ELDRITCH, la band italiana cuore e metallo, intervista esclusiva a Eugene Simone

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    Eldritch

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    In occasione della prossima pubblicazione del nuovo album “Tasting The Tears”, che uscirà per la Scarlet Records il prossimo 17 febbraio, abbiamo incontrato Eugene Simone, chitarrista e produttore degli Eldritch, famosa band progressive/power metal italiana.

    Il gruppo è sulle scene sin dai primi anni ’90 e ha già pubblicato la bellezza di 9 album, compreso un live. Nell’attesa di potere ascoltare il loro ultimo lavoro, vi raccontiamo la nostra chiacchierata.

    Ciao Eugene, un benvenuto dalla redazione di Roma Daily News. E’ un piacere averti con noi.

    Ciao! Piacere mio.

    Per iniziare vorrei una tua breve presentazione della band ai nostri lettori. Raccontaci chi sono gli Eldritch, come sono nati e come si è evoluto il vostro percorso musicale.

    Il primo nucleo è nato nel 1991 ed era formato da tre persone, ovvero il sottoscritto, Terence Holler e il nostro primo drummer Adriano Dal Canto. Già allora le idee sul percorso musicale da intraprendere erano abbastanza chiare… e consistevano nel fondere nella maniera più personale possibile quelle che erano le nostre influenze, dalla più melodiche alle più aggressive. In breve tempo una volta trovate le pedine mancanti, iniziavamo a percorrere la strada che ci ha portati ad avere attenzioni un po’ ovunque, soprattuttutto all’estero. Abbiamo realizzato tre album con la prima line up, usciti per la Inside Out Music, ai quali sono seguiti due tour europei e partecipazione al primo Gods Of Metal nel 1997.

    Dopo il terzo album “El Nino”, il più acclamato in assoluto della nostra storia (altro tour europeo), avviene una svolta nella line up e anche nel sound, diventato più duro e “moderno” che ci ha portati all’uscita di “Reverse” (Gods Of Metal per la seconda volta).

    Nuovi problemi di lineup ci costrinsero però ad una pausa di riflessione conclusasi con un nuovo assetto ed un album (“Portrait Of The Abyss Within”) che ci ha riavvicinati alle trame intricate e malinconiche dei primissimi lavori con un nuovo sound più chitarristico, vista l’estromissione temporanea delle tastiere.

    La critica e i vecchi fans apprezzarono e da li in poi, a seguito di questo rilancio, sono usciti “Neighbourhell” e “Blackenday”. Grazie a questi album e alla tenacia di una band con assetto nuovamente stabile, ci siamo conquistati partecipazioni a festival importantissimi quali Evolution, Chicago Powerfest (per la prima volta in USA e in veste di headliner), Sweden Rock, Gods of Metal per la terza volta, Prog Power Scandinavia ed altri.

    Il successivo “Livequake” ripercorre on stage quanto fatto dal 1995 al 2008 e permette alla band di presentarsi nuovamente in veste live come supporto diretto ai Firewind di Gus G nel loro tour europeo culminato col Masters Of Rock a Zlin…

    Il cambio di chitarrista ritmico e il reinserimento delle tastiere hanno dato alla luce “Gaia’s Legacy”, album col quale abbiamo ripercorso quanto fatto nei primi tre album ma in chiave più attuale e con una dose più massiccia di trame ritmiche più complesse che mai. Grazie a questo ritorno alle origini abbiamo partecipato al Prog Power USA 2011.

    La band nel frattempo si consolida ulteriormente e trova ancor più equilibrio. Da quì la scelta di dare maggiore ariosità e impatto ai pezzi. Ed ecco che è nato “”Tasting The Tears…

    Quale dei vostri lavori vi ha dato maggiori soddisfazioni? Non dirmi l’ultimo perché sarebbe scontato…

    Sicuramente “El Nino”. Oltre che uno dei più riusciti a livello compositivo è anche quello che ha riscosso maggior successo. Anche “Headquake” comunque, perché ci ha permesso per la prima volta di fare un tour europeo davanti ad un sacco di gente e di farci sentire una band importante.

    E invece di quale tour, tra i numerosi che avete intrapreso nel corso degli anni, avete i più bei ricordi? E soprattutto a quale nazione o città siete più legati (oltre l’Italia ovviamente)?

    Il tour con gli Angra senza alcun dubbio. Maggio/Giugno 1997. Quasi tutte le sere sold out grazie più che altro agli Angra appunto che in quel periodo erano davvero all’apice, soprattutto in Francia, dove abbiamo venduto tanto anche noi. Direi che Francia e Germania prima, e Grecia e Stati Uniti poi, siano i posti dove i fan ci hanno accolto nel migliore dei modi.

    E ora parliamo del nuovo disco “Tasting The Tears”, cosa ci puoi dire?

    Questo album è sicuramente tra quelli che ci hanno dato maggior soddisfazione anche perché è stato scritto e registrato in soli due mesi e mezzo. Ciò significa che la passione e l’ispirazione negli anni è tutt’altro che calata.

    Musicalmente parlando ripercorre il nostro passato più recente dove i pezzi erano più diretti e meno intricati e con quel velo di darkeggiante malinconia che aleggiava ad esempio in dischi come “Portrait Of The Abyss Within” e “Neighbourhell”. Stavolta però ad arricchire il tutto ci sono le tastiere grazie alle quali questo tipo di atmosfera si respira più che mai. Nei testi Terence ha voluto riprendere temi più introspettivi e personali trattando stavolta il tema dell’amore inteso a 360°, una cosa abbastanza nuova per noi.

    Ci sono stati episodi particolari durante la preparazione del nuovo album?

    Diciamo che inizialmente la nostra idea era quella di anticipare un eventuale nuovo album con una riedizione di alcune tra le song a nostro parere più belle dell’era post “Reverse” fino a “Blackenday”, con l’aggiunta però delle tastiere e con un sound più esplosivo. Poi però, anche a causa di alcuni vincoli con la vecchia label e d’accordo con la Scarlet, abbiamo optato per abbandonare l’idea e buttarci decisamente sul nuovo album.

    A differenza dei precedenti dove l’80/90% delle song erano scritte da me, stavolta ho avuto un appoggio importante, per non dire fondamentale da parte di Rudj, l’altro chitarrista. Rudj è con noi già da qualche anno ed essendo anche un nostro fan dai tempi degli esordi e un mio carissimo amico, lo ritengo parte della famiglia da sempre. Ha grande creatività ed è parte integrante dell’anima musicale degli Eldritch. Ci siamo trovati per confrontare le varie idee e abbiamo lavorato a meraviglia.

    Come sempre Terence, inseparabile compagno di avventura, ha trovato delle bellissime linee vocali e tutti gli altri hanno dato il loro apporto al disco. Raffa, John e anche Gabriele che oltre al gran lavoro di tastiere, ha scritto una bellissima ballad. Tutti hanno partecipato con grande entusiasmo facendomi sentire orgoglioso di questa band.

    Tengo a precisare che in un certo senso, Simone Mularoni dei Domination Studios è stato un po’ come il settimo elemento. Non fosse stato per la sua professionalità e anche per la velocità di comunicazione, non saremmo mai riusciti a realizzare l’album nei tempi che ci eravamo prefissati. Spero davvero che lavoreremo ancora insieme in futuro.

    Una curiosità personale riguardo il nuovo disco, ma che forse interesserà anche i nostri lettori: perché la scelta di una cover come quella di “I Will Remember” dei Queensryche?

    I Queensryche sono una delle nostre band preferite e, come già accaduto su “Gaia’s Legacy” con la cover dei Fates Warning, abbiamo voluto rendere loro omaggio facendo una versione acustica di questa song, unicamente perché ci piaceva. In realtà spesso dal vivo suoniamo “Eyes Of A Stranger” e forse continueremo a farlo ogni tanto. Nell’album però abbiamo optato per questa anche per una questione di amalgama globale. L’album è di 11 song e ci piaceva che due di queste fossero più “tranquille”.

    A quando il tour di supporto all’album? Avete già delle date in programma?

    Ancora non c’è niente di certo in ballo. Stiamo pianificando varie opzioni anche se devo ammettere che non è semplice visto il periodo di crisi. Faremo del nostro meglio per farci vedere sul palco il più possibile. La speranza è quella di partecipare a un paio di buoni festival estivi e magari almeno un minitour in Europa.

    Qual è il rapporto con i vostri fan? Ma in particolare poi vorrei sapere se il calore del fan italiano è diverso da quello all’estero.

    Il rapporto con i nostri fan è sempre stato ottimo. Chi ci segue lo fa da sempre. Anche se qualcuno, dopo “El Nino”, si era un po’ allontanato, alla fine lo abbiamo rivisto ai concerti. Noi non siamo una band che segue i trend, penso questo ormai si sappia. Il vantaggio di essere una cult band con una propria identità è proprio quello di avere sempre una cerchia di fan fedeli. Gli italiani sono tra i più calorosi, certo dipende sempre dalle situazioni ma in genere è così. In Francia, Grecia, Repubblica Ceca e USA anche lo sono molto.

    E ora una domanda (o meglio due in una) rivolta proprio a te, Eugene, e rispondi con sincerità: il tuo rapporto, invece, con i componenti della band? Si è diversificato con i vari cambi di line-up?

    Sarò sincerissimo, hehe! Io sono sempre stato in grado di riuscire a comunicare e lavorare serenamente con tutti i musicisti che hanno fatto parte della band anche in passato, anche con quelli caratterialmente più rognosi. Ho sempre ritenuto fondamentale la coesione a livello umano all’interno di una band e ho lavorato sempre in quest’ottica. Ovvio che con qualcuno è stato più facile, con qualche altro meno. Io sono in ottimi rapporti con quasi tutte le persone con cui ho suonato in passato, in particolare con Martin, Adriano e Oleg con cui, insieme a Terence, ho condiviso momenti indimenticabili negli anni della spensieratezza. Con alcuni membri del recente passato invece, purtroppo le cose sono andate diversamente, ma non mi va di parlarne. Credo sia normale che nel tempo possano verificarsi incomprensioni che allontanano le persone, succede in tutti i contesti.

    Direi che mentre in passato su certe cose ero più rigido, adesso ho un po’ più di propensione al dialogo e alla comprensione. Sarà la saggezza che la vecchiaia mi ha portato, hehe! Dei ragazzi con cui suono adesso, non mi posso proprio lamentare, spero valga lo stesso per loro, ahahah!

    Per concludere di’ qualcosa ai nostri lettori e dagli un valido motivo per il quale sia importante supportare la vostra musica in particolare, ma anche il buon metal italiano in generale.

    Io spero di cuore che i ragazzi che amano questa musica tornino numerosi ai concerti, non solo ai nostri ma di tutte le metal band che fanno musica propria. Non vuole essere la solita polemica contro le tribute band, ma un invito a supportare chi si sbatte per proporre qualcosa di personale facendolo unicamente col cuore.

    Se avessimo dato retta a quello che è successo negli ultimi anni al metal, specie in Italia, avremmo già fatto festa da tempo. La passione è l’unica cosa che spinge band come noi ad andare avanti, e credo lo faremo sempre, con la speranza che prima o poi l’interesse verso le metal band nostrane torni ad essere tale da spingere tanti ragazzi a recarsi in qualche rock club a godersi un bel concerto. Frequentare i club spinge i gestori a ingaggiare le band che si muovono più volentieri se sanno che c’è un bel giro di fan o potenziali fan. Capisco che la crisi ha messo in ginocchio tante persone e i soldi per muoversi non sempre ci sono ma è anche vero che spesso si preferisce stare a casa davanti a un monitor.

    E’ molto più bello condividere insieme una serata piuttosto che guardarsi i live delle band su internet. Lo dico a nome di tante band meritevoli: venite numerosi!

    Grazie Eugene per la tua disponibilità e un saluto particolarmente “heavy” dalla nostra redazione. ROCK ON!

    E’ stato un piacere!

    (Rockberto Manenti)

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