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Favola della domenica – Il veliero sul lago

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    In un giorno di maggio dell’anno mille, una barca grande e a vele spiegate solcava un lago azzurro, esteso come un mare.

    In mezzo al lago, affiorava una piccola isola che la principessa Dora raggiungeva spesso in compagnia dell’equipaggio e di sua sorella Biancaperla.

    Dora era preoccupata più del solito quel giorno perché le avevano riferito che uomini senza scrupoli tentavano di conquistare l’isola per cercare un tesoro.

    Era chiamato ‘il Tesoro dell’Angelo Azzurro’, dal nome della nave inabissatasi tanto tempo prima nelle profondità del lago.

    Era stato un sogno irraggiungibile per decine di predatori che avevano tentato invano di riportarlo in superficie.

    Il Folletto del Tesoro e i suoi aiutanti difendevano strenuamente la loro proprietà sottomarina da ogni invasione, ma la nave che si stava avvicinando da occidente con bieche intenzioni era guidata dal terribile mago Oslov il quale non aveva alcun timore di gnomi e folletti di ogni ordine e specie.

    La principessa Dora era alla ricerca di un uomo eccezionale che fosse in grado di aiutarla a sgominare la nave del potente mago e dei suoi mercenari.

    Il motivo per cui l’imbarcazione nemica muoveva le sue vele verso l’isola era costituito non solo dall’avidità per il denaro nascosto tra le rovine della goletta naufragata tra gli scogli, ma soprattutto dalla “Fonte Meravigliosa” situata tra gli alberi secolari e le rocce di granito bianco che aveva il potere di rendere uomini e maghi, invincibili.

    Dora vi si era immersa più di una volta ed aveva sentito un benessere inesprimibile ma, essendo una fanciulla, non si sentiva del tutto imbattibile e aveva seguito il consiglio dei suoi genitori di cercare nelle acque del lago, lei sola responsabile della sua isola dorata, un combattente per portare a compimento il conflitto con il terribile Oslov.

    Biancaperla esclamò: “Guarda, Dora, si sta formando un’immagine nell’acqua”.

    Dora accorse alla balaustra e scorse un volto che appariva tra le lievi onde. I suoi lineamenti le ricordarono la fisionomia del loro amato amico Silvano.

    In quel momento, l’uomo di vedetta gridò: “All’erta! All’erta! Il mago si sta avvicinando!”

    Dora ordinò di prepararsi allo scontro. La battaglia tra i due velieri si svolse senza esclusione di colpi e la nave delle due sorelle sfuggì miracolosamente alla furia degli assalitori.

    In poco tempo, attraccò a una delle insenature dell’isola: “Presto! Andiamo alla Fonte.”

    Raggiunsero un luogo incantato e, tra le pagliuzze lucenti dell’acqua, scorsero la ninfa dispensatrice di doni, la Fata che elargiva l’invincibilità.

    Ella accolse con calore i fuggitivi ma il mago, protetto dall’invisibilità, raggiunse il luogo meraviglioso.

    La Fata, con magici volteggi, impedì a Oslov di tuffarsi.

    La sua ira fu tremenda: oscurò il cielo, prosciugò le acque magiche e immobilizzò la ninfa trasformandola in statua.

    “Ti credi invincibile, Oslov?” gridò con rabbia la principessa. “Non distruggerai i miei cari e la mia isola, essere malvagio!”

    “Se non posso distruggervi, renderò questo luogo sterile e inospitale, piccola vipera!” urlò lo stregone al colmo della collera e fu con furia inaudita che inviò fulmini e saette bruciando e inaridendo l’erba circostante.

    “Di corsa al tesoro!” ordinò poi ai mercenari immobilizzati dalla paura per lo spettacolo a cui avevano assistito.

    Alla parola ‘tesoro’, tutti si riscossero e seguirono Oslov con grida di giubilo. Gli uomini di Dora partirono al loro inseguimento.

    Nel mentre, in un antro profondo e segreto dei fondali marini, un migliaio di gnomi e folletti si affannava nel tentativo di sottrarre il contenuto dell’antica nave alle mire del crudele mago.

    Nessuno sembrava poter rimediare a tanta rovina ma, all’improvviso, tra lampi di luce verde e bianca, apparve un giovane alto e sorridente. Quando fu disceso da una sorta di fune appesa al cielo, si inchinò scherzosamente davanti alle due sorelle e le baciò.

    “Silvano! Sei venuto per salvare tua madre e la nostra isola, vero?” disse Biancaperla riconoscendo nel giovane il figlio della ninfa, loro compagno di giochi nell’infanzia.

    “Finalmente sei tornato a trovarci” esclamò Dora, felice.

    “Quando c’è bisogno di me, arrivo immediatamente.”

    Riconosciuta la statua lì accanto, Silvano la trasformò con un lieve tocco e con un bacio di nuovo in ninfa: “Bentornata madre!”. Poi, rivolto alle due sorelle, esclamò: “Raccontatemi tutto.”

    Dora espose gli avvenimenti appena trascorsi confessando che, per quanto fosse fiduciosa nella conclusione positiva dello scontro con il mago predatore, si sentiva molto smarrita.

    “Capisco il tuo stato d’animo. Nel paese dei Maestri dal quale provengo e da cui apprendo la scienza magica, Oslov è conosciuto come un essere senza pietà, che mira alla ricchezza e al dominio.”

    “Che cosa possiamo fare per contrastarlo?” domandò Biancaperla.

    “Lo attirerò su un altro mondo, dimostrandogli che lì si trova la vera ricchezza.”

    “Dovrai catturarlo, perché ti segua” disse sua madre.

    “Non sarà necessario, so come costringerlo.” Silvano scomparve in un cerchio dorato.

    Il mago aveva individuato l’antro sottomarino in cui i folletti e gli gnomi avevano nascosto i preziosi forzieri e vi aveva condotto i suoi mercenari i quali, in un’atmosfera così diversa da quella in cui erano abituati a combattere, cominciavano a disperdersi e a confondersi, ma le minacce e le ritorsioni del mago furono così terribili che nessuno ebbe più il coraggio di ribellarsi. Ben presto, qualcuno di essi catturò una quantità di minuscoli gnomi.

    A un tratto, Oslov si ritrovò, contro la sua pur possente volontà, in un luogo bianco e splendente che lo accecò.

    Dopo alcuni minuti in cui si sentì stordito e incerto, vide una figura davanti a sé che lo apostrofò: “Mago Oslov, devi desistere per sempre dal tuo indegno proposito!”

    “Chi sei?”

    “Sono Silvano.”

    “Come osi darmi degli ordini?”

    “Ti sconsiglio di perseguire nell’intento di rubare il tesoro dell’isola dorata e di nuocere ai suoi abitanti.”

    “Per quale motivo?”

    “Perché quell’isola fa parte del mondo di bellezza e di armonia dal quale ti sto parlando.”

    “Me ne rido di questo Mondo e delle tue intimidazioni! I tuoi poteri non mi toccano.”

    “Io vengo dal Paese dei Maestri. Essi possono farlo.”

    Il mago tacque, poi divenne terreo in volto e con un grido sovrumano si allontanò.

    Abbandonati dal loro comandante e inseguiti dagli uomini di Dora, i mercenari furono molto felici di rinunciare all’impresa. Riemersero dall’acqua abbandonando i prigionieri e raggiunsero la nave da cui erano sbarcati, ripartendo in gran fretta.

    Gli uomini di Dora tornarono dalla loro principessa che ora sedeva pensosa sull’erba bruciata. ‘Riuscirà Silvano nel suo intento?’ si chiedeva.

    Come in risposta alla sua domanda, apparve il giovane che, sorridendo, raccontò lo scontro avuto con Oslov.

    “Dove sarà ora?” esclamò la ninfa, la quale già aveva iniziato a rendere di nuovo incantato e lussureggiante quel luogo magnifico.

    L’amica guardò Silvano con amore e riconoscenza indecisa se dimostrargli in quel momento la profondità dei suoi sentimenti. Come se avesse letto nei suoi occhi, il ragazzo le sorrise, l’attirò a sé e la baciò.

    Maria Rosaria Fortini

     

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