Morte in diretta: stella fatta a pezzi da un buco nero

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    Morte in diretta: stella fatta a pezzi da un buco nero –

    Sembrava un’esplosione di supernova. Ma un gruppo di astronomi, tra cui Marco Bondi dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) è riuscito a scoprire che quel segnale proveniente da Arp 299, una coppia di galassie in collisione a circa 150 milioni di anni luce da noi, era in realtà prodotto  da una piccola stella che veniva fatta a pezzi da un buco nero supermassiccio, 20 milioni di masse solari, annidato nel nucleo di una delle due galassie.

    Il  fenomeno che porta alla disgregazione delle stelle è piuttosto raro ed è noto come “evento di distruzione mareale” (Tde, dalle iniziali dell’inglese tidal disruption event) e si verifica quando una stella viene catturata dal buco nero supermassiccio tramite la sua attrazione gravitazionale: le forze mareali deformano la stella, la fanno a pezzi creando un flusso di detriti che poi cadono verso il buco nero.

    Gli astronomi pensano che il materiale strappato alla stella forma un disco in rotazione attorno al buco nero, che lancia getti energetici verso l’esterno a una velocità prossima a quella della luce.

    “Mai prima d’ora siamo stati in grado di osservare direttamente la formazione e l’evoluzione di un getto creato da uno di questi eventi”, spiega Perez-Torres dell’Istituto di Astrofisica di Andalusia in Spagna che, insieme a Seppo Mattila dell’Università di Turku in Finlandia,  ha guidato il gruppo di 36 scienziati provenienti da 26 istituzioni internazionali che hanno partecipato alla ricerca pubblicata su Science.

    La prima osservazione dell’evento ( Tde), di cui non si era però capita la natura,  è stata fatta, nella banda dell’infrarosso,  molti anni prima, nel 2005.

    Solo nel decennio successivo, grazie all’analisi dei dati nel radio, nell’X ed anche nell’ottico ottenuti con la tecnica Very Long Baseline Interferometry (VLBI) – che consiste nell’osservazione simultanea da parte di molti radiotelescopi sparsi in diversi continenti che puntano la stessa regione di cielo –  si è capito che quelle forti emissioni nel radio erano prodotte da un Tde e che l’area dell’oggetto da cui provenivano le emissioni radio si stava espandendo verso una direzione specifica, formando un allungamento chiamato “getto” che si stava muovendo ad una velocità pari ad un quarto quella della luce.

    “I tidal disruption event – spiega Marco  Bondi –  sono eventi molto rari da osservare. Fino ad oggi si trovano solo un paio di casi segnalati in letteratura. Quello rilevato nella galassia Arp 299 ha un’ulteriore peculiarità: per la prima volta si è potuto osservare, in diretta,  anche la creazione di un getto radio prodotto dal fenomeno di rapido accrescimento ed è stato possibile seguire la sua evoluzione su un arco di tempo di diversi anni, grazie anche al contributo dei radiotelescopi dell’INAF che hanno osservato congiuntamente alla rete europea e americana”.

    Rita Lena

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