“Stand By” la mostra di Lee Madgwick a Roma dall’8 aprile

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    “Lee Madgwick è uno specialista nel contrapporre scenari urbani abbandonati e derelitti a luoghi rurali e isolati. In pratica, proprietà malmesse in terreni malmessi. In qualche modo, cattura quel senso dato dalle cose oscure che succedono dietro le porte chiuse, presentandolo però in un panorama dalle parvenze perfettamente gioiose e colorate”. Banksy

    Lee Madgwick

    Lee Madgwick

    C’è vita su Trappist 1? Ancora non lo sappiamo. Di certo sappiamo invece che nei dipinti di Madgwick la vita c’è, anche se non si vede. Anche se gli esseri umani sembrano improvvisamente scomparsi come nella serie culto “The Leftovers”.

    L’essere umano come soggetto sottinteso ma profondamente presente.

    Lee Madgwick - Safe House

    Lee Madgwick – Safe House

    Reduce dall’enorme successo dovuto alla partecipazione al progetto “Dismaland” di Banksy, al fianco di nomi del calibro di Damien Hirst, tanto per intenderci, l’artista britannico Lee Madgwick inaugura l’8 aprile alla White Noise Gallery di Roma la sua prima personale italiana.

    La mostra, dal titolo “Stand By”, andrà avanti fino al 31 maggio ed è il secondo capitolo della Trilogia del Silenzio curata da Eleonora Aloise e Carlo Maria Lolli Ghetti.

    A Roma Madgwick presenta 9 opere pittoriche a grande formato per raccontare la sua personale interpretazione del silenzio.

    Architetture immerse in spazi aperti privi di coordinate spazio-temporali, edifici (apparentemente) abbandonati in cui abitano i resti di una quotidianità, coloratissimi giochi per bambini immersi nella fitta vegetazione di un bosco tetro (“Within the realm”, 2017), residui di costruzioni “fuori luogo” (“Fragmnents”, 2017), sono le icone di una dimensione privata costruita dall’uomo, elevate però ad archetipo contemporaneo.

    Ma soprattutto i quadri di Madgwick si configurano come opere apolidi, ancora più significative in epoca di Brexit, di tensioni identitarie, di rigurgito di nazionalismi.

    Lee Madgwick - Fragments

    Lee Madgwick – Fragments

    Nei suoi mondi a porte chiuse, in un’atmosfera satura, le strutture si stagliano al di sopra della terra come magneti respingenti. Altri sono dispersi, avvolti dalla natura che si riprende il suo primato.

    Il cemento appare inerme e la natura infrangibile.

    Eppure, nel declino persiste una ostinata tensione vitale.

    Ogni tela ha in sè una narrazione, suggerisce la presenza di un prima e un dopo, ma è bloccata in un costante momento presente, silente e immobile, come un respiro trattenuto o una frase ripetuta in loop. Grazie a questa sospensione Madgwick ci rieduca all’attesa, alla percezione del tempo, ad osservare le conseguenze in un eterno stand-by.

    Nelle visioni distopiche di Madgwick, c’è forse più malinconia che orrore, più lirismo che angoscia. Ma l’inquietudine è comunque dietro l’angolo. Perché in questo poeta visivo che canta la residualità, in questo nipotino di Edward Hopper che ha rielaborato il meglio dell’immaginario post apocalittico, si sentono comunque le letture di capolavori come “Io sono leggenda” di Richard Matheson.

    E chissà che da quell’unica finestra illuminata raffigurata nell’opera “Safe House” non faccia capolino la sagoma di un Norman Bates con tanto di lama o da dietro di una di quelle porte chiuse presenti in quasi tutte le altre opere non spunti, all’improvviso, Pennywise, il terrificante clown protagonista di “It”, monumentale romanzo di Stephen King.

     

    BIOGRAFIA DELL’ARTISTA

    Lee Madgwick Nato nel 1980 a King’s Lynn (Norfolk), in Inghilterra, studia Graphic Design alla Norwich School of Art, dove si laurea nel 2003. Nel 2005 ha luogo la sua prima personale, alla Doric Arts Gallery di King’s Lynn. Selezionato nel 2009 per partecipare alla mostra Eastern Open Exhibition al King’s Lynn Arts Centre, vince il premio “Best in Show”; lo stesso anno viene invitato alla Summer Exhibition della Royal Academy of Arts, esperienza che ripeterà nel 2012. L’anno successivo viene eletto membro della Royal Society of British Artists (RBA), partecipando alla mostra annuale della stessa all’interno delle Mall Galleries di Londra. Durante l’esposizione riceve il premio “Woodhay Gallery Award”. Continuerà poi a partecipare alla collettiva dei membri del gruppo ogni anno a partire da quel momento. Nel 2013 viene insignito del “Painting Award” dalla Wyss Foundation. Prosegue nel frattempo la sua carriera espositiva all’interno di diverse gallerie inglesi e partecipa a numerose fiere nelle più importanti capitali artistiche mondiali, fra cui Amsterdam, Londra, New York, Singapore e Stoccolma.

    Nel 2015 viene invitato da Banksy a partecipare all’ambizioso progetto di Dismaland insieme ad altri 57 artisti di fama internazionale.

    Arriva nel 2017 alla White Noise Gallery con la sua prima personale in Italia.

    Lee Madgwick

    Stand by
    8 aprile – 31 maggio

    White Noise Gallery
    Via dei Marsi 20/22 – Roma

    Orari: Mar-Ven 12:00-20:00 / Sab: 16:00-20:00
    Ingresso libero

     

     

    TRILOGIA DEL SILENZIO

    JASON SHULMAN | LEE MADGWICK | MAR HERNANDEZ

    Capitolo 1
    Jason Shulman – Fast Forward
    28 gennaio – 25 marzo 2017

    Capitolo 2
    Lee Madgwick – Stand-By
    8 aprile – 31 maggio 2017

    Capitolo 3
    Mar Hernández – Rewind
    14 giugno – 31 luglio 2017

    Comprimere un intero film in un’unica immagine. Dipingere il mondo come se l’umanità fosse, improvvisamente, scomparsa nel nulla. Rappresentare lo spazio attraverso le tracce di una presenza passata. E’ la Trilogia del Silenzio, nuovo progetto espositivo declinato in tre mostre in programma dal 28 gennaio al 31 luglio alla White Noise Gallery di Roma, con la curatela di Eleonora Aloise e Carlo Maria Lolli Ghetti.

    L’impossibilità fisica di creare l’assenza genera da sempre una fascinazione irrisolta. Nel celeberrimo brano 4’33” di John Cage, infatti, il silenzio degli strumenti acquistava senso in relazione al rumore variabile del pubblico, perché il vuoto e il silenzio sono pura astrazione e più si tenta di raggiungerli, più emerge il loro opposto.

    3 artisti internazionali, 3 mostre personali, 3 linguaggi differenti riuniti in un’unica traiettoria di pensiero: raccontare l’umanità attraverso la sua assenza con l’obbiettivo di creare il Silenzio. Questa la sfida raccolta da Jason Shulman, Lee Madgwick e Mar Hernàndez con Fast Forward, Stand-By e Rewind, titoli delle rispettive mostre e uniche condizioni in cui il suono esiste ma non può essere percepito.

    Come un lungo videotape regolato da questi comandi, la Trilogia del Silenzio inaugura il 28 gennaio con “Fast Forward”, personale fotografica dell’artista inglese di fama internazionale Jason Shulman, capace di comprimere migliaia di frame di film cult in un’unica fotografia. Il progetto prosegue l’8 aprile con “Stand-by” in cui il mondo viene congelato in un’eterna istantanea nei dipinti del britannico Lee Madgwick, e si chiude il 14 giugno con “Rewind” dell’artista spagnola Mar Hernàndez, che, con le sue opere tra disegno, incisione e fotografia, rappresenta la realtà attraverso le tracce fantasmatiche di un passato che non esiste più.

     

    WHITE NOISE GALLERY

    La White Noise Gallery è stata fondata nel 2014 da Eleonora Aloise e Carlo Maria Lolli Ghetti. La galleria deve il suo nome al fenomeno fisico del rumore bianco e suggerisce attraverso di lui il suo obiettivo principale: essere in grado di captare ed elaborare tutte le frequenze che risuonano nel mondo dell’arte contemporanea. La storia del pensiero si fonda tanto su Rousseau quanto su Hobbes, quella della musica ha avuto bisogno tanto di Bach quanto dei Joy Division, così quella dell’arte. La galleria non nasce con una caratterizzazione univoca, non predilige un approccio, non appoggia una corrente e non cerca di cavalcare un’onda. Lo scopo, dichiarato, è quello di inviare un segnale sullo stato dell’arte attraverso il lavoro di artisti eterogenei che siano in grado di interpretare al meglio gli stimoli del loro tempo. La galleria nasce dal tentativo di garantire questo ai suoi frequentatori: essere tela bianca, mai uguale a se stessa, da cui partire per elaborare il pensiero artistico del domani.

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