anche se c’è da dire che Dante, nel suo viaggio, non trova in nessuno dei tre regni Ponzio Pilato, se non si identifica nel procuratore romano l’ignavo che: “fea per viltadelo gran rifiuto” (Inferno III, 60), che si ritiene con più probabilità essere Papa Celestino V. Comunque Dante di Pilato non ebbe un gran concetto, se chiamò Filippo il Bello nuovo Pilato (Purgatorio XX, 91) per aver lasciato Bonifacio VIII in balìa dei Colonna che lo insultarono ad Anagni.
A ben guardare il Vangelo non dedica che poche righe alla figura di Ponzio Pilato, pure, di non molte parole, quest’uomo è diventato una delle figure più conosciute della storia dell’umanità, il personaggio chiave, sul quale si sono rivolte un’infinità di riflessioni, di ipotesi, di giudizi, di rappresentazioni artistiche.Addirittura nelle prime comunità cristiane si narrò anche che Pilato, convertitosi e pentitosi, fosse morto martire cristiano. La Chiesa copta lo venera ancora tra i suoi santi e lo festeggia il 25 giugno.
Nella storia al di fuori dei Vangeli parlano di Pilato diversi storici, grazie ai quali abbiamo alcune informazioni su di lui. Sappiamo che Pilato successe a Valerio Grato il 26 d. C. Flavio Giuseppe, il più importante storico ebreo, e Filone di Alessandria ma è anche nominato da Tacito (Annal., XV, 44).
Origini, storia e personalità di Ponzio Pilato
Il“nomen” Ponzio sembrerebbe accennare a un’origine sannita, il “cognomen” Pilato non può derivare da pileus( cappello di liberto, sciavo affrancato )bensì da pilum, giavellotto, dardo; il praenomen non ci è stato tramandato. Pilato doveva appartenere, come gli altri procuratori, all’ordine equestre, ordine dei cavalieri.
Una lettera del re Erode Agrippa I (in Filone, Legatio ad Caium, 38) lo descrive come “implacabile, senza riguardi, ostinato”. Governò duramente, prelevando denaro dal tesoro del Tempio, collocando nel palazzo di Erode scudi d’oro con iscritto il nome dell’imperatore (finché, per ordine di questo, li trasferì in un tempio a Cesarea).Sappiamo anche di stragi fatte compiere dai suoi soldati tra le folle: una, in occasione dei lavori dell’acquedotto del tempio di Gerusalemme, pagata con i soldi del tempio. (daFlavioGiuseppe, Antichità giudaiche., XVIII, 3, 2); un’altra in circostanze ignote (Luca, XIII,1); una terza a danno dei Samaritani che avevano messo in atto la rivolta del monte Garizim. Questa segnò la sua rovina: i Samaritani infatti reclamarono presso Vitellio, legato romano in Siria, da cui P. Pilato dipendeva, e Vitelliodecise di sospenderlo dall’incarico, inviandolo a Roma a rispondere del suo operato al tribunale di Tiberio.Secondo fonti non storiche sappiamo che l’imperatore Caligola lo mandò in Gallia nel 41.Secondo Eusebio di Cesarea, citando degli scritti apocrifi, Pilato non ebbe fortuna sotto il regno di Caligola e si suicidò nella città gallica di Vienne.
Una importante testimonianza storica, al difuori dei Vangeli, ci viene fornita dallo storico ebreo Giuseppe Flavio che racconta il processo subito da Gesù d’avanti a Pilato :“Ci fu verso questo tempo Gesù, uomo saggio, se pure bisogna chiamarlo uomo: era infatti autore di opere straordinarie, maestro di uomini che accolgono con piacere la verità, ed attirò a sé molti Giudei, e anche molti dei greci. Questi era il Cristo. E quando Pilato, per denunzia degli uomini notabili fra noi, lo punì di croce, non cessarono coloro che da principio lo avevano amato. Egli infatti apparve loro al terzo giorno nuovamente vivo, avendo già annunziato i divini profeti queste e migliaia di altre meraviglie riguardo a lui. Ancor oggi non è venuta meno la tribù di quelli che, da costui, sono chiamati Cristiani.”(Da Antichità giudaiche 18:3:3)
La scoperta del nome sull’anello sigillo
Riguardo alla questione dell’appartenenza dell’anello-sigillo e del nome di Pilato si cerca di capire se appartenesse e fosse portato al dito proprio da Pilato, il Ponzio Pilato descritto dai vangeli e dagli storici.Tutto, fino ad ora, sembra convergere sul nome del procuratore romano Ponzio Pilato che processò Gesù.
Come ha confermato il professor Danny Schwartz della Hebrew University di Gerusalemme:“Quel nome era raro nell’Israele di quei tempi. Non conosco nessun altro Pilato di quel periodo e l’anello mostra che era una persona di rango e benestante”. (Da fonte Haaretz)
Tuttavia avverte Porat, direttore del sito archeologico : “è importante pubblicare articoli scientifici cautamente. Ma, tuttavia, noi abbiamo un anello con inciso sopra il nome di Pilato e la connessione con il personaggio storico nasce spontanea.”
Secondo la Di Segni,esperta epigrafista, intervistata da Terrasanta.net : “La storia di questo oggetto è curiosa, anche se non troppo straordinaria per la mia vita di epigrafista. Una mia collega dell’Istituto di Archeologia e un’altra studiosa si stavano occupando di questo anello rimasto a lungo dimenticato tra i materiali meno importanti della fortezza. Una volta pulito e fotografato, hanno ingrandito le foto per studiare l’anfora che appare sul castone e hanno avuto l’impressione che vicino ad essa ci fosse scritto qualcosa”. Proseguendo, la professoressa di epigrafia greca, dell’Università ebraica di Gerusalemme, afferma: “In questo caso, la richiesta è stata avanzata con una certa titubanza perché non si era sicuri che ci fosse davvero scritto qualcosa: il castone è piccolissimo, di soli 8 x 9 millimetri. Non è stato semplice identificare lettere di dimensioni minime e un po’ deformate su un lato. Ho cercato di convincermi che non ci fosse scritto “Pilato” ΠΙΛΑΤΟ(Υ) , d’altra parte il nome è conosciuto solo in relazione a Ponzio Pilato. “È possibile che voglia far visita proprio a me?”, mi sono domandata. Ma è proprio quello che c’è scritto: “Appartenente a Pilato”. L’anello è un sigillo. In sé, è un oggetto di scarso valore e non penso che un prefetto si sarebbe degnato di usarlo. Tuttavia, potrebbe essere appartenuto a un suo segretario o servitore incaricato di marcare qualcosa col nome del governatore: non documenti importanti, ma forse oggetti riservati al suo uso. Lo strato in cui l’anello è stato trovato contiene materiale che conferma il periodo, il primo periodo romano” conclude la professoressa Di Segni.
Secondo Roi Porat, però, Pilato portava al dito un anello d’oro nelle cerimonie ufficiali e un semplice anello per uso quotidiano.
Il nome su di esso è stato individuato dopo un’accurata pulizia, ed è stato possibile fotografarlo con l’uso di una macchina fotografica speciale presso i laboratori dell’Autorità israeliana di antichità dal professor Shua Amurai-Stark e da MalchaHershkovitz.
Gli autori dello studio recentemente pubblicato sull’Israel Exploration Journal suggeriscono che il sigillo potrebbe anche essere appartenuto a uno dei funzionari di Pilato, o a un membro della sua corte, che lo avrebbe usato per firmare per conto del governatore. D’altro canto, il nome di Pilato potrebbe anche essere stato assegnato a un membro della sua famiglia oppure a uno dei suoi schiavi al quale era stata restituita la libertà.
L’oggetto, quasi sicuramente è un sigillo, è comunque di fattura semplice, ciò indurrebbe a pensare che il funzionario romano lo portasse tutti i giorni e non solo in occasione di eventi speciali. Quindi forse lo portava al dito quando ci fu il processo a Gesù.Ma l’importanza della scoperta archeologica è dovuta al fatto che si tratta della seconda attestazione archeologica, dopo l’iscrizione di Cesarea marittima, del nome del rappresentante imperiale di cui scrivono i vangeli e gli storici.
Emiliano Salvatore