Processo ‘Madoff’ dei Parioli: “Sono un mero esecutore”

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    Si difende Gianfranco Lande, il ‘Madoff’ dei Parioli imputato di associazione per delinquere finalizzata alla illecita attività finanziaria e d’aver organizzato una truffa che si aggirerebbe attorno ai 170 milioni di euro. Oggi davanti ai giudici della nona sezione penale dove è cominciata la sua deposizione, ha cercato di sminuire il suo ruolo, definendosi addirittura un «mero esecutore». Il lungo interrogatorio fiume è cominciato verso le 9 e per completarsi ci vorrà ancora diverso tempo. Rispondendo alle domande del pubblico ministero Luca Tescaroli, Lande ha affermato di essersi limitato a investire all’estero il denaro che gli veniva affidato. «Per il resto -ha aggiunto- ho sempre cercato di regolarizzare tutta una serie di posizioni segnalando una serie di criticità emerse nel tempo. Ma un conto è agire su qualcosa che segui, altro è consigliare e basta». L’imputato ha poi ricordato che in 14 anni sono stati movimentati in dare ed avere circa 170 milioni di euro. Ogni anno c’erano giacenze di 2 o 3 milioni di euro. All’estero poi erano destinati per investimenti da un milione e mezzo a due milioni dei 7-10 che venivano depositati sui conti della Carispaq la Cassa di Risparmio dell’Aquila coinvolta in uno dei capitoli della vicenda. I soldi che rimanevano in Italia venivano utilizzati per liquidare vecchi clienti. Altre domande del pubblico ministero hanno riguardato il rientro in Italia di capitali trasferiti all’estero. Lande ha precisato di non aver mai deciso di far scudare qualcuno dei suoi clienti. «Quando alcuni di questi mi hanno proposto il problema per dichiarare le somme investite all’estero ho cominciato a fare riunioni specifiche». L’imputato ha poi affermato d’aver gestito direttamente soltanto pochi clienti perchè il suo lavoro era quello di investire in mercati finanziari esteri quanto riceveva in deposito. Una attività quella di ricevere denaro durata fino al 2010 «perchè ero tranquillo che la situazione si potesse risolvere». Non ha nascosto poi di esser stato animato dalla paura perchè la situazione era difficile e andava affrontata con mezzi adeguati. Durante la sua lunga deposizione l’imputato ha ammesso che in numerosi casi gli investimenti di cui si riferiva ai clienti non venivano fatti. «Se uno fa girare a vuoto un programma -ha detto- escono numeri sostanzialmente corretti, ma non vuol dire che siano aderenti alla realtà. In sostanza ho avallato cose non reali per paura che se l’autorità di vigilanza avesse contestato qualche cosa, non avrei più potuto operare sul mercato, non avrei più potuto gestire la situazione. Sarebbe stata per me una condizione mortale e quindi ho agito in un certo modo. Non so che cosa venisse detto ai clienti ma pensare che tutti gli investimenti fossero sicuri, che tutto andava bene, era credere in una favoletta».

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