Le età dello sport, i consigli degli esperti del Bambino Gesù

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    Layout 1Praticare attività individuali nei primi anni di età. Dopo, vanno bene anche i giochi di squadra o discipline specialistiche come tennis e tiro con l’arco. L’80 per cento dei malati cronici può praticare attività fisica, con le opportune precauzioni

    Per i più piccoli il rientro dalle vacanze spesso coincide con la scelta dello sport da praticare durante l’anno, mentre i più grandi, in genere, proseguono l’attività decisa in precedenza. Secondo le indicazioni degli esperti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, l’attività nei primi 4, 5 anni di vita deve favorire la conoscenza del proprio corpo nello spazio. In seguito, si possono cominciare a praticare anche sport più specialistici e di squadra. Fondamentale la certificazione medico-sportiva: riguarda anche i piccoli pazienti affetti da malattie croniche che vogliono praticare lo stesso un’attività fisica.

    Ai bambini già in età prescolare si può proporre il nuoto. Uno sport completo, che viene praticato fin da piccoli poiché per il bambino l’acqua è l’ambiente più naturale e congeniale. Oltre a questo, fino ai 7-8 anni sarebbe opportuno praticare attività quali atletica leggera (marcia, corse, salti, lanci) oginnastica. Quelle in cui il piccolo impara ad utilizzare il proprio corpo nello spazio e migliora la coordinazione neuromotoria.

    Le discipline sportive collettive (calciopallavolopallacanestropallanuoto , rugbypallamano e hockey) sono in genere apprezzate dai bambini sopra i 7 anni poiché coniugano impegno atletico, aspetto ludico e spirito di squadra. Collaborare tutti assieme per raggiungere il risultato, è un messaggio che viene codificato a partire da questa fascia di età e non prima. Gli sport individuali (ginnasticascinuotociclismocanottaggioschermaarti marziali eccetera) richiedono la capacità di resistere alla fatica, la capacità di concentrazione, il senso di responsabilità.

    Oltre i 9-10 anni ci si può accostare anche a discipline più specializzate, che richiedono anche il contemporaneo utilizzo di un attrezzo, come avviene ad esempio nella scherma, nel tennis e nel tiro con l’arco. Nel caso di sport che sollecitino in modo particolare la schiena (ad esempio la danza e la ginnastica artistica) è utile abbinare una pratica in grado di “compensare” e ridistribuire l’impegno.

    «Un passaggio fondamentale – spiega Attilio Turchetta, responsabile di Medicina dello Sport all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù – è quello della certificazione medico-sportiva. Abbiamo una legge molto efficace, integrata da regolamenti regionali, che oltre al medico dello Sport, assegna anche al pediatra di famiglia e al medico di base (sempre con costi contenuti) il compito di rilasciare il certificato non agonistico. E’ invece compito esclusivo del medico dello Sport rilasciare la certificazione agonistica. Perseguire uno stile di vita corretto attraverso l’attività sportiva è considerato un obiettivo così importante, che in numerose Regioni tutti i test a pagamento previsti per il rilascio della certificazione agonistica sono esenti dal ticket fino ai 18 anni».

    L’Ospedale Bambino Gesù ha predisposto da tempo una Struttura di Medicina dello Sport dedicata alla valutazione funzionale e alla certificazione medico-sportiva  di piccoli pazienti affetti da varie patologie croniche quali, ad esempio, cardiopatie congenite operate e non operate, malattie oncologiche, renali, polmonari o  neuromuscolari.  «In questo modo – dichiara il dottor Attilio Turchetta – si permette ad oltre l’80% dei bambini con malattia cronica di praticare un’attività fisica che può essere anche parte del piano terapeutico. Praticare sport produce un incremento dell’autostima tale da superare molte delle difficoltà che una malattia crea».

    Non c’è uno sport specifico da consigliare ad un bambino affetto da malattia cronica: «Si cerca di seguire le inclinazioni e le aspirazioni del bambino evitando quelle che possono essere le attività pericolose in rapporto alla malattia. Per esempio: un bambino portatore di pace-maker dovrà evitare gli sport di contatto (tuffi,arti marziali, rugby ecc.) così da non rischiare eventuali traumi sul dispositivo. Potrà invece praticare in sicurezza il tennis, sport nel quale gli atleti sono separati da una rete e non si prevedono contatti fisici».

     

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