Osiris-Rex per cinque secondi sulla superficie dell’asteroide Bennu

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    Osiris-Rex per cinque secondi sulla superficie dell’asteroide Bennu –

    La sonda della Nasa Osiris-Rex ce l’ha fatta. E’ scesa sull’asteroide Bennu ed ha prelevato alcuni campioni di regolite, che porterà sulla Terra fra tre anni.

    “E’ il più consistente prelevamento di materiale extraterrestre  dai tempi della missione Apollo. Materiale antichissimo – sottolinea Maurizio Pajola, ricercatore all’Osservatorio astronomico di Padova dell’Inaf attivamente coinvolto nella procedura di selezione del sito di atterraggio di Osiris-Rex e nel lavoro di conteggio e catalogazione dei massi per taglia – che potrà fornirci molte informazioni sull’origine della Terra e del Sistema Solare”.

    Ieri, era da poco passata la mezzanotte in Italia, le sei di sera alla Nasa, a 331 milioni di km dalla Terra la sonda Osiris-Rex ha realizzato l’impresa mai compiuta prima dall’Agenzia spaziale americana: raccogliere frammenti d’asteroide da riportare sulla Terra.

    La manovra touch and go – nome in codice Tag, letteralmente “tocca e vai”, la procedura di raccolta del campione, della durata di soli 5 secondi  (per questo non si può parlare di un vero e proprio atterraggio) è avvenuta con successo, dopo un avvicinamento durato giorni e un rischioso atterraggio nel cratere Nightingale – “usignolo”, il più sicuro e scientificamente interessante fra i piccoli e sassosi crateri di  Bennu.

    Si tratta di un asteroide Neo (Near Earth O Object) carbonaceo primordiale, di tipo B, e prima della missione Osiris-Rex, non era mai stato osservato un oggetto simile nel dettaglio. Si ritiene che Bennu sia un “avanzo” sopravvissuto di tutti quegli asteroidi che hanno bombardato la Terra durante la sua formazione – asteroidi che, assieme alle comete, sono stati dei veri e propri mattoni primordiali che hanno portato acqua e composti organici sulla Terra durante la sua formazione.

    Obiettivo della missione raccogliere da un minimo di 60 grammi ad un massimo di due chili di polvere e materiale  superficiale. “Una volta lasciato Bennu – dice  John Robert Brucato, astrofisico dell’Inaf di Firenze, esperto di esobiologia e Sample and Contamination Control Scientist della missione – una piccola camera osserverà l’interno del sistema di raccolta (Tagsam) per verificare la presenza di materiale. Inoltre, il braccio che regge il Tagsam viene prima esteso per la sua intera lunghezza e poi piegato. Nel giro di un paio di giorni i sensori di bordo misureranno l’inerzia di Tagsam valutando così la massa del campione raccolto. Se la quantità di campione raccolto fosse inferiore a 60 grammi la Nasa deciderà, insieme al team scientifico, se fare un secondo tentativo di raccolta”.

    Le problematiche relative all’utilizzo di uno strumento come Tagsam per la raccolta di materiale dall’asteroide sono diverse e riguardano la conformazione dell’asteroide da un lato, la metodologia impiegata dall’altro.

    “La testa cilindrica di Tagsam – spiega  Maurizio Pajola – con il suo diametro esterno totale di 40 cm, interno di 25 cm, è pensata infatti per aderire completamente al suolo. La riuscita del campionamento, anche in termini quantitativi,  – aggiunge –  dipende dall’efficienza con la quale l’azoto sotto pressione sparato verso il suolo agita, solleva e cattura il materiale superficiale. Se la testa cilindrica di questa aspirapolvere al contrario si posa su una superficie piana e polverosa, l’efficienza del sistema è massima e l’azoto della bombola viene interamente impiegato nel creare turbolenza e indirizzare il materiale verso il collettore. Diversamente, parte del gas viene disperso sollevando polvere circostante”.

    Un altro problema, secondo Pajola, è costituito dalla dimensione dei massi raccolti, perché Tagsam è progettato per accogliere materiale di diametro inferiore a due centimetri. “È quindi fondamentale – conclude –  atterrare in un sito in cui, statisticamente, la composizione superficiale è polverosa e priva di sassi con dimensioni superiori a questo valore limite. Purtroppo però, il campionamento in taglia dei massi ha rivelato che la superficie è costellata di materiale di dimensioni superiori – che intaserebbero e bloccherebbero l’ingresso al sito di raccolta”.

    Un eventuale secondo Tag avverrebbe non prima di gennaio 2021 su un secondo sito di atterraggio di nome Osprey. Secondo gli scienziati, è importante che si verifichi in un sito diverso dal primo, perché essendo l’asteroide costituito da materiale incoerente, durante il primo tentativo di raccolta la morfologia è stata modificata profondamente perdendo i riferimenti superficiali a lungo studiati e utilizzati per poter atterrare in sicurezza.

    La scelta dei siti di atterraggio, poi, è stata essa stessa una sfida inaspettata. Il campo da calcio sabbioso che si pensava di trovare su Bennu si è rivelato, all’occhio più vicino e attento delle camere di Osiris-Rex, un insidioso ed eterogeneo alternarsi di piccoli crateri e massi di dimensioni variabili,  luogo del tutto inospitale per una raccolta campioni come quella progettata. Gli scienziati, comunque – previdenti nonostante gli imprevisti – hanno pensato a un sistema per raccogliere un po’ di materiale anche con il solo contatto superficiale: dei dischetti di velcro metallico che si sporcano della polvere superficiale di Bennu intrappolandola.

    “Il sito in cui è avvenuto il prelievo, il cratere Nightingale, si trova vicino al polo nord, all’interno di un cratere di circa 20m di diametro che  sembra composto da diversi materiali tra i quali minerali ricchi di carbonio – spiega Elisabetta Dotto, ricercatrice dell’inaf di Roma, membro del team scientifico di Osiris-Rex. L’eterogeneità superficiale di Bennu –  sottolinea – non è solo una complicazione ingegneristica, ma costituisce una ricchezza e un potenziale scientifico unico, frutto della storia passata dell’asteroide e della sua composizione. Vista la sua latitudine, la temperatura è piuttosto bassa e l’escursione termica è ridotta e, considerato il fatto che il cratere nel quale si trova è probabilmente piuttosto recente, si ritiene che il materiale organico,  di interesse astrobiologico, in esso presente, sia poco alterato. Il prelievo e il ritorno a Terra di un campione di Bennu – conclude –  è senza dubbio un fatto epocale, che aprirà un nuovo capitolo nella nostra conoscenza del materiale primitivo del Sistema solare e nella comprensione del ruolo che esso può aver svolto nell’innesco della vita sulla Terra”.

    Rita Lena

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