Corte d’Appello: “Svastichella avrebbe potuto uccidere”

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    «Se a causa della concomitanza di fattori favorevoli alla vittima non si concretizzò un effettivo pericolo, di vita è certo, d’altro canto, che l’azione lesiva avrebbe potuto comportare il decesso dalla persona offesa». Questo un passaggio delle motivazioni della sentenza del processo d’appello nei confronti di Alessandro Sardelli, noto alle cronache, già condannato per aver aggredito una coppia omosessuale il 22 agosto del 2009 all’ingresso del Gay Village, ferendone gravemente uno dei due. Processo conclusosi il 13 gennaio scorso con una riduzione di pena: in primo grado fu condannato con rito abbreviato a sette anni dal gup Rosalba Liso, nel giudizio davanti alla I Corte d’Appello a quattro anni e quattro mesi. Secondo i giudici di secondo grado, presieduti da Eugenio Mauro, «nella fattispecie in esame è pienamente ravvisabile il dolo diretto» ed è «evidente che allorquando il Sardelli inferse la lama nel corpo» di uno dei due ragazzi «si rappresentò e volle indifferentemente le lesioni e la morte della vittima quale conseguenza della sua condotta: sussistono dunque entrambi gli elementi costituivi del reato di tentato omicidio». Un’aggressione, questa, scaturita dal fatto che l’imputato «era infastidito per le effusioni pubbliche dei due ragazzi omosessuali». Nessun dubbio per i giudici, cosa che invece era stata ventilata dalla difesa nel corso del processo, che le ferite siano state inferte «con un oggetto da punto e taglio, un coltello» e non con un coccio di bottiglia. «Risulta sul piano oggettivo che l’azione aggressiva del Sardelli è stata diretta avverso una zona corporea della vittima sede di importanti organi vitali e, dopo averne parzialmente lesionato uno (diaframma) – si legge nelle otto pagine – ne trapassò un altro (il fegato) cagionando una rilevante perdita ematica che avrebbe comportato ‘senza ombra di dubbio’ (come rilevato dal perito) un esito letale (per dissanguamento) se non vi fosse stato il tempestivo intervento di persone presenti l’immediato trasporto in ospedale e l’intervento chirurgico durante il quale vennero suturate le lesioni interne e così arrestata l’emorragia in atto». «Soddisfazione» è stata espressa dall’avvocato Daniele Stoppello, avvocato dell’Arcigay Roma che nel giudizio ha rappresentato le due vittime dell’aggressione: «Finalmente è stato sentenziato che l’aggressione è stata compiuta con un coltello – ha detto – e non vi sono neanche più dubbi che il reato sia quello di tentato omicidio: i ragazzi hanno rischiato la vita e solo per un caso non è morto nessuno».

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