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Favola della domenica – Il giardino fiorito

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    “Non è vero che tutti i giardini sono verdi e pieni di fiori; questo è secco e arido.” Marcello aveva espresso un tale pensiero guardando dalla finestra il pezzo di terra che circondava la sua casa. “Per l’arrivo della primavera, voglio renderlo colorato e profumato.”

    Si era trasferito con la famiglia da pochi giorni in una casa con il giardino e ne era felicissimo. Lo avrebbe reso presto bello e verde come l’aveva immaginato.

    Non sarebbe stato facile realizzare questo progetto, sia per mancanza di esperienza che di denaro, ma il suo amore per la natura era così grande, che corse a cercare un vivaio dove, consultando vari opuscoli e parlando col vivaista, si accorse che avrebbe potuto tentare l’avventura.

    Si mise all’opera. Con ben tre paghette settimanali risparmiate, si recò al negozio dove erano in bellavista sementi ed arbusti di varie specie. Considerò i prezzi e fu certo di poter acquistare materiale per seminare, per lo meno, un piccolo appezzamento di terreno.

    Il padre lo incoraggiò, ma disse che non avrebbe avuto tempo per aiutarlo. La stessa cosa affermò la madre, perciò Marcello si sentì l’unico artefice della bellezza di quel piccolo angolo di terra.

    Seguendo le indicazioni degli opuscoli e i consigli del vivaista, nel giro di un paio d’ore, smosse le zolle, scavò, seminò e innaffiò tutta l’area prescelta. Nei giorni seguenti, di ritorno da scuola, la controllò con attenzione, l’innaffiò di nuovo poi, ogni pomeriggio, nell’intervallo tra i compiti, la osservava dalla sua finestra, poiché gli avevano detto che anche lo sguardo e i pensieri amorevoli del seminatore aiutano i semi a nascere e a crescere.

    Accadde che, durante i giorni freddi prima dell’arrivo della primavera, la mamma Olga si ammalò e fu costretta a rimanere a letto per molti giorni. Tale fu la preoccupazione, che il ragazzo quasi dimenticò il suo pezzo di giardino.

    Aveva molte incombenze: la mattina preparava la colazione e, prima di uscire, si assicurava che la mamma avesse tutto il necessario per le sue cure; appena uscito da scuola, comprava generi alimentari che avrebbe usato per preparare il pranzo. Il padre, di solito, non rientrava fino al tardo pomeriggio, per cui doveva anche farle compagnia tra lo svolgimento di un compito e l’altro.

    Un giorno piovve a dirotto. Finalmente Marcello si ricordò delle sue piante. Andò di corsa fuori ed ebbe la gioia di scoprire che,  tra le zolle smosse, erano spuntati sottili fili d’erba. Li accarezzò, li contemplò quasi commosso e gli venne spontaneo scusarsi confessando che la malattia della mamma e gli impegni gli avevano fatto dimenticare temporaneamente la loro esistenza. Restò a bocca aperta dalla meraviglia quando i fili verdi ai quali stava parlando, si mossero leggermente come spinti da folate di vento e allora fu certo che i germogli appena nati avevano risposto alle sue parole.

    In quel mentre, il gatto rosso dei vicini, di nome Mitridate, s’intrufolò tra la rete di recinzione che divideva i due giardini e piombò fulmineo su una lucertola che transitava da quelle parti. Marcello fu preso da terrore; le sue piantine avevano rischiato di essere calpestate e distrutte. In fretta, pensò al modo migliore per difenderle da quegli attacchi.

    Prese, dall’armadio degli attrezzi, un telo di plastica trasparente, fil di ferro ed assi di legno divelte da una cassetta abbandonata. Con questi elementi, costruì un rifugio simile ad una serra dentro cui Mitridate non avrebbe potuto entrare. L’aria e il sole per nutrire le sue protette, sarebbero entrati da fori praticati sul telo di plastica. Soddisfatto, si recò dalla mamma per raccontarle l’accaduto e finì dicendole: “Guarisci presto perché voglio mostrarti i miei germogli e la serra.” La mamma annuì, impaziente di guarire per potersi alzare e seguire il lavoro del suo ragazzo.

    Anche se Marcello era triste, il pensiero del fazzoletto coltivato gli donava serenità ed energia e poi, da alcuni giorni, il gatto non si vedeva più.

    Con l’arrivo della primavera, spuntarono i primi boccioli di crocus, tulipani e fresie e, insieme a loro, anche la salute della mamma fiorì a nuova vita.

    Marcello non vedeva l’ora di andare con lei nel giardino e, finalmente, un giorno, poterono attraversare il terreno incolto per raggiungere la mitica serra. Erano sbocciati una quantità di fiori colorati.

    “Sono splendidi” esclamò Olga con entusiasmo ammirando i petali gialli, viola, rossi e arancione che avvolgevano le numerose corolle; “non credevo che fossi tanto bravo e che il tuo lavoro portasse a questo meraviglioso risultato.” Inoltre, intensi profumi si levavano dai fiori. Per l’avvenire, la famiglia si ripromise di rendere il terreno che circondava la casa, un’esplosione di piante e di arbusti colorati.

    Marcello ne era felice, non avrebbe potuto desiderare niente di più; ma non aveva fatto i conti con Mitridate il quale, sornione, non si era più accostato all’angolo fiorito finché il telo che lo copriva era rimasto al suo posto. Ma quando venne rimosso, apparve una superficie di giardino così splendente, che tanti insetti accorsero per visitarlo; prime fra tutti, variopinte farfalle.

    Infaticabile giocherellone, il gatto rosso si ripromise di catturarne qualcuna per farne dono alla sua padrona Gisella. Una mattina in cui i vicini erano fuori, scavalcò la rete divisoria e si mise ad inseguire una farfalla dalle ali sfumate. Pestò così dei crocus gialli e delle magnifiche fresie color violetto, catturò la farfalla e la portò a Gisella. Questa, uscendo sul vialetto ghiaioso, vide le condizioni in cui era ridotto il giardino coltivato. Cercò di salvare il salvabile, poi corse in casa, indossò una giacca e andò in fretta al vivaio dove acquistò varie piante già fiorite. Le sostituì con quelle danneggiate e fece una ramanzina al gatto indisciplinato.

    Al ritorno, Marcello e i suoi genitori, rimirando i fiori colorati, ebbero la sorpresa di vedere, tra quelli conosciuti, alcune viole del pensiero delicate e vellutate, nate forse, chissà come, per un miracolo della natura.

    Maria Rosaria Fortini

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