Università degli Studi di Roma La Sapienza – Foto d’epoca dal Sahara libico

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    Le scene ritratte nei graffiti rupestri del Messak trovano conferma nel più antico sacrificio bovino ora attestato dagli archeologi della Sapienza

    Affondano nella preistoria neolitica sahariana alcuni antichi rituali, ancora oggi in uso in molte popolazioni pastorali africane. Lo scenario è l’altopiano del Messak in Libia sudoccidentale e i ricercatori che ne danno notizia sulla rivista PLOS ONE sono gli archeologi della Missione della Sapienza, diretta da Savino di Lernia.

    Le attività di scavo hanno permesso di individuare nell’area decine di monumenti in pietra di forma circolare, spesso decorati con graffiti di bovini domestici. Lo scavo di queste strutture ha dimostrato come esse contenessero i resti delle carcasse di buoi e la successiva analisi archeozoologica ha evidenziato come gli animali venissero sacrificati con asce in pietra, macellati e distribuiti alle persone: i resti di pasto, perlopiù ossa fratturate, venivano poi bruciati ritualmente fino alla totale calcinazione.
    Il sacrificio del bue tra le popolazioni pastorali sahariane è stato faticosamente ricostruito grazie a diversi anni di lavoro sul terreno in Libia e 4 anni di analisi di laboratorio e viene confermato quanto visibile nelle gallerie di arte rupestre del Messak: qui, i graffiti di tori uccisi, rappresentati rovesciati con persone intorno intente a macellarli, sono un’autentica ‘fotografia’ di un rituale antichissimo, che si espanderà in grande parte dell’Africa settentrionale. Lo studio condotto dall’equipe internazionale, guidata dal team della Sapienza, è tuttavia il primo a fornire un’evidenza tangibile di questo rito nella sua interezza, grazie alla compresenza dei tre elementi: graffiti, tracce organiche e monumenti neolitici.

    “Una delle cose più sorprendenti è la continuità di queste pratiche, che si ripetono uguali a loro stesse per un arco temporale di più di mille anni, datate al C14 tra 5200 e 3900 anni avanti Cristo.” spiega Savino di Lernia “Nei 30 monumenti che abbiamo indagato – su un totale di circa 200 che abbiamo censito con le rilevazioni satellitari – gli animali risultano uccisi nello stesso modo, con lo stesso tipo di asce che erano poi deposte nella stessa posizione, e spesso omaggiati con fiori”.

    Le ricerche di laboratorio condotte in Europa (Roma, Modena, Milano, Cambridge, Parigi) e negli Stati Uniti (Chapel Hill, North Carolina; Atlanta, Georgia) hanno ulteriormente arricchito il quadro archeologico e antropologico. Le analisi isotopiche (stronzio, carbonio, ossigeno) dello smalto dentario dei bovini hanno permesso di ricostruire con precisione luoghi di provenienza e di pascolo degli animali, intercettando fluttuazioni stagionali e fasi di transumanza. Il rituale del sacrificio del toro veniva praticato da popolazioni neolitiche pastorali che migravano in inverno dalle aree pianeggianti dell’edeyen di Murzuq – oggi una vasta distesa di sabbia – verso nord, nelle terre più ricche di acqua e di pascolo dell’altopiano del Messak. È ragionevole che i rituali sacrificali di uccisione e consumo del bue avvenissero alla fine dell’inverno, come indicato dalle analisi paleobotaniche, che hanno rivelato la presenza di fiori primaverili deposti nelle tombe dei bovini.
    La regione del Sahara libico si conferma come uno degli scenari più fecondi su cui la Sapienza investe, mettendo in campo l’esperienza e la tradizione della scuola archeologica romana: solo pochi mesi fa, lo staff della Missione archeologica, ha scoperto le più antiche tracce di trasformazione di latte nei frammenti di vaso neolitici, che rappresentano la più antica evidenza africana di produzione casearia.
    Il progetto, oltre alle risorse dei Grandi Scavi di Ateneo, è stato sostenuto dai fondi del Ministero degli Affari Esteri per le Missioni archeologiche (DGSP). Le indagini isotopiche, coordinate da Mary Anne Tafuri, sono state effettuate grazie a fondi Europei (FP7) con il sostegno del McDonald Institute for Archaeological Research (Università di Cambridge). Le indagini archeozoologiche sono state condotte da Francesca Alhaique, Sapienza. Lo studio paleobotanico è stato coordinato da Anna Maria Mercuri, Università di Modena e Reggio Emilia. Remote sensing e analisi dei graffiti rupestri coordinati da Marina Gallinaro, Sapienza.

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