Coronavirus – Dopo Fondi, zona rossa anche Nerola, la città del “mostro”

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    Nella cittadina si sono persi le cartelle cliniche di una cinquantina di contagiati trasferiti d’urgenza notte tempo –

    A Nerola,  piccolo centro del reatino, si vivono giorni da incubo Covid19, più o meno come verso la metà del secolo scorso si viveva  la paura d’incappare nel serial killer Ernesto Picchioni (nella foto, dopo l’arresto), più tristemente noto come il “mostro di Nerola”, perché sospettato d’aver fatto sparire un ventina di persone.

    Questa volta Ernesto Picchioni non c’entra, ma il fatto non è meno inquietante.

    Una cinquantina di ospiti della Casa di Riposo Maria Immacolata sono stati trasferiti d’urgenza di notte “causa contagio Coronavirus” ed il Comune classificato Zona Rossa. Che si aggiunge al Circondario di Fondi nel frusinate.

    Nel piccolo paese  a Nord di Roma, il nome deriva da Nerone, milleottocento abitanti, nessuno potrà entrare o uscire fino all’8 aprile; a sorvegliare anche l’Esercito.

    La decisione è stata presa dalla Regione Lazio, sentita la Prefetta, dopo i casi riscontrati negli ultimi giorni riconducibili alla Casa di riposo Maria Immacolata dove, su 40 operatori sanitari 16 sono risultati positivi al test come 56 dei 63 ospiti; di questi 26 residenti nel Comune per un’incidenza del 13,3 per mille abitanti; 72 i positivi nel territorio, tre i deceduti.

    Ma ora spunta anche il “giallo” delle cartelle cliniche perdute.

    Forse dimenticate, o trafugate ?,  durante la “deportazione” dei 49 anziani.

    “ Trasportati nottetempo, protesta la sindaca Sabina Granieri,  ancora in pigiama e ciabatte, dalla casa di riposo contagiata ad una clinica altrettanto lambita dal virus: la “Nomentana Hospital” di Fonte Nuova. Trentacinque chilometri sulla Salaria vuota, a bordo di un torpedone e di ambulanze.”

    “ Lo accettiamo ovviamente – aggiunge -, per la salute pubblica, anche se non se ne comprende appieno la logica: la gran parte dei contagiati, i 56 anziani sui 63 ospiti della Casa, ora sono in cura lontani da qui, partiti senza poter portare i loro vestiti e lasciati anche senza le cartelle cliniche, almeno così i parenti che protestano…”.

    Erano gli anni ’44-47 del secolo scorso quando sulla S.S. Salaria correva il terrore d’incontrare una morte improvvisa e violenta.

    Paura che cessò a luglio del 1947 quando a quel tipo d’influenza si attribuì il nome di Ernesto Picchioni, detto anche il mostro di Nerola o della Salaria.

    Il vaccino fu distribuito ad opera della Corte d’Assise di Roma che il 12 marzo del 1949 prescrisse al mostro due ergastoli e 26 mesi di carcere; solo in parte scontati perché Ernesto Picchioni morì nel penitenziario di Porto Azzurro il 12 marzo del 1967, aveva appena compito 67 anni. Gli erano stati riconosciuti otto omicidi, ma si riteneva che avesse ucciso almeno una ventina delle persone scomparse in quegli anni a Nerola.

    Angelo Pennacchioni

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