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Favola della domenica – Gli angioletti musicisti

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    Sulle bianche nuvole che viaggiano per il cielo infinito ci sono degli angeli. Hanno le alucce bianche, l’aspetto di bambini e ognuno tiene con sé uno strumento musicale: chi l’arpa, chi il violino, chi il flauto.

    Gli angeli conducono una vita felice contemplando le bellezze del creato e suonando i propri strumenti per far scendere sugli uomini un po’ della loro musica e della loro pace.

    Essi li guardano dall’alto, gli esseri umani: sempre molto frettolosi, indaffarati e pensierosi per i problemi quotidiani. Sbirciano anche dagli oblò degli aerei quando capitano dentro le loro nuvole.

    Ognuno di questi amabili esseri alati sceglie dei protetti tra gli abitanti della Terra.

    Un giorno uno di essi, un suonatore d’arpa, adocchiò un gruppo di vagabondi. Il secondo, suonatore di violino, un gruppo di ragazze sbandate e un terzo, suonatore di flauto, scelse per sé una serie di bevitori incalliti.

    “A me piacciono molto i miei vagabondi” diceva il primo “sono così lontani dalla vita dei loro simili che pensano spesso a noi, anche se non se ne rendono conto”.

    “A me piacciono le mie ragazze” aggiungeva il secondo “sono così disperate nella loro ricerca del divino, da cadere in errori madornali”.

    “I miei ubriachi invece” affermava il terzo “non hanno mai i piedi per terra; sognano continuamente nella speranza di avvicinarci”.

    Così di notte, quando tutti i protetti cadevano in un sonno profondo, i tre angioletti li visitavano suonando i loro pezzi musicali talmente struggenti da farli risvegliare quasi riconciliati con la vita.

    Infatti, quando un senza dimora si sistemò al solito angolo per chiedere l’elemosina, sorrideva a tutti quelli che passavano anche se non gli lasciavano alcuna offerta. ‘Che strano’ pensava una donna ‘a questo poveretto manca tutto eppure sembra più felice di me..’

    E ancora, quando una ragazza protetta dal suonatore di violino, andò in giro per ore in cerca di un lavoro, ringraziava e sorrideva anche a chi le rifiutava in malo modo qualsiasi aiuto.

    Gli ubriachi invece avevano poco da sorridere, schiavi com’erano della loro abitudine, ma quando s’incontrarono al solito bar, intorno al solito tavolo, davanti al solito bicchiere, si sentivano più allegri e ciarlieri e cercavano di conoscere le disgrazie e le infelicità l’uno dell’altro. Il padrone del bar li guardava perplesso, indeciso tra la contentezza di avere un buon cicaleccio nel suo locale e l’incredulità di vedere gli abituali beoni allegri e socievoli.

    Gli angioletti musicisti si scambiavano i progressi fatti giornalmente dai rispettivi tutelati, con l’intento di portarli man mano a migliorare la qualità della loro vita; oltre che suonare, i tre alati suggerivano qualche valida soluzione per risolvere i casi più difficili tant’è vero che, ben presto, un vecchietto dall’aria mite, decise di far ritorno alla casa di riposo dalla quale era fuggito, sembrandogli la vita attuale ben peggiore di quella precedente.

    Inoltre, una ragazza scappata di casa, preferì tornare dai genitori che pur sempre l’amavano anche se non lo dimostravano, e un ubriacone perdonò la moglie che l’aveva tradito, trovando il coraggio di ammettere che nessuno è perfetto e che anche lui, percorrendo la strada dell’alcolismo, non aveva fatto una buona scelta.

    C’era invece una ragazza che sembrava soddisfatta di aver intrapreso, insieme a una banda di ragazzi, la professione della rapinatrice. Per sopravvivere, aveva all’inizio accettato di fare da ‘palo’ ai piccoli furti che amici occasionali compivano abitualmente, poi si era data anche lei in quest’attività in modo regolare e senza rimorso. L’angioletto continuava a suggerirle, durante la notte, di interrompere quella vita che l’avrebbe portata, quanto meno, in una buia prigione, ma Laura si sentiva  troppo sicura di sé per dare ascolto a saggi consigli.

    Un giorno la sua banda decise di rapinare un ufficio postale. In un colpo solo, dissero, avrebbero potuto mettersi in tasca un bel gruzzolo. Laura non ne fu spaventata, anzi fu contenta della novità. Avrebbe dovuto dare prova di audacia e di sicurezza più delle volte precedenti. Per compiere questo furto, avrebbe coperto il volto con un cappuccio.

    Quando, protetti dal buio della prima sera, il gruppo di giovani entrò fragorosamente dalla porta posteriore dell’edificio postale, Laura ne fu impedita prima, da un ragazzo ubriaco che le si era parato davanti, poi dallo sgambetto, volontario o no, di un vagabondo che era seduto nel vicolo.

    La ragazza cominciò a imprecare. L’ubriaco, ridendo, le sfilò il cappuccio dalla testa e il mendicante l’afferrò ela nascose nell’ombra.

    In quel momento, si udì la sirena delle forze dell’ordine che erano state avvertite da una telefonata anonima, così la banda dei ragazzi venne presa e portata via in manette. Era la prima volta che questo accadeva e Laura ne fu atterrita. Doveva ringraziare la sorte di non essere stata scoperta.

    La sorte?? Veramente erano stati un giovane ubriaco e un vagabondo a impedire che venisse arrestata insieme agli altri.

    Volle ringraziarli e da quel giorno fece amicizia con i due sfortunati. Venne a sapere che l’uomo era finito sul marciapiede perché aveva perduto, in un incidente, l’unica figlia, mentre l’altro aveva creduto di riconoscere, nel modo di camminare di Laura, la sua ex fidanzata molto amata.

    Quella notte, all’orecchio dei tre personaggi, alcuni angeli, suonando i loro strumenti musicali, diedero un consiglio: alla ragazza, dissero di approfittare del ‘caso’ che l’aveva aiutata, al giovanotto che forse poteva rifarsi una vita con la signorina da poco conosciuta, e all’uomo di strada che sì, è vero, aveva perduto una figlia, ma ora aveva salvato Laura dalla rovina.

    I tre amici ascoltarono i suggerimenti degli angeli e misero ordine nelle loro esistenze, riconoscendo in ciò che era accaduto, un segno di benevolenza da parte di Qualcuno più in alto di loro.

    Maria Rosaria Fortini

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