L’ispirazione, la paura del pubblico e la voglia di scrivere in italiano: Livia Ferri si racconta (e prepara il nuovo album)

Nella vita succede così. Inizi un percorso, ti impegni al massimo e poi magari ti accorgi che non è quella la tua strada, che sei portato per altro. Anzi, è proprio lì che dimostri di essere davvero coraggioso, quando di quella consapevolezza ne fai il motore più forte e motivato della tua nuova virtù… per poi scoprire, magari, che è in quella nuova dimensione che sei un vero fuoriclasse!
E’ quello che successo un po’ a Livia Ferri all’inizio della sua formazione musicale. “Frequentavo il Saint Louis College of Music come chitarrista ma dopo qualche anno di studi mi resi conto che non avevo interesse a diventare una virtuosa dello strumento – mi racconta – Con l’aiuto del mio docente di chitarra Lello Panico, ho capito che mi interessava molto scrivere, fare canzoni. Così frequentai il corso di Songwriting e mi diplomai in questa materia invece che in strumento“.
E pensare che proprio da quelle lezioni e da quegli esercizi  sono nate le canzoni di “Taking Care” (2012), il primo album di Livia, cantautrice romana classe ’86. Il suo è uno scrivere di vita e di relazioni, che ama raccontare principalmente voce & chitarra acustica, anche se non mancano le occasioni di esibirsi con la band (dalla formazione in continua evoluzione) e che oggi vede accanto a lei Matteo di Francesco (batteria) e Luca Amendola (basso).
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Nella prima parte della mia vita ho ascoltato moltissimo rock e folk inglese e americano e sicuramente nel primo album queste influenze sono chiare e innegabili. Andando avanti nel tempo ho cominciato ad ascoltare più rock/indie ed elettronica ma anche musica popolare dal mondo o nu-soul – mi racconta Livia quando le chiedo di parlarmi delle sue influenze, le ispirazioni e contaminazioni che caratterizzano per lo più la sua musica e i suoi testi – Mi accorgo che crescendo, malgrado i temi rimangano un po’ gli stessi (domande esistenziali, riflessioni profonde sui rapporti, sulle dinamiche umane) il modo in cui ne scrivo è cambiato. All’inizio ero molto più diretta e ‘semplice’. Ora preferisco essere più simbolica, dare immagini più fantasiose a questi pensieri, emozioni, considerazioni, renderle quasi oniriche. Trovo che sia un linguaggio molto più potente e liberatorio, catartico. Da questo punto di vista ultimamente i miei punti di riferimento sono Bjork, gli Hiatus Kayiote, Feist“.
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Livia Ferri si esibisce principalmente in solo, voce & chitarra acustica. Una scelta che nasce in realtà come necessità pratica, ma che con il tempo le ha restituito una precisa cifra stilistica che la contraddistingue rispetto ad altri colleghi musicisti anche grazie alla grande cura nei dettagli che lei, attentissima, mette nel preparare ogni singola esibizione. Un dettaglio che non sfugge al pubblico e che al contrario la ripaga con la stessa moneta sonante (che risuona, cioè) di rispetto artistico e grande livello qualitativo. “Per mia fortuna e con grande gratitudine sono sempre stata accompagnata, nelle varie formazioni della band, da persone che volevano suonare con me perché piaceva loro. Sono sempre stati tutti molto disponibili anche e soprattutto in occasioni dove non c’erano compensi o erano ridicolmente bassi” spiega.
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Nonostante questo sento che c’è un limite etico dentro di me, quindi, a meno che non siano situazioni irrinunciabili, per qualche motivo, tendo a suonare in solo se i soldi sono pochi. E i soldi sono quasi sempre molto pochi… Però ne ho fatta una virtù di questa necessità, e mi rendo conto che tutta questa pratica, questa cura delle dinamiche, della costruzione dei brani e della performance, sono ora miei tratti distintivi. Sto imparando a riconoscermi anche i pregi, oltre che i miei difetti che mi sono sempre molto evidenti, e questi sono sicuramente dei pregi che mi tornano indietro, dato che le persone che vengono ad ascoltarmi spesso notano queste caratteristiche e le apprezzano molto“.
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Tra le produzioni di Livia Ferri ci sono album in studio e videoclip ufficiali, ma è soprattutto nelle esibizioni live che la vediamo forse nella versione più creativa ed espressiva. “Sono cambiata tantissimo nei live, dal 2012, quando ho iniziato, a oggi. In questi 7 anni ho accumulato tanta esperienza, tanta gavetta, a volte nelle condizioni peggiori sotto ogni punto di vista: economico, umano, emotivo, logistico. Tutto questo mi ha insegnato un’enorme quantità di cose in generale, e ha fatto sì che il mio rapporto con il pubblico, con l’esibizione e la performance cambiassero molto“.
Livia mi racconta che all’inizio era terrorizzata. “Salivo sul palco ed ero talmente agitata che quando scendevo ero sfinita e non ricordavo nulla. Mi vergognavo. Pensavo continuamente alla tecnica (che per altro non avevo). Col tempo ho imparato a conoscermi, a capire le mie reazioni emotive. Ad avere un approccio molto più istintivo, rilassato. Ad entrare davvero in contatto col pubblico e tutto questo l’ho capito e imparato facendolo. Ho ancora tanto da imparare. E non è stato affatto facile, per me, è stato come passare in tantissimi cerchi di fuoco. Malgrado sappia che tutto questo non finirà mai ho imparato ad essere più centrata, volendomi bene, sperimentando e confermando il fatto che, se ti mostri vulnerabile come sei, quello che in realtà ispirerai a chi ti ascolta sarà forza. Ci vuole coraggio a mostrarsi vulnerabili, coraggio e onestà. Ed è un ottimo esercizio, nonché, malgrado il nostro cinismo, qualcosa che ognuno di noi, istintivamente, apprezza. Spinge le persone ad aprirsi, a tranquillizzarsi, ad entrare in empatia. E’ curativo, per me e per il pubblico”.
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C’è poi un altro tema che mi interessa approfondire con Livia: la sua scelta di scrivere in inglese. “E’ una scelta che inizialmente ho fatto senza pensare troppo – mi spiega – Da piccola ascoltavo molto di più la musica anglofona e quelle metriche mi sono rimaste dentro. Col tempo però le motivazioni di questa scelta sono cambiate, anzi, me le sono un po’ perse. Ora mi viene voglia di scrivere in italiano (lo sto facendo ma mi ci vorrà del tempo) e mi rendo conto che è più difficile per me, emotivamente. L’inglese è diventato una corazza, una bellissima corazza alla quale non mi sento di rinunciare; è comunque una lingua che amo e che trovo estremamente versatile e diretta. Ma voglio sfidarmi anche con l’italiano ora“.
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E mentre sta lavorando al suo terzo disco, Livia torna a suonare al Crash Roma, il piccolo grande tempio del gusto e della musica live nel cuore del quartiere Trieste. Per questa serata così speciale, Livia ha scelto parte del suo più recente repertorio senza rinunciare a qualche cover pescata dalle produzioni delle cantautrici che più ama.