Solo il 45% degli iscritti all’Ordine degli psicologi del Lazio svolge la professione

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    Solo il 45% degli iscritti all’Ordine degli psicologi del Lazio è effettivamente occupato nell’ambito della sua professione. Siamo di fronte a un crescente fenomeno di precariato; si fa sempre più urgente, dunque, il bisogno di una riorganizzazione. Ad affrontare l’argomento, questa mattina a Roma durante il convegno ‘Un secolo di psicologià, il presidente dell’Ordine degli psicologi del Lazio, Marialori Zaccaria. Per la psicologia l’offerta di professionisti è cresciuta del 31%, fino a raggiungere quota 64 mila: uno psicologo ogni 700 abitanti. «È fin troppo evidente allora – sottolinea Nino Dazzi, professore emerito di Psicologia dinamica e presidente della Commissione per il riconoscimento delle scuole di psicoterapia – che la ‘risorsa psicologicà non viene utilizzata dalla politica proprio nei settori sociali in cui ce ne sarebbe maggiore bisogno e nelle direzioni opportune, ad esempio nel campo della psicologia della salute e della prevenzione. A questa criticità – continua Dazzi – si dovrebbe rispondere con una programmazione dell’offerta formativa pianificata secondo le esigenze territoriali». Dazzi evidenzia in proposito il «problema, che rischia di diventare drammatico, della formazione degli psicoterapeuti. L’Italia oggi ne produce più dell’intera Europa, oltre 37 mila, di cui circa due terzi psicologi e un terzo medici, pari a 0,62 per mille abitanti. La moltiplicazione delle scuole è senz’altro dannosa e soprattutto non va nella direzione che la società richiede, vale a dire verso quell’orizzonte di responsabilità sociale entro il quale si colloca il futuro della psicologia», conclude. Sulla stessa lunghezza d’onda, il Prorettore vicario dell’università Sapienza di Roma, Francesco Avallone, che ha ripercorso lo sviluppo della psicologia, prefigurando possibili scenari futuri della disciplina e della professione con riferimento alle richieste della società civile. «Una prima risposta al perchè oggi abbiamo voluto fermarci a riflettere su questo primo secolo di psicologia in Italia – spiega Zaccaria – arriva dal 44esimo rapporto Censis che, per la prima volta, si è servito di un linguaggio psicologico per descrivere il malessere profondo di un ‘paese prigioniero delle influenze mediatiche e perennemente condannato al presente, senza profondità di memoria e quindi anche di futurò. Un fenomeno evidente, sistematicamente rimosso. Si potrà cambiare solo se ciascuno tornerà a guardare dentro di sè – avverte Zaccaria – dentro la propria coscienza». A ripercorrere, poi, la storia della Società italiana di psicologia, fondata nel 1910, il senatore e professore emerito di psicologia generale, Adriano Ossicini, che la definisce «la storia di una durissima battaglia in una determinata realtà storica e culturale per il raggiungimento dell’affermazione di questa disciplina». La storia di un percorso difficile, che arriva al raggiungimento di un Albo e dell’Ordine professionale. «Rivendichiamo con orgoglio – conclude Ossicini – questo nostro percorso storico». Nonostante tutto, però, «oggi si fa ancora fatica a comprendere – dice Zaccaria – la funzione dello psicologo all’interno dei luoghi di lavoro per la prevenzione del rischio psicosociale; nella scuola, per un servizio di psicologia scolastica; nelle carceri, dove cresce continuamente il numero di suicidi e anche per frenare il processo di ‘medicalizzazione della società. Anche se dall’altro lato è evidente la crescita della domanda da parte dei singoli». Il presidente ha anche ricordato l’importante intervento degli psicologi in vicende dolorose per il nostro Paese, come il terremoto dell’Aquila e il caso dei presunti abusi sessuali nell’asilo di Rignano Flaminio. «Ma la responsabilità sociale della psicologia – dice convinta la presidente dell’Ordine del Lazio – non può limitarsi alle richieste di singole Istituzioni illuminate». «Mai come in questo 2010 – aggiunge il vice direttore generale del Censis, Carla Collicelli – anno di grande incertezza tra crisi economica e lotta politica senza risparmio di mezzi, si è sentita l’esigenza di tentare di descrivere cosa siamo diventati nelle fibre più intime della società, ricorrendo anche a una strumentazione concettuale di tipo psicologico e psicanalitico». «L’occasione è particolarmente propizia – prosegue Collicelli – per una riflessione sull’inconscio della società italiana di inizio millennio, una società della diffusa e inquietante sregolazione pulsionale, dell’egoismo autoreferenziale e narcisistico, dell’attrazione del vuoto simbolicamente evidente nel ‘balconing’ come nell’anoressia. Il problema di fondo è allora proprio il declino della legge e del desiderio nell’inconscio collettivo, per l’eccessivo appagamento, per la labilità dei riferimenti normativi e per la desublimazione degli archetipi, dalla figura paterna alla responsabilità delle coscienze. Quale migliore spazio per una sana psicologia collettiva, di gruppo e individuale? Ma con quali modalità – si chiede – è possibile mettere a disposizione della società questa risorsa?». Una risposta arriva da Marialori Zaccaria: «In Parlamento giacciono molte proposte di legge per la creazione della figura dello psicologo scolastico, che ci allineerebbe al resto d’Europa, sull’accesso alla psicoterapia in convenzione, sullo psicologo di base. Tutte battaglie che vedono l’Ordine in prima linea nella tutela della qualità della professione e per la tutela dell’utenza. Alla responsabilità sociale, che la Costituzione ci impone in quanto cittadini, noi dobbiamo aggiungere quella specifica della nostra professione».

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