Palazzo Taverna, l’opera di Amedeo Modigliani

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    «Siamo convinti che la strada migliore per celebrare l’opera di Amedeo Modigliani e valorizzare il suo percorso umano e artistico unico, sia anche nella capacità di rendere attuale il suo messaggio creativo, non avendo timore di incrociare e finanche di contaminare il suo personale segno con i linguaggi contemporanei». È con queste parole che il Presidente del Modigliani Institut, Christian Parisot, ha presentato l’installazione di Dora Tass intitolata ‘Documents 1 – Contact: Modi/Tass’, ospitata nella sede romana di Palazzo Taverna da oggi, con inaugurazione alle 18,30, fino a mercoledì 30 novembre. L’artista romana, scelta da Bernardo Bertolucci per presentare i suoi ultimi lavori nel Padiglione Italia curato da Vittorio Sgarbi alla 54° Biennale di Venezia, propone una nuova installazione liberamente incentrata sull’opera di Amedeo Modigliani. ‘Documents 1’, curata da Enrica Torelli Landini, che presenterà nell’occasione un suo testo dedicato al lavoro di Dora Tass, è la prosecuzione e l’ampliamento del lavoro presente attualmente al Padiglione Italia dal titolo ‘Oggetti perturbanti’, che ugualmente si inserisce nella serie Documents , ispirata alla rivista parigina di George Bataille. Nei saloni che accolgono i disegni e i documenti dell’Archivio Modigliani, gli antichi oggetti simbolo della comunicazione analogica vengono «rimessi in funzione» come testimoni di una comunicazione surreale con l’artista e la sua opera. Gli ologrammi diventano medium di questo dialogo, dove si azzardano accostamenti assurdi: una testa di Modigliani messa in comunicazione con le cornette telefoniche sospese nello spazio, vecchie macchine da scrivere «ologrammate», che testimoniano alcune frasi pronunciate dall’artista livornese, le sue aspre invettive sulla parola poetica di Rimbaud. Documenti originali svuotati e «scansionati» in ologrammi, e poi ri-accostati a quelli reali. L’olografia viene usata come uno scanner assurdo, che ci restituisce un documento, che appare e scompare come un improvviso «lampo» di memoria. Un dialogo surreale, spiazzante perchè giocato sul filo dell’ironia e del paradosso, ma anche capace di rafforzare la memoria di Modigliani proprio nella contaminazione di un allestimento iperreale, che restituisce ai luoghi dell’Archivio la loro funzione primaria di conservare per ricordare.

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