Il Giuramento. La Giovine Italia di Giuseppe Mazzini

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    Fino al 28 marzo verrà presentata per la prima volta al pubblico la lettera inviata da Giuseppe Mazzini a Giuseppe Giglioli il 21 luglio 1831 con il testo del giuramento degli iscritti alla “Giovine Italia”. La mostra è promossa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Unità Tecnica di Missione e Roma Capitale.
    Per la prima volta lo storico documento, autentico atto di nascita dell’Italia Risorgimentale democratica, conservato presso la Domus Mazziniana di Pisa, viene presentato in pubblico, in occasione delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia.
    Del giuramento degli iscritti alla Giovine Italia Mazzini diede a breve distanza di tempo due versioni, simili ma non identiche.
    La prima, ripresa quasi integralmente nella lettera a Giuseppe Giglioli che qui si espone, fu redatta nel luglio del 1831, a Marsiglia, all’atto – dirà molti anni dopo – di riprendere “l’antico disegno della Giovine Italia”.
    In realtà, quella in cui si trovava allora il giovane ligure era una fase di transizione, il momento tutt’altro che rapido del passaggio dalla carboneria a una impostazione diversa e per molti versi antitetica del problema dell’Italia.
    I primi contatti da lui allacciati in Francia, a Lione prima ancora che a Marsiglia, erano stati con esponenti della carboneria: Carlo Bianco di St. Jorioz, Borso de’ Carminati, G.P. Voarino; e quando tali contatti avevano avuto luogo, Mazzini non aveva ancora superato il periodo della militanza carbonica né aveva rimosse le tracce che quella particolare cultura cospirativa aveva lasciato in lui. Oltre tutto, proprio il progetto di lanciare una organizzazione capace di percorrere una strada diversa da quella battuta sino allora dalle società segrete costringeva Mazzini a tentare una mediazione, o quanto meno a cercare di far proseliti conservando qualcosa della precedente simbologia. Quando dunque stese la prima Istruzione generale della Giovine Italia utilizzò espressioni, figure retoriche, formule, riferimenti ideologici che risentivano molto della precedente militanza e di qualche richiamo al giacobinismo; e nel Giuramento degli affiliati inserì elementi lessicali tipici del linguaggio carbonaro, quali l’impegno a “spegnere” i tiranni e a “distruggere” i traditori o il richiamo ai tanti giovani “spenti, o cattivi” (uccisi o incarcerati)”.
    Nella seconda Istruzione, di pochi mesi successiva, restava l’impianto generale del giuramento ma cambiavano i toni: compariva il termine missione, si auspicava che l’Italia, oltre che una, indipendente e libera, fosse anche repubblicana, si chiamava in causa il popolo e spariva ogni intimazione minacciosa verso gli eventuali traditori.
    Inoltre, a differenza che nella prima Istruzione, dove era additato agli affiliati il dovere di appartenere ad altre società segrete, si prescriveva, nel giuramento stesso, “di non appartenere, da questo giorno in poi, ad altre associazioni”.
    Come mai questo ribaltamento? Certo, quello della seconda Istruzione era un Mazzini più autentico, ma soprattutto era un Mazzini meno disposto a compromessi con la Carboneria soprattutto dopo che nell’estate, tra la prima e la seconda Istruzione, durante una rissa con alcuni francesi un esule italiano a Mâcon aveva accoltellato a morte un francese: fu probabilmente questo episodio che indusse Mazzini a caratterizzare meglio la Giovine Italia selezionandone i futuri adepti non più sulla base di generici riferimenti di stampo neo-giacobino ma mediante l’adozione di un codice morale che accogliesse i principi etico-religiosi frutto della sua evoluzione interiore.
    Il testo del secondo giuramento restò a lungo nella memoria dei patrioti italiani, di quelli che rimasero per tutta la vita mazziniani ma anche di coloro che – dirà poi un Mazzini sdegnato – “sono oggi cortigiani, faccendieri di consorterie moderate, servi tremanti della politica di Bonaparte e calunniatori e persecutori dei loro antichi fratelli”. La verità è che non si poteva concepire un manifesto migliore dell’italianità e dei valori su cui essa si sarebbe dovuta fondare: che erano, sì, i valori di un repubblicano ma col loro contenuto educativo sarebbero serviti anche a formare il carattere di chi repubblicano non era o non era più.

    Luogo: Musei Capitolini, Palazzo dei Conservatori – Sala del Medioevo – Piazza del Campidoglio 1 – 00186 Roma
    Tel: 060608
    Orario: Martedì-domenica 9.00-20.00 – Lunedì chiuso
    La biglietteria chiude un’ora prima
    Biglietto d’ingresso: Mostra gratuita previo acquisto del normale biglietto di ingresso ai Musei Capitolini.
    Ingresso ordinario: Intero € 8,50 – Ridotto € 6,50
    Per i cittadini residenti nel Comune di Roma (mediante esibizione di valido documento che attesti la residenza): € 7,50 intero – € 6,50 ridotto
    Informazioni: 060608 tutti i giorni dalle 9.00 alle 21.00

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