Amore e morte in salsa finlandese

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Il regista finlandese J.P. Valkepaa ci porta con sé nel percorso buio e molto triste di due esseri umani “danneggiati”.
Lui è un cardiochirurgo, allampanato, timido, introverso. Ha perso la moglie in un tragico incidente durante una vacanza su un lago e si incolpa di non essere riuscito a salvarla: sopravvive diviso fra una cupio dissolvi che incista in lui tendenze suicide e la necessità di crescere una figlia, senza mai riuscire a comprenderla. Il suo unico amico è un collega di sala operatoria, ma la sua vita è riempita soltanto dal lutto e dal dolore della perdita.
Lei è una fisioterapista, una persona che vive una frattura nella propria vita fra il lavoro “di giorno” ed il lavoro “di notte”. Mona (Krista Kosonen), infatti, riceve clienti in un boudoir sado maso posto sul retro di un negozio di tatuaggi. Un luogo profondo ed oscuro come la sua solitudine. Costruisce dei rapporti parziali con i suoi clienti attraverso il suo sadismo, ma per il resto è una persona sola.
Queste due persone, per uno scherzo del destino (un piercing che la figlia del protagonista decide di farsi fare proprio nello studio nel cui retro sorge il dungeon di Mona), si incontreranno in un modo molto particolare che consentirà a Juha (il protagonista) di avvicinarsi alla morte e di coltivare l’idea del suicidio per ricongiungersi alla moglie defunta e dissolvere così il proprio senso di colpa.
Inizia così una relazione tossica fra due esseri umani profondamente sofferenti e soli che si concluderà con una prospettiva di accettazione e comprensione reciproca e un passo deciso verso il ritorno alla vita di tutti e due, insieme.
Il film, se si mette un attimo da parte la pruderie BDSM ed il tema del “breath play”, vuole dirci, invece, come gli incontri casuali – a volte – possono determinare una svolta sostanziale in due vite.
Sono proprio gli incontri casuali, tra l’altro, che la situazione pandemica ci ha tolto.
CB

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