Trump incontra i big della Silicon Valley

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    Incontro produttivo tra il neo Presidente USA e i Giganti della Silicon Valley. Nel celebre e oramai famoso palazzo e quartier generale del tycoon, situato nel cuore di Manhattan, Trump incontra i più importanti top manager della tecnologia. Se durante la campagna elettorale il neo Presidente era il nemico numero uno delle imprese digitali ora, a distanza di qualche mese dalla vittoria, sembra che i dissapori non siano mai esistiti.

    Trump incontra i big della Silicon Valley e intanto nomina l’ambasciatore americano in Israele

    Trump

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    Diverbi da parte di alcuni manager della Silicon, soprattutto per questioni che riguardavano l’immigrazione , i rapporti commerciali con la Cina e la privacy digitale. Divergenze che avevano portato a non sostenere e a non aiutare l’amministrazione Trump al tempo della campagna elettorale insieme a seicento impiegati di compagnie tecnologie che avevano rifiutato di sostenere l’allora candidato repubblicano.

    Ma i maggiori problemi si erano avuti con Jeff Bezos, fondatore di Amazon e proprietario del Washington Post, finito nel mirino del miliardario americano con l’accusa di sfruttare il controllo del prestigioso quotidiano per ottenere vantaggi fiscali per la società di e-commerce e per attaccare i repubblicani. Bezos, per tutta risposta, aveva offerto a Trump un viaggio su un razzo della sua compagnia spaziale, Blue Origin.

    Trump incontra i big della Silicon Valley: accordi commerciali

    “Faremo accordi commerciali equi e renderemo più semplice per voi commercializzare all’estero. Ci son molte restrizioni, molti problemi che penso voi vediate” ha detto Trump ai manager presenti all’incontro.

    C’è da dire che la Silicon Valley ha sempre avuto un buon rapporto con il Presidente uscente Barack Obama e di conseguenza ha sempre sostenuto la democratica Hillary Clinton alle presidenziali dell’8 novembre. Eric Schmidt di Alphabet, è stato fotografato la notte elettorale al quartier generale di Clinton con un badge riservato allo staff. Musk di Tesla, invece, prima delle elezioni, in alcune interviste aveva dichiarato che il carattere di Trump non era attinente con il modello degli Stati Uniti. Tuttavia, nonostante queste tensioni, il tycoon ha poi nominato lo stesso Musk nel Consiglio di consulenti per gli affari.

    Chi invece mancava alla riunione era Jack Dorsey, Ceo di Twitter. Il social è sempre stato il preferito da Trump. Ma come mai allora l’assenza? Secondo lo staff, Twitter non sarebbe stata invitata a partecipare perché considerata una società piccola, con una capitalizzazione di mercato di 13,85 miliardi di dollari. Più piccola dunque di Facebook e Amazon, compagnie invece presenti all’incontro alla Trump Tower a New York. I pettegolezzi non si fanno però attendere. C’è chi attribuisce il mancato invito a vecchi asti risalenti alla campagna elettorale. A suo tempo, lo staff di Trump si era offerto di pagare per avere una emoji. Ogni qual volta gli utenti avessero utilizzato l’hashtag #Crooked Hillary (Hillary corrotta), una emoji sarebbe comparsa sui tweet durante il secondo dibattito per le presidenziali. Twitter però aveva gentilmente declinato. Da qui, il mancato invito. Nonostante questo l’incontro con i big della Silicon sembrerebbe andato bene. “Sono qui per aiutarvi”, ha detto Trump durante la riunione. “Vogliamo che andiate avanti con innovazioni incredibili. Non c’e’ nessuno come voi al mondo”.

    Nel frattempo Trump, nonostante ancora non si sia insediato alla casa Bianca, ha nominato il nuovo ambasciatore americano in Israele. Si tratta dell’avvocato David Friedman, consigliere del tycoon durante la campagna elettorale per gli affari Usa-Israele. Friedman ha dichiarato di voler “lavorare instancabilmente per rafforzare l’indistruttibile vincolo tra i nostri due Paesi e far avanzare la causa della pace nella regione”. Trump, rivolgendosi al nuovo ambasciatore ha affermato che  “Le sue forti relazioni in Israele costituiranno le fondamenta della sua missione diplomatica e saranno uno straordinario asset per il nostro Paese mentre rafforzeremo i legami con i nostri alleati e ci batteremo per la pace in Medio Oriente”.

    Unico nodo ora da sciogliere riguarda la sede dell’Ambasciata Americana in Israele. Sono 68 anni che l’ambasciata si trova a Tel Aviv, visto che gli Usa come le altre potenze mondiali non riconoscono Gerusalemme come capitale israeliana.  Ma indiscrezioni parlano di un ritorno a Gerusalemme, un gesto auspicato dallo stesso Friedman, anche se Trump non è ancora pronto a compiere.

    Silvia Roberto

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