Made in Hell Fest 5 @ Exenzia – live report

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    MADE IN HELL FEST:
    SATAN + CRYING STEEL + DEXTER WARD + HI-GH + LAST REBELS
    live @ Exenzia, Prato
    – sabato 14 marzo 2015 –

    Quinta edizione del Made in Hell Fest che, come da tradizione, anche quest’anno si è svolto all’Exenzia Rock Club di Prato, sempre in prima fila nell’ospitare eventi metal di un certo livello. Headliner di questa edizione, che si è tenuta sabato 14 marzo, sono stati i Satan, leggendaria band del Regno Unito che ha contribuito in maniera fondamentale, nei primi anni ’80, alla crescita della N.W.O.B.H.M. (New Waw Of British Heavy Metal – n.d.r.), pubblicando due album che sono rimasti nella storia di questo genere: “Court In The Act” e “Suspended Sentence”. Ad arricchire il già gustoso piatto, il programma della serata prevede la partecipazione di un altro gruppo storico come i Crying Steel e quella di interessantissime nuove proposte come Dexter Ward, HI-GH e Last Rebels: un motivo in più per essere assolutamente tutti qui e far sentire quanto l’heavy metal sia vivo più che mai!

    Last Rebels
    Il compito di dare il via a questa infuocata serata è affidato ai marchigiani Last Rebels, power trio votato alle sonorità motörheadiane, tant’è che si auto-defiscono “heavy’n’roll”. E in effetti non hanno tutti i torti, la band è sicuramente devota a San Lemmy “The Lurch”, catturandone l’essenza che da sempre contraddistingue il sound della band inglese e proponendo quindi un rozzo rock’n’roll, senza fronzoli e che non guarda in faccia nessuno. Forse però, a mio parere, la loro dedizione è un po’ troppo eccessiva ed alcuni brani risultano ripetitivi ed uguali tra loro, cadendo così a tratti in un monocorde songwriting che ha del già sentito, come ad esempio “Bite Tonight” o “Metal Smoker”, che tra l’altro vede come ospite Tommaso “Slowly” (HI-GH) a duettare insieme a loro.
    Ciò non toglie che Cius Mefisto (basso e voce), Ronny Falker (batteria) ed Alex Ricciuletör (chitarra) suonino con una grande carica di energia e tanta voglia di divertirsi su di un palco davanti a degli impazziti headbangers, che hanno comunque applaudito la loro rude prova, durante la quale hanno anche presentato il nuovo brano “Outlaw”.
    Il mio consiglio è quello distaccarsi da “papà” Lemmy e seguire una strada un po’ più personale: di Motörhead ce ne è già uno e loro rischiano di sembrare una tribute band con pezzi propri.

    Setlist: “The Wolfpack” – “Bite Tonight” – “Metal Smoker” – “Outlaw” – “Rock’n’Roll Milf” – “Sex, Drinks at Rock Café” – “Indian’s Revenge”

    HI-GH
    E’ ora il turno dei romani HI-GH, quattro ragazzi che percorrono le veloci strade dello speed metal, condendolo con forti dosi del quel sound più classico a cavallo tra Judas Priest ed Iron Maiden.
    Rispetto ai loro colleghi che li hanno appena preceduti sulla scena, qui ci troviamo di fronte ad un combo che mette più attenzione ai propri arrangiamenti, con uno stile più accurato e guidato dalle due chitarre di Marco “Psiky” e Marco “RedEyes” che fanno, è proprio il caso di dirlo e scusatemi la licenza poetica visto il loro nome, “un “riMarchevole” lavoro creando con i loro riff un tappeto sonoro veramente devastante, arricchito dai loro assoli taglienti che fendono l’aria come un lama affilata.
    Basti ascoltare brani come “Till Death And After”, “Drug Your Destiny” o “501st Legion” per capire le loro capacità, aggredendoci con l’esuberanza e la freschezza tipica della loro giovane età e con la giusta dose di rabbia ed irruenza di chi il metal ce l’ha nel sangue.
    La martellante e trascinante sezione ritmica di El Tito “Oki” (batteria) e Tommaso “Slowly” (basso e voce), danno ancor più vigore al loro travolgente sound, che però secondo me risente della mancanza di un vero vocalist che lo completerebbe e lo renderebbe ancor più micidiale. Intendiamoci, Tommaso, che si occupa anche delle parti vocali, ha quella ruvidità che dà senz’altro grinta ai loro pezzi, ma prendendo un frontman di un certo spessore e carisma, sicuramente farebbero un salto di qualità, magari qualcuno alla pari di uno dei due giovani cantanti che di lì a poco vedremo sul palco. E’ chiaramente un’opinione personale, ma in ogni caso devo fargli comunque i miei complimenti, perché gli HI-GH hanno decisamente colpito nel segno e con qualche piccola messa a punto avranno modo di farsi apprezzare maggiormente.

    Setlist: “Till Death And After” – “Drug Your Destiny” – “Night Dance” – “The Russian Border” – “Honour and Blood” (Tank) – “501st Legion” – “Hydra”

    Dexter Ward
    Arrivano ora i primi ospiti stranieri della serata: i greci Dexter Ward. In realtà il gruppo è solo per 4 quinti di provenienza ellenica, perché il loro cantate, Mark Dexter, è italianissimo e precisamente di Venezia (al secolo Marco Concoreggi – n.d.r.). E che cantante! Mi chiedo solo il perché dobbiamo far “emigrare” all’estero degli artisti di così grande valore. Ma torniamo alla band.
    Potenti, massicci, rocciosi, in una sola parola: sbalorditivi! Questi sono i Dexter Ward, fantastica band che ha pubblicato un Ep nel 2010 (“Antarctic Dream”) e nel 2011 il primo full lenght dal titolo “Neon Lights” e che con il loro U.S. Metal ha dato a tutto il pubblico presente all’Exenzia, dimostrazione di come la classe e l’heavy metal scorra nelle loro vene. Ero curioso di vederli dal vivo, perché essendo stato “catturato” ed affascinato nell’ascoltarli su disco, avevo proprio voglia di vedere come se la sarebbero cavata in versione live e soprattutto per scoprire se le sensazioni che avevo provato nel sentirli su cd, sarebbero state le stesse anche durante un concerto, visto che il loro sound mi ha riportato indietro nel tempo, al periodo d’oro del metal made in Usa degli anni ’80.
    Dico subito, senza mezzi termini, che mi hanno letteralmente esaltato! Molte volte non c’è bisogno dell’iper-tecnicismo per avere una band di qualità, i Dexter Ward sanno quello che vogliono e lo fanno nel modo giusto, mirando dritto per centrare l’obiettivo. E ci riescono decisamente, visto la grande risposta che il pubblico gli ha tributato durante tutta la performance.
    Sin dalla iniziale “Antarctic Dream” ci troviamo di fronte ad un solido muro di suono costruito con sapiente maestria dalle mani di Manolis Karazeris e Akis Pastras, il riffing granitico e robusto delle loro chitarre fa da base alla voce epica e maestosa di Mark, che si pone alla guida di questa macchina da guerra. La loro marcia viene scandita dall’imponente drumming di Stelios Darakis e dal fragoroso basso di John Tsimas, che su brani come “Stars And Stripes” martellano incessantemente fino ad infiammare una platea ormai in ebollizione. Presentano anche “Rendezvous With Destiny”, un nuovo brano che sarà presente in uno split-disc che vedrà la luce ad aprile (co-pubblicato con i Black Soul Horde) e poi su “Blackout in L.A.”, loro sogno nel cassetto per dei futuri live, duetta con Flavio Falsone (cantante dei nostrani Whisperz e Messerschmitt) appostato in prima fila a ridosso delle transenne.
    Mark è ora pronto con a condurci, col suo esercito di guerrieri, al salvataggio dei soldati ancora prigionieri in Vietnam, dimenticati da tutti e dalle amministrazioni politiche: è il momento di “Back To Saigon”, con la quale terminano una performance magistrale. Assolutamente perfetti!

    Setlist: “Antarctic Dream” – “Stars and Stripes” – “Rendezvous With Destiny” – “Blackout in L.A.” – “Ghost Rider” – “Metal Rites” – “Back To Saigon”

    Crying Steel
    Torniamo in Italia con i prossimi ospiti che saliranno sul palco: i Crying Steel, storica band formatasi negli anni ’80 e che tra una pausa di riflessione e l’altra è tornata prepotentemente a calcare le scene.
    Ho avuto modo di vederli spesso e volentieri dal vivo negli ultimi anni (anche se la prima volta fu nel 1986 a Bologna in un mini-festival con Motörhead e Twisted Sister) e non hanno mai deluso le aspettative, grazie anche alla loro ormai trentennale esperienza e consci di avere nelle proprie fila uno dei migliori cantanti nel panorama metal nostrano: Ramon Sonato.
    Si parte con “Defender” e non ce n’è più per nessuno! I riferimenti ai Judas Priest non sono puramente casuali, la band non ha mai fatto mistero di ispirarsi alla band britannica., e probabilmente avranno fatto qualche sorta di fattura per far perdere la voce al leader dei Priest, perché la ritroviamo magicamente qui, su questo palco, nelle corde vocali di Ramon, che, visti i suoi acuti e la sua estensione, sarà cresciuto con pane ed Halford a colazione.
    Nei Crying Steel oggi c’è una novità: alla chitarra troviamo Max Scarcia (ex-Rain), che in questa occasione sostituisce temporaneamente JJ Frati, affiancando così l’intramontabile Franco Nipoti per un’inedita accoppiata che risulta decisamente vincente. I due mettono a ferro e fuoco l’Exenzia con i loro riff veloci, letali come degli artigli acuminati e si scambiano reciprocamente il ruolo di solisti con assoli velenosi ed al fulmicotone.
    “Shutdown”, “No One’s Crying” e “Raptor” si susseguono incessanti con quel ritmo prorompente della batteria di Luca Ferri, che insieme ad Angelo Franchini (basso) costituiscono il motore inarrestabile di questa band fenomenale. Peccato per loro che sia italiana, perché se da un lato è sicuramente un motivo di vanto per il nostro paese, dall’altro è probabilmente penalizzante per loro: fossero nati all’estero avrebbero avuto sicuramente più successo. Ed anche meritatamente.
    C’è anche spazio per un piccolo momento di emozione con il commovente ricordo dello scomparso Steve Lee (cantante dei Gotthard) al quale dedicano “Heavens Of Rock” e poi tornano a spingere sull’acceleratore prima con la furiosa “Looking @”, per poi concludere con “Thundergods” che scatena il pogo generale, mettendo in allarme gli addetti alla sicurezza che a fatica riescono a tenere ferme le transenne: una grande prova di forza in ogni senso, soprattutto da parte della band, ma nemmeno la security ha scherzato!

    Setlist: “Defender” – “Shutdown” – “No One’s Crying” – “Raptor” – “Heavens Of Rock” – “Looking @” – “Runnin’ Like A Wolf” – “Rockin’ Train” – “Thundergods”

    Satan
    Si giunge così al gran finale che, per piccoli problemi tecnici all’amplificazione, tarda un pochino a partire. Tra poco entrerà in scena una band epocale che è tra le più amate nel mondo metal e che ho seguito fin dal suo esordio nel lontano 1983: essere un “vecchio” metallaro alle volte ha i suoi piccoli vantaggi, ti permette di aver “goduto” e visto crescere le migliori band di sempre sin dalla nascita e di averle seguite passo passo nel loro momento migliore.
    Ora tutto è pronto per accoglierli ed iniziare insieme a loro questo viaggio nella storia. Si inizia con “Trial By Fire”, l’ingresso sul palcoscenico di Brian Ross (voce) è accompagnato da un grande applauso e dalle nostre urla di ovazione: un’icona per ogni metallaro che si rispetti. L’ascendente che ha su di noi è sotto gli occhi di tutti, il suo tendere le mani verso i fans scatena il delirio: tutti cercano di stringere le sue mani ed in sala si crea un movimento di corpi continuo ed ininterrotto, che terrà impegnato a lungo lo staff del locale che cercherà, per tutta la durata del concerto, di arginare quell’onda umana.
    Col suo fare molto “english” Brian tra un brano e l’altro si ferma a colloquiare con noi e ci racconta la storyline di ogni canzone, per incantarci poi con le sue vocalità ancora capaci di raggiungere quelle note che hanno sempre reso unica e particolare la sua voce, come su “Blades Of Steel”, “Time To Die” o “Life Sentence”
    Impressionante il lavoro chitarristico del duo Russ Tippins e Steve Ramsey, i loro fraseggi e le loro tessiture dipingono quei panorami sonori che sono la componente fondamentale nella musica dei Satan e che ancora dopo tutti questi anni danno sempre emozioni straordinarie. Il numeroso pubblico accorso qui questa sera è al cospetto di un gruppo che ha influenzato le generazioni di band successive alla loro e che continuerà a farlo, perché la forza dell’heavy metal è proprio questa: l’immortalità. Il glorioso sound degli anni ’80 continuerà ad essere presente nelle nostre vite e non morirà mai.
    Neanche il tempo sembra scalfire la loro vitalità, basti guardare con quale impeto Graeme English suoni il suo basso o come Sean Taylor colpisca con foga i tamburi della sua batteria, ma su tutti il carismatico Brian che riesce a penetrare nel profondo delle nostre anime e creare una sinergia unica ed irripetibile.
    Piano piano ci si avvicina alla conclusione di questo percorso musicale che ha permesso a quelli della mia generazione di rivivere alcune delle tappe della nostra crescita e ai più giovani di esplorare luoghi a loro ancora sconosciuti. Così ci salutano con “Alone In The Dock”, ma richiamati dai nostri cori tornano per il bis finale con “Heads Will Roll” e “Kiss Of Death” che concludono una memorabile serata.

    Setlist: “Trial By Fire” – “Blades Of Steel” – “Time To Die” – “Twenty Twenty Five” – “Break Free” – “Cenotaph” – “Life Sentence” – The Ritual” – “Siege Mentality” – “Oppression” – “Incantations ” – “Testimony” – “Alone In The Dock” – “Heads Will Roll” – “Kiss Of Death”

    Di anno in anno il Made in Hell Fest cresce ed un sentito grazie va a Tiziano “HammerHead” Sbaragli che con la sua Hellsing Promotion, in collaborazione con l’Exenzia e la Millennium Project, organizza un festival curato con particolare attenzione e dedizione, e che ogni volta richiama il numeroso popolo di veri appassionati della musica metal.

    Rockberto Manenti

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