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Favola della domenica – Il folletto e il sacerdote

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    C’era una volta un folletto che s’imbatté un giorno in un’antica costruzione con un campanile. ‘Che bella!’ pensò. Entrò dalla porta principale della basilica insieme a un gruppo di fedeli e si fermò, perplesso, nella navata centrale, invisibile a tutti. Vide alcune persone che andavano e venivano, altre che sedevano composte nei banchi di legno oppure seguivano con attenzione un sacerdote celebrante in una delle tante cappelle laterali. ‘Ciò è interessante e nuovo per me’ si disse il folletto di nome Serafino ‘cerchiamo di capire di che cosa si tratta’.

    S’introdusse con circospezione nella cappella illuminata nel momento in cui un melodioso canto veniva intonato da tutta l’assemblea. ‘Ci sono! Questo è un luogo sacro’ pensò schioccando le dita. Pian piano si avvicinò al celebrante e, pieno di curiosità, seguì le varie fasi del rito religioso.

    ‘E’ chiaro, ho capito’ si disse alla fine. ‘Qui si tessono le lodi del Signore e contemporaneamente ognuno chiede grazie per sé e per coloro che ama. Forse anch’io potrei chiedere un favore: Signore, se ti è possibile, fammi trovare una folletta fatta apposta per me. Mi sento un po’ solo’.

    Soddisfatto, alla fine della funzione, Serafino seguì il sacerdote dentro la sacrestia. Osservò tutti i suoi movimenti, i vari compiti da lui svolti durante la giornata, in collaborazione con i suoi confratelli, finché non sedettero tutti a tavola per la cena comunitaria.

    ‘Vorrei essere un religioso anch’io’ si disse con improvviso desiderio e si sistemò accanto al prete che si chiamava Fulvio. Determinato a condividere la sua vita, s’impossessò di una forchetta che prese a piroettare a destra e a manca finché non si piantò nella zuppiera colma di spaghetti.

    ‘Questa è un maleficio!’ tuonò il vicario che seguiva costernato la scena. Serafino si bloccò immediatamente.

    ‘Non sono in grado di farmi vedere da questi prelati, ma forse posso trasfigurare l’ambiente per far capire loro che sono solo un folletto innocuo’ pensò con entusiasmo. Fu allora che a tutti i commensali sembrò di essere in un bosco. Ognuno di essi respirò l’aria salubre del muschio e dei licheni e osservò le meraviglie della vita dei tassi e dei faggi che allungano le lunghe braccia verso il cielo.

    Tutt’intorno comparve il popolo dei folletti. Erano piccoli e diligenti: raddrizzavano foglie, liberavano i cespugli selvatici dai rami secchi e accarezzavano il muschio cresciuto sulle rocce. Da quel luogo emanava una fragranza meravigliosa. Serafino inviò sorridendo un cordiale cenno di saluto. Il bosco scomparve e i religiosi si trovarono, come prima, dinanzi alla semplice mensa.

    Per un poco si guardarono l’un l’altro senza parlare poi il più giovane di essi prese la parola : “Ho avuto una strana visione” disse “mi sembrava di essere in un bosco.” La forchetta si mosse nuovamente. “Che diamine!” continuò “che sia tra noi uno di quegli omini dei boschi?”

    “Dici bene” disse Fulvio “anch’io ho visto il bosco.”

    “Io invece ho sentito parlare di folletti ed elfi che popolano la terra” esclamò d’un fiato un timido pretino.

    “Assurdità!” tuonò di nuovo il vicario “queste cose non esistono!”

    Serafino continuava a girare tra i commensali fermandosi di preferenza vicino all’amico, il quale pensava: ‘Magari fossi anch’io un folletto per trovarmi di tanto in tanto in un bel bosco o in giro per il mondo…’ Detto fatto. Serafino lo trasportò ai piedi di un’imponente cascata che spruzzò coi suoi flutti il volto felice del prete.

    “Padre Fulvio!” tuonò il vicario. “La smetta di fantasticare”. Il prelato, confuso, si riscosse e consumò silenziosamente la sua cena. Era cosciente, però, di essere ancora affiancato da quello che pensava essere uno dei folletti della foresta e fu contento di ritrovarsi, più tardi, nella sua cella per riflettere sull’accaduto.

    Coricandosi, desiderò di nuovo di essere in giro per il mondo. Credendo di sognare, viaggiò con il compagno nei più bei posti del pianeta. Insieme, s’immersero nelle foreste dell’Amazzonia. E meno male che Serafino intuiva quali fossero i segreti sentieri che si snodavano tra gli alberi, altrimenti avrebbero rischiato di perdersi. Poi, visitarono il Machu Picchu e le foreste pluviali, passando per la barriera corallina.

    Padre Fulvio sapeva che i luoghi da essi visitati costituivano la linfa vitale per gli esseri umani e pregò con tutto se stesso perché Dio li conservasse intatti e lussureggianti. Con Serafino comunicava con sguardi e riflessioni mentali e sembrava che i due si capissero a meraviglia.

    Una delle notti in cui i due amici viaggiavano nell’America del Sud, Serafino incontrò un altro folletto, anzi, una folletta, di nome Geltrude. “Ehi, compagna, dove vai viaggiando tutta sola per la foresta?”

    “Non sono sola. Sto accompagnando un gruppo di religiose desiderose di visitare questa parte di terra” rispose.

    ‘Oh, quant’è piccolo il mondo’ pensò con gioia il giovane prete.

    “Scusa, ma se viaggi, non puoi eseguire i compiti che ci sono stati affidati” esclamò il folletto.

    “Non è vero! Tutti i giorni io sistemo le foglie sugli alberi, pulisco i cespugli impolverati dal vento e raccolgo il muschio secco sulle rocce.. Tu, invece, che fai ?”

    “Io voglio diventare un sacerdote perciò accompagno il mio amico a visitare i luoghi che conosco e che mi sono cari”.

    “Vuoi diventare un sacerdote!?” esclamò incredula Geltrude.

    “Sì, un sacerdote di uomini.”

    “Ma sei solo un folletto!”

    “E allora?” rispose indispettito Serafino.

    “E allora gli uomini non ti conoscono. Puoi essere sacerdote solo degli alberi”.

    Padre Fulvio, che aveva capito quasi tutto di quella conversazione, volle intervenire : “Il tuo desiderio ti fa onore Serafino, ma permettimi di dirti una cosa. I luoghi che mi hai fatto visitare sono talmente belli da essere sacri quanto e più del cuore degli uomini. Non vuoi continuare a occuparti di essi?”

    Serafino ascoltò con attenzione queste parole e pensò che meritavano di essere prese in considerazione.

    “Se rimani” proruppe Geltrude “potrai lavorare con me e accompagnare i religiosi a visitare i luoghi della Terra più belli e seducenti”.

    “Forse avete ragione” rispose Serafino a cui la prospettiva di lavorare con la spigliata Geltrude non dispiaceva affatto. “Ma sì, mi avete convinto. Resterò tra i folletti e, nello stesso tempo, farò da guida agli amici sacerdoti, che ammiro tanto!”

    Maria Rosaria Fortini

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