Prostituzione: Palermo, droga e riti voodoo su nigeriane

La Guardia di finanza ha arrestato due nigeriani che costringevano ragazze del loro paese con droga e riti voodoo a diventare prostitute.

Con droga e riti voodoo due nigeriani costringevano a Palermo le ragazze del loro paese a diventare prostitute. Giovani donne ridotte in schiavitù. Due nigeriani sono stati fermati con l’accusa di appartenere ad un’associazione per delinquere transnazionale per il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, la tratta di esseri umani e lo sfruttamento della prostituzione di ragazze provenienti dalla Nigeria.

I fermi sono stati eseguiti dai finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria e della Stazione Navale di Palermo, al termine di indagini coordinate dal procuratore Francesco Lo Voi, dell’aggiunto Maurizio Scalia e dei sostituti Annamaria Picozzi e Calogero Ferrara. E’ un ulteriore risultato dell’operazione “Boga”, eseguita dalle Fiamme gialle palermitane ad Agrigento, Reggio Calabria e Napoli e che aveva già portato, il 20 giugno scorso, all’arresto di tre nigeriani e di un ghanese, componenti di una organizzazione attiva tra Nigeria, Libia e Italia.

Il clan spingeva alcune giovani nigeriane, a fronte della promessa di un lavoro in Italia, ad assumersi un debito di 30 mila euro, quale pagamento del viaggio verso l’Italia e per l’avviamento al lavoro. Le ragazze, che si trovavano in uno stato di vulnerabilità psicologica, sottoposte a rito voodoo, venivano trasferite in Libia, in strutture di detenzione, per poi essere imbarcate alla volta dell’Italia, in particolare a Lampedusa.

Dopo essere giunte nel centro di prima accoglienza di Siculiana, venivano avviate alla prostituzione, con l’obbligo di riscattare progressivamente la somma concordata per riottenere la libertà ed evitare conseguenze per loro e i familiari in Nigeria.

Le indagini hanno ora permesso di stabilire che i due fermati nello scorso fine settimana erano incaricati di condurre le ragazze vittime della tratta dal centro di prima accoglienza “Villa Sikania” di Siculiana a Catania, per essere poi condotte a Reggio Calabria e qui avviate alla prostituzione, anche con minacce di morte e, almeno in un caso, con la somministrazione forzata di sostanze stupefacenti, per fiaccarne ogni resistenza.