Tedesco: senza mio intervento pestaggio sarebbe andato avanti

Roma – “Ho avuto la sensazione che avrebbero continuato se non li avessi spinti via: stava per partire il secondo calcio”. Il vicebrigadiere dei Carabinieri, Francesco Tedesco, nel suo interrogatorio davanti alla I Corte d’Assise per il processo relativo alla morte di Stefano Cucchi (dove e’ imputato per omicidio preterintenzionale, falso e calunnia nell’ambito del processo bis sulla morte di Stefano Cucchi) ha continuato a ricostruire cosa avvenne nella caserma della Compagnia Casilina, tra il 15 e il 16 ottobre 2009, subito dopo l’arresto a Roma del geometra.

“Ho prima spinto Di Bernardo e poi D’Alessandro- ha proseguito Tedesco- Stefano era piu’ basso di me e abbastanza magro, quando lo presi sotto braccio non fece alcuna resistenza. Era come se si sentisse protetto. Poi al telefono spiegai a Mandolini, mio superiore, tutta la situazione e da allora ho cominciato ad avvertire intorno a me solitudine e isolamento. Ho redatto una relazione di servizio che poi e’ stata fatta sparire. Cambiavano le annotazioni davanti a me come se non esistessi. Sono stato minacciato e obbligato dopo il 29 ottobre 2009 a seguire la linea dell’Arma se avessi voluto fare ancora il carabiniere. Ho vissuto come una violenza tutta questa situazione. Mi sono sentito incastrato in una morsa dalla quale sarebbe stato difficile uscire”.

Tedesco ha spiegato meglio cosa avesse significato a suo avviso la frase ‘Devi seguire la linea dell’Arma se vuoi continuare a fare il carabiniere’ che Mandolini gli rivolse mentre lo accompagnava dal pm: “La linea dell’Arma per me era non isolarmi in quei giorni, non dovevo fare cose diverse dalla corrente che si era creata. Mandolini, il giorno che sarei dovuto andare dal pm, mi invito’ a dire che Cucchi stava bene. Aggiunse che non c’era alcun bisogno di fare riferimento al fotosegnalamento, che lui era il comandante e avrebbe sistemato le cose. Sono stato accompagnato fino dentro all’ufficio del magistrato come se nulla fosse successo” -dice Tedesco-

“Dal canto loro, Di Bernardo e D’Alessandro vivevano tranquilli come se la cosa non li riguardasse. Mandolini mi chiamo’ il 27 aprile del 2011 alla vigilia della nostra testimonianza in aula nel primo processo. Era piu’ amichevole del solito rispetto a quando lavoravano con lui. Mi disse ‘mi raccomando domani, continuiamo sulla stessa linea’. Adesso che sono stato sospeso dall’Arma, mi sento meglio, senza piu’ intimidazioni e quelle pressioni”

Quanto alla relazione di servizio che non gli venne protocollata, Tedesco ha detto di avere “avuto paura di andare a parlare col pm. Il militare se salta la scala gerarchica puo’ andare incontro a provvedimenti disciplinari, il mio compito era avvisare i miei superiori. Avrei avuto conseguenze immediate se avessi saltato scala gerarchica”

Nel suo lungo interrogatorio Tedesco ha spiegato i motivi che lo hanno portato a rompere il muro dell’omerta’: “Non e’ facile stare qui ma non ho le pressioni che avevo all’epoca e una serie di eventi mi hanno portato a stare qui oggi. La sospensione dal mio incarico ha fatto si’ che non fossi piu’ in contatto con superiori o colleghi e mi ha portato ad avere meno pressioni. Poi il fatto che la Procura avesse preso un certo indirizzo e che c’erano piu’ testimoni, mi ha fatto sentire non piu’ solo”.

E ancora “dalla lettura del capo di imputazione (a suo carico in questo processo, ndr) ho cominciato a capire che la morte poteva essere collegata al pestaggio. Prima lo avevo sottovalutato. Pensavo che ci fosse stato anche un secondo pestaggio o altro. Quando gli agenti della Polizia Penitenziaria sono andati a processo, ogni giorno usciva un testimone diverso, pensavo si fosse diviso l’evento in due momenti sbagliati e mi sono fatto influenzare dai mass media. Dopo la morte di Cucchi, D’Alessandro mi chiamava solo quando c’erano notizie sui processi, dopo il 2015 ha iniziato a chiamarmi in continuazione per chiedere informazioni, il suo atteggiamento era cambiato- ha concluso Tedesco- aveva notato un distaccamento dei miei legali dagli altri avvocati delle difese e quindi mi chiese ‘ma tu che intenzioni hai?'”.