Giuditta Sin , il Burlesque e un cielo notturno.

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Amo Roma di notte. Mi piace percorrerla e vedere le sue luci e le sue ombre. Tuttavia, in epoca di pandemia, anche la Città Eterna segna il passo e si arrende ad una desolante e silenziosa solitudine.

Mi chiedo se questo vuoto esteriore non si stia lentamente insinuando nei nostri cuori e nelle nostre anime, inducendoci a seppellire persino la speranza che quelle strade e quelle piazze possano tornare piene di vita e di persone.

E’ un processo che vorrebbe avvolgere anche l’arte.

Già, l’arte ai tempi del Covid…è un pensiero ricorrente: lo spettacolo, l’espressione artistica dal vivo possono essere fra le vittime più rimpiante del lockdown. Non soltanto quello ufficiale, ma anche quello interiore che ha attecchito dentro di noi insieme alla paura, all’incertezza, alle preoccupazioni economiche.

E noi crediamo fermamente che la bellezza dell’arte – e specialmente dell’arte che si manifesta nello spettacolo dal vivo – sia qualcosa che non possiamo permetterci di perdere: qualcosa che ci rende quel che siamo. Senza saremmo altro.

Per questo vogliamo raccontarvi una storia di resistenza artistica, la prima di molte, ai tempi del Covid 2019.

Durante il lockdown, mi capitò di imbattermi in un gruppo di artisti e performers che tentavano una innovazione radicale – allo stesso tempo un vero e proprio atto di resilienza artistica – proponendo una forma di spett

acolo composito, principalmente incentrata sul Burlesque, ma arricchita da componenti attoriali e recitative.

Era il Cabaret Domestique su Zoom (dal nome della piattaforma di streaming e videoconferenze), il primo tentativo di teatro situazionista interattivo. Un esperimento realizzato con tanta buona volontà che riscosse un notevole successo, a maggior ragione nelle condizioni in cui tutto si svolgeva cioè da casa e senza poter uscire e muoversi.

Fra di essi, mi colpì profondamente la figura di Giuditta Sin, un’artista poliedrica che ho imparato a conoscere grazie a video ed articoli in rete e che poi ho voluto seguire dal vivo. Non nascondo di essere io stesso un “laudator temporis acti” e di amare profondamente la storia del costume e le sue correlazioni con l’evoluzione sociologica e culturale europea, ma devo confessare – io, appassionato dello stile vittoriano e delle luci della Belle Epoque – che vederla dal vivo, in una successiva occasione, mi colpì profondamente.

Giuditta non vuole ricostruire la Belle Epoque, lei la incarna, letteralmente: dai modi al tono di voce, dai vestiti ai costumi, le acconciature, tutto quanto emana una impostazione estetica che riporta in vita una forma di sensualità che la società odierna ha stupidamente contrabbandato con stereotipi che poco vi hanno a che fare.

La mia curiosità era definitivamente intrigata ed è una bestia, quella, che io non ho mai saputo trattenere: dovevo provare a raccontare quella storia, la resistenza dell’arte performativa in una società che si ritira terrorizzata dalla pandemia e dalla imponente potenza di fuoco dei media mainstream, una scintilla di luce e di bellezza in un mondo che cade nel baratro di una notte senz’alba, una notte nella

quale, mi sono detto, voglio almeno delle stelle in cielo.

Ed ecco il racconto della Prima Stella di questa lunga notte.

Credo che anche voi, dopo aver ascoltato le parole di questa artista nell’intervista che ho realizzato insieme ad Elena Martinelli (alla quale si devono le riprese e la parte tecnica), vorrete sostenere questa piccola grande luce e non arrendervi alla Notte.

A fine ottobre Giuditta e gli altri artisti del Cabaret Domestique si esibiranno in uno spettacolo dal vivo (il prossimo 29) presso il neo aperto Colette Erotic Speakeasy, un locale di cui ho già parlato in un precedente articolo nella sezione cultura e spettacolo.

Qui il link al video nel canale youtube di Romadailynews https://www.youtube.com/?gl=IT&tab=r1

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