Successo Eurhop, 23mila litri di birra spillati e 25mila persone

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Roma – Venticinque mila partecipanti, piu’ di 850 birre a rotazione su oltre 400 spine. 23 mila i litri spillati dagli oltre 150 produttori provenienti da 15 nazioni diverse. Acidule, ai frutti rossi, caffettose, frizzanti, senza schiuma, bio e addirittura con le formiche. Birrifici dagli States, Francia, Belgio, Gran Bretagna, Estonia, Danimarca e chi piu’ ne ha piu’ ne metta. Tutto condito da un panorama italiano che ormai non ha piu’ nulla da invidiare alle realta’ brassicole di tutto il mondo. Come “un ponte tra culture” torna Eurhop, la tre giorni di festival della birra artigianale conclusasi domenica 6 ottobre a Roma. Arrivato quest’anno alla sua settima edizione, Eurhop – tra i 5 festival piu’ grandi d’Europa – si conferma momento ricreativo, di coesione, scambio internazionale e riscrittura di quella che viene definita “la cultura del bere bene”. Il livello, infatti, “e’ sempre piu’ alto- spiega alla Dire Luca Migliorati, Publigiovane, l’agenzia organizzatrice dell’evento- Abbiamo registrato una crescita sempre maggiore di conoscenza, di cultura birraria e di consapevolezza delle persone che si avvicinano, che sono sempre piu’ preparate, incuriosite, anche i neofiti e le donne”. Elemento che ci tiene a sottolineare perche’ “il mondo della birra e’ sempre stato considerato molto maschile e invece non e’ piu’ cosi'”. Tante le storie, gli spunti e le curiosita’ che scorrono tra le 400 spine che nel weekend hanno inondato il Salone delle Fontane all’Eur. Dall’isola di Bornholm, ad esempio, Eurhop accoglie addirittura una birra alle formiche. ‘Antnother Brick in the Wall’, oltre al tributo ai Pink Floyd, e’ una “tart saison invecchiata di due anni, non molto vegana”, si legge sul sito di Beer Here, il birrificio produttore. L’inusuale utilizzo di “formica rossa e’ infatti abbastanza comune” nell’isola danese, e le formiche – si legge in descrizione – “sono state ‘affogate’ nell’96% di etanolo, schiacciate e poi filtrate nella birra”. Il sapore e’ fortemente speziato e “ricorda lime e rabarbaro”.

Dalle Dolomiti a Ragusa, poi, anche l’Italia nonostante “molti non lo sappiano- aggiunge Migliorati- e’ arrivata a livelli molto alti nella produzione di birra artigianale”. Non e’ un caso che, secondo i dati conclusivi del festival, “sono 17 le regioni rappresentate”, per un totale di 63 voci birrarie italiane. Tra queste c’e’ Bionoc, birrificio biologico, “completamente eco-sostenibile” che dal Trentino Alto Adige dal 2012 “ha sfornato oltre 40 tipi di birre diverse”, spiega Fabio Simoni, uno dei proprietari del ‘brewery’. “Tutti i luppoli che coltiviamo sono biologici. Tutti i cereali vengono prodotti con un sistema assolutamente naturale. In piu’- continua- tutte le trebbie che produciamo per fare la birra vengono date per meta’ agli animali”. E “la sera stessa o la mattina dopo, diventano concime utilizzato nei campi di luppolo, di orzo e di piccoli frutti rossi per le birre acide”. Ciliegina sulla torta, “l’intero birrificio Bionoc viene alimentato solo ed esclusivamente ad energie rinnovabili, idroelettriche”. Tra le eccellenze italiane spunta anche Rebel, realta’ romana “nata nel 2016 da quattro ragazzi under30” che fondano il loro progetto sul contatto con il territorio. Riccardo Di Profio spiega all’agenzia Dire che, ad esempio, “abbiamo deciso di distribuirci autonomamente nel Lazio, cosi’ da offrire un prodotto rispettoso della catena del freddo che lo salvaguardi dalla deperibilita’”. Spezie di ogni tipo, “in particolare il bergamotto che ci invidiano da tutto il mondo- continua- regalano sapori che rendono le nostre birre esclusive”, miscele di “basi classiche rivisitate con tocco ‘post-modern'”. Rebels, inoltre, si fa forte dell’aver riscritto il concetto di birrificio cosi’ per come lo intendiamo in Italia. “Da aprile a settembre, infatti, con cadenza bisettimanale organizziamo” eventi culturali “dove il ‘core’ non e’ la birra soltanto- spiega- ma la passione e l’attenzione per il prodotto si coniugano al divertimento, lo scambio e la musica”. Cosi’ il birrificio “non e’ piu’ un luogo lontano di produzione nell’immaginario del consumatore, ma i 400 mq di garden di cui disponiamo diventano veicolo di aggregazione, scambio, scoperta”, consapevolezza del ‘bere bere’.

Eurhop unisce quindi un po’ tutti. Mamme e papa’ con neonati in passeggino, bambini che corrono per lo spazio antistante il salone, orde di giovani e anziani. “Un pubblico trasversale, di tutte le eta’”, che approda al festival e scopre un “mondo genuino, dove si puo’ stare bene, ci si puo’ incontrare e conoscere, anche con il resto del mondo”. Dall’Europa e dall’estero, infatti, “oltre che la birra arrivano molti appassionati – che girano per i festival europei – e questo diventa un luogo di incontro di culture, di condivisione. Numeri a parte, Eurhop rimane un quindi un ponte d’aggregazione internazionale. Dove la birra si fa cultura, dove i progetti parlano di intere famiglie di birrai, di eco-sostenibilita’, di birre con formiche o passate in botte nel Brunello di Montalcino. Con un vero unico risultato: l’accresciuto “interesse e la sempre maggiore ricerca per la qualita’” dei prodotti, da parte delle persone. Quando bere “non e’ cultura dello sfascio”.

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