Virginedda Addurata

Virginedda Addurata

23/05/19

: - Inizio ore 21.00 - Fine ore 22.30
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VIRGINEDDA ADDURATA
di Giuseppina Torregrossa
con EGLE DORIA e FRANCESCA VITALE
regia NICOLA ALBERTO OROFINO
voce fuori campo FIORENZO FIORITO
direzione organizzativa RENATO LOMBARDO

INVENTARIA FESTIVAL 2019
Giovedì 23 MAGGIO 2019, ore 21:00
TEATRO TRASTEVERE
Via Jacopa De’ Settesoli, 3 – Roma
Spettacolo fuori concorso – PRIMA RAPPRESENTAZIONE ROMANA

I protagonisti di un femminicidio realmente accaduto a Trapani si confessano a santa Rosalia e invocano, tra il sacro e il profano, la grazia dalla loro “Virginedda Addurata”.

Virginedda Addurata di Giuseppina Torregrossa, con Egle Doria e Francesca Vitale, per la regia di Nicola Alberto Orofino, sarà in scena giovedì 23 maggio al Teatro Trastevere, in prima romana come spettacolo teatrale fuori concorso, in occasione della nona edizione del Festival Inventaria – La festa del teatro off- che si terrà a Roma dal 21 maggio al 16 giugno. Eccezionalmente, allo spettacolo sarà presente anche l’autrice palermitana Giuseppina Torregrossa.

Per dare voce a santa Rosalia la fertile penna di Giuseppina Torregrossa coglie spunto da un raccapricciante fatto di cronaca avvenuto recentemente a Trapani. Un marito, con la complicità della sua amante, trascina in un agguato la moglie (Maria Nastasi), al nono mese di gravidanza del loro quarto figlio, le spacca la testa, la cosparge di benzina e poi le dà fuoco.
Le protagoniste della storia, prima che la tragedia si compia, vanno tutti supplici dalla “Santuzza”.
La vittima, la madre della vittima, la figlia della vittima, l’amante del marito e alla fine anche lo stesso marito/carnefice. I racconti, confessioni e invocazioni alla Santuzza consentono al pubblico di guardare allo specchio la natura di queste donne messe a nudo, le loro fragilità, le loro pochezze, ma anche l’appartenenza ad un sistema dove si sono smarriti i valori più semplici come il buon senso. Ma la voce di una santa che oggi vanta 886 anni, Rosalia, si erge potente e universale:
“Si deve fare molta attenzione quando si prega, perché si versano molte più lacrime per le preghiere esaudite che per quelle non accolte”.

Nicola Alberto Orofino, regista dello spettacolo, ha tratteggiato con l’originalità che gli è propria il divino e l’umano che è in questa donna misteriosa, della cui vita si sa pochissimo e che fu conosciuta solo dopo la sua morte per il miracolo della guarigione palermitana dall’epidemia di peste che colpì la città nel 1624.
In scena due attrici necessariamente eclettiche, Egle Doria e Francesca Vitale, daranno voce alle donne e agli uomini, ai santi e ai fanti di una storia come tante in questo mondo.

Note dell’autrice
Che succederebbe se potessimo leggere nei pensieri dei Santi, che fissano chi li invoca immobili e impassibili nelle loro statue e immaginette, apparentemente condiscendenti a tutto quanto esca dalle bocche dei fedeli? Giuseppina Torregrossa si pone un simile dubbio-enigma in Virginedda Addurata (Vergine Adorata), e per creare una riflessione sul tema dà vita ad una diretta interessata: Santa Rosalia, patrona di Palermo. Rosalia visse gran parte della sua vita nel silenzio di una grotta, prima nei pressi di Agrigento, poi a Palermo. Fu dunque un’eremita. Abituata al silenzio, del tutto priva da condizionamenti di culture, media e tendenze dominanti, ma anche dalle controculture e dalle controtendenze. Se potesse parlare, una santa-eremita come Rosalia non darebbe a nessuno – né di maggioranza né di opposizione – le risposte che si aspetta.
Note di regia
Ruolo/Vittima e ruolo/carnefice sono come due calamite di segno opposto. Si attraggono. Non possono fare a meno l’uno dell’altro. Non c’è scontro, non c’è ribellione, non c’è ragione, non c’è giustizia. C’è solo incanto che genera violenza. La peggiore violenza di sempre. Il ruolo/Santa è l’intermediario perfetto. Confidente silente che non giudica, strumento ideale per pulire coscienze tumefatte, è assolutamente in linea con gli altri due ruoli. Se questi sono i presupposti, quella che raccontiamo è una “tragedia normale”. Perché in una Sicilia che più tremenda e contemporanea di così si muore, il motto “scherza coi fanti, ma lascia stare i santi” è totalmente infondato.

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