E’ morto il giornalista e scrittore Vittorio Zucconi

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E’ morto il giornalista e scrittore Vittorio Zucconi. Aveva 75 anni. L’annuncio sul sito di Repubblica.

“Una perdita enorme per il giornalismo italiano e non solo. Colto, ironico, poliedrico, la voce e la penna di Vittorio Zucconi manchera’ moltissimo a tutte e tutti noi”. Lo scrive su twitter la senatrice Pd Valeria Fedeli.

“Addio a Vittorio Zucconi, grande testa, grande penna. Per me un punto di riferimento”. Lo scrive su twitter Davide Faraone (Pd).

Biografia (Wikipedia)

Vittorio Zucconi nacque a Bastiglia (provincia di Modena), figlio di Guglielmo Zucconi, giornalista (fu direttore della Domenica del Corriere e del Giorno) e deputato della Democrazia Cristiana, e fratello di Guido.

Dopo l’infanzia trascorsa a Modena[1], si trasferisce con la famiglia a Milano, dove studia al Liceo Parini. Zucconi collabora al giornalino del liceo La zanzara[2], fino a diventarne direttore. Al Parini, Zucconi conosce e convince a collaborare con La zanzara Walter Tobagi, futuro giornalista del Corriere della sera, poi assassinato dal gruppo Brigata XXVIII marzo. Zucconi si iscrive quindi all’Università degli Studi di Milano, dove si laurea in Lettere a indirizzo moderno con tesi in storia sui movimenti anarchici italiani.

Zucconi comincia la professione giornalistica nei primi anni Sessanta come cronista di nera al quotidiano La Notte di Milano, sulle orme del padre. Assunto nel 1969 come redattore a La Stampa, diventa corrispondente, prima da Bruxelles e successivamente da Washington sempre per La Stampa, da Parigi per la Repubblica, da Mosca per il Corriere della Sera durante il periodo della Guerra Fredda e dal Giappone ancora per La Stampa dopo essere tornato a Roma nel 1977 per seguire gli anni del Terrorismo Rosso, e l’omicidio Moro. Tra gli scoop si segnala per la scoperta del caso Lockheed (1976), lo scandalo degli aerei C130 venduti all’Italia grazie alle tangenti versate a generali e ministri[3], per il quale l’allora presidente della repubblica Giovanni Leone fu costretto a dimettersi.

Nel 1985 Zucconi si trasferisce definitivamente a Washington, dove ricopre l’incarico di editorialista dagli Stati Uniti per la Repubblica e dove vivrà fino alla morte. Dall’esperienza nata dal suo lavoro come corrispondente e inviato speciale ha tratto il libro Parola di giornalista.

Il 14 settembre 1989 Zucconi descrive la visita negli Stati Uniti di Boris Eltsin[4], dandone una pessima immagine e descrivendolo come un uomo dedito all’alcol. L’articolo viene ripreso anche dalla Pravda sollevando aspre polemiche in Unione Sovietica tanto che la Pravda è costretta, dopo la smentita dell’entourage di Eltsin, a scusarsi [5]. L’articolo, come ammesso poco dopo dallo stesso Zucconi[6], conteneva diverse inesattezze. La vicenda viene ripresa anche dal New York Times e dal Washington Post[6]; la giornalista Eleanor Randolph critica aspramente il modo in cui Zucconi ha realizzato l’articolo per lo più basato su fonti de relato e con molti errori[7]. Zucconi nel suo libro Parola di giornalista, nel ricostruire la vicenda, ammetterà di essere stato superficiale e avere riportato delle cose inesatte sulla base delle quali fu attaccato, pur sottolineando come la sostanziale veridicità dei fatti fosse comprovata da altri articoli di stampa di altre testate sia prima che dopo tale evento e che solo l’uso del suo articolo come mezzo per attaccare Eltsin avesse portato a quelle conseguenze.[8]

Zucconi è stato direttore dell’edizione web di Repubblica dalla creazione fino al 2015 ed è stato direttore dell’emittente Radio Capital fino al 2018[9]. Su quest’ultima cura una rubrica di filo diretto con gli ascoltatori, che va in onda una volta al giorno, e la trasmissione del preserale TG Zero. Cura inoltre una rubrica sul settimanale D – la Repubblica delle Donne e la rubrica Parola di Nonno sulla rivista bimestrale Kids.

Dal 2007 tenne corsi estivi di storia italiana contemporanea e di giornalismo per post laureati al Middlebury College (Vermont, USA)[10]. Insieme al padre ha scritto il libro La scommessa (1993). Una sua antologia per ragazzi, Stranieri come noi (1993), pubblicato dalla Einaudi Scuola, è stata adottata come testo di lettura per le Scuole Medie.

Zucconi è noto anche per il suo attivismo contro la pena di morte negli Stati Uniti d’America.[11][12]

Nel corso della sua carriera, Vittorio Zucconi ha ricevuto vari riconoscimenti giornalistici nazionali, tra i quali il “Premiolino”, il “Trento”, il “Max David”, l'”Estense” per la saggistica, il “Luchetta” alla carriera e il principale premio nazionale, il Saint-Vincent. Nel 2015 gli è stato conferito il Premio America della Fondazione Italia USA.

Malato da tempo[senza fonte], muore domenica 26 maggio 2019, all’età di 74 anni.

È stato sposato dal 1969 con Alisa Tibaldi. È padre di due figli, Chiara e Guido, e nonno di sei nipoti, che vivono tutti negli Stati Uniti. Dal 2002 Zucconi ha la seconda cittadinanza statunitense.

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