Viterbo, medico morto: ucciso da mix di droga e farmaci. Madre: “Verità ancora lontana”

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    C’è un esponente di spicco del clan mafioso dei Barcellonesi tra i 6 indagati per la morte di Attilio Manca, l’urologo trovato privo di vita a Viterbo il 12 febbraio 2004. È Angelo Porcino, 55 anni. Il gip, respingendo per la terza volta la richiesta d’archiviazione del caso, ha disposto un supplemento d’indagini per morte a seguito di altro delitto: gli avrebbero fornito la droga che lo ha ucciso. Per i genitori, invece, il loro figlio sarebbe stato costretto ad accompagnare Bernardo Provenzano in Francia e poi ucciso. Angelo Porcino, arrestato nel giugno scorso nell’ambito delle operazioni ‘Gothà e ‘Pozzo2’ che, secondo la direzione distrettuale antimafia, avrebbe decapitato Cosa Nostra nel Messinese, è entrato nell’inchiesta perchè, una decina di giorni prima che Attilio Manca morisse gli fece chiedere un appuntamento a Viterbo dal cugino Ugo Manca, anch’egli indagato. La circostanza è stata confermata dalla madre del medico, la quale dichiarò agli investigatori che il figlio la chiamò per chiederle informazioni su tal Porcino, che gli aveva chiesto un appuntamento. Gli altri indagati per la morte di Manca, per i quali il Gip Salvatore Fanti ha disposto indagini suppletive, circoscritte all’eventuale cessione di droga al giovane medico che, a parere del magistrato, sarebbe morto di overdose dopo essersi iniettato un mix di eroina e medicinali sono: Ugo Manca, Renzo Mondello, Salvatore Fugazzotto, Andrea Pirri, tutti di Barcellona Pozzo di Gotto, e Monica Mileti, romana. Le quattro persone per le quali il Gip ha disposto l’archiviazione della delle posizioni erano amici o colleghi del medico, che frequentavano abitualmente il suo appartamento. Erano stati iscritti nel registro degli indagati al solo scopo di effettuare alcuni accertamenti nei loro confronti.

    «La nostra battaglia per la verità sulla morte di Attilio prosegue. Per la terza volta siamo riusciti a non far archiviare il fascicolo. L’inchiesta prosegue, anche solo sulla cessione di droga». Così Angelina Gentile, madre di Attilio Manca, il medico siciliano trovato morto a Viterbo, dove lavorava, da anni in prima linea per dimostrare che il figlio è morto per mano della mafia barcellonese, dopo che lo aveva costretto ad assistere il boss Bernardo Provenzano nel viaggio a Marsiglia per farsi operare di tumore alla prostata, e non iniettandosi da solo un mix di eroina e medicinali. «Sappiamo che la verità – sottolinea la donna – è ancora lontana, ma noi la inseguiremo costi quel che costi». «Nell’opposizione all’ennesima richiesta di archiviazione – aggiunge l’avvocato Fabio Repici – avevamo chiesto che si indagasse su 32 circostanze finora mai chiarite. Non abbiamo ricevuto risposta ad alcuna di esse. Comunque, il supplemento di indagini disposto dal Gip su sei indagati per noi è una vittoria. Se non altro perchè si proseguirà ad investigare sulla morte di Attilio». Ad avviso di Gianluca Manca, fratello di Attilio, avvocato, l’inchiesta avrebbe un vizio d’origine: «I cinque barcellonesi – sostiene – non avrebbe dovuto essere iscritti subito nel registro degli indagati. Andavano prima ascoltati come persone informate sui fatti, in modo che non si potessero avvalere della facoltà di non rispondere. Ma questa – conclude – è solo una delle gravissime inerzie che hanno contraddistinto l’inchiesta finora. A questo punto sarebbe bene che il fascicolo fosse assegnato a un altro magistrato».

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