Festival di Roma, documentario su Stefano Cucchi

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    «Abbiamo saputo della morte di nostro figlio attraverso una fredda carta burocratica. Finchè non sapremo la verità, non usciremo fuori da quest’incubo»: sono queste le parole del padre di Stefano Cucchi, il ragazzo morto «di carcere» a 31 anni il 22 ottobre 2009. Parole che danno voce al documentario di Maurizio Cartolano che sarà presentato questa sera in anteprima al Festival di Roma nella sezione Spettacolo/Eventi Speciali. Prodotto dall’Ambra Group in collaborazione con ‘Il Fatto quotidiano’ e patrocinato da Amnesty International e Articolo 21, il doc ‘148 Stefano mostri dell’inerzia’ racconta la lotta per la giustizia portata avanti da un padre e una sorella, che pongono semplici domande a cui non ricevono risposte. «Cosa è successo a Stefano? Chi sono i responsabili della sua morte? Perchè ci è stato negato di vederlo quando fu trasferito all’ospedale Sandro Pertini?». Attraverso le testimonianze dei familiari, dei giornalisti (come Silvia D’Onghia de ‘Il Fatto quotidianò), dei politici (Ignazio Marino), attraverso le riprese degli spazi urbani di Roma dove sono avvenuti i fatti (il quartiere di Tor Pignattara, il carcere Regina Coeli, l’ospedale Sandro Pertini), attraverso le lettere di Stefano lette da Claudio Santamaria, le voci fuori campo, la tecnica del rotoscoping e la videografica (animazione in bianchi, neri e rossi che ricostruisce gli ultimi giorni della sua vita nel rispetto della tragedia), il regista cerca di fare luce sulla vicenda del giovane di Tor Pignattara, morto sei giorni dopo il suo arresto. Una vicenda che è stata un immenso scarica barile tra le autorità, che occupa la questione della sanità, della detenzione e delle vittime delle forze dell’ordine (come Aldovrandi e Uva). Un doc che dimostra come tutta la catena abbia fallito dai carabinieri, agli agenti di polizia e ai medici penitenziari e che afferma che Stefano Cucchi non è semplicemente due piccole lettere siglate sul giornale, ma è prima di tutto una persona a cui è stato negato il diritto alla vita, la 148esima di una lunga serie (nei penitenziari italiani erano già morte 147 persone ad ottobre 2009. A dicembre diventeranno 177). «Non era solo un tossico. Era molto altro, era mio fratello», dice la sorella.

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